Il cyberfilm eterno: Blade Runner compie 25 anni

Il cyberfilm eterno: Blade Runner compie 25 anni
Andrea Mameli (L'Unione Sarda, inserto Estate Cultura, 24 agosto 2007, pagina VII)

Occupa da un quarto di secolo un posto d’onore nella storia del cinema, accanto a "Metropolis" di Fritz Lang e "2001 odissea nello spazio" di Stanley Kubrick, e il primo settembre sarà proiettata a Venezia in versione restaurata: "Blade Runner" è infatti la sorpresa della 64ª Mostra internazionale d'arte cinematografica. Il capolavoro di Ridley Scott dopo 25 anni mantiene intatto il suo fascino, con quella Los Angeles del 2019 in disfacimento e quel cacciatore di replicanti angosciato dal dubbio.
Ma perché queste scene sono entrate stabilmente nell’immaginario collettivo? Solo per la curiosità suscitata in noi da quella strana umanità che si nasconde in ambienti cupi e decadenti? O è il nostro stupore di scoprirci incapaci di distinguere l’uomo dall’androide? Sicuramente dietro questa pellicola c’è una profondità che va oltre la dimensione filmica: c’è una storia che solleva questioni puramente filosofiche (chi sono io? chi è l’altro? cosa mi rende diverso dall'androide? percepiamo il medesimo universo?), opera di un grande scrittore. Quel Philip Kindred Dick, oggi rivalutato in tutto il mondo, che per ironia della sorte muore pochi mesi prima dell’uscita del film.
Blade Runner si basa su un romanzo di Dick del 1968 ("Gli androidi sognano pecore elettriche?") che già dal titolo rivela lo spostamento di prospettiva, rispetto alla fantascienza tradizionale: fuori gli omini verdi e gli invasori spaziali, dentro l’uomo, con tutta la sua forza e la sua debolezza.
Philip K. Dick ha saputo creare presenti e futuri, nei quali i protagonisti scoprono di essere circondati da non umani o scoprono di essere qualcuno (o qualcosa) che non pensavano di essere. Pochi come lui sono stati in grado di tramutare le proprie nevrosi in un mondo di storie affascinanti che stupiscono e catturano. I romanzi di Philip K. Dick, popolati di persone comuni o presunte tali, esplorano questioni tuttora aperte, come l'impatto dei media sulla società, svelano inquietanti e geniali universi alternativi, la scienza analizzata più per i suoi effetti che per la sua forma, sotto una costante cappa di sospetto e diffidenza verso tutti e verso tutto. Nell’opera di Dick troviamo anche i poteri extrasensoriali (come la telepatia), i viaggi nel tempo (irripetibili quelli di "Ubik", romanzo del 1969, da alcuni ritenuto il suo vero capolavoro), la dimensione mistica e le droghe. Ma tutto ciò è solo il brodo di coltura per una spietata analisi politica che si manifesta (esemplare il racconto "Minority Report", da cui è tratto il film di Spielberg del 2002) nell’ossessione per la privazione della libertà e per il controllo dell'individuo (siamo negli anni di Nixon e del Watergate).
Oggi la sterminata opera di Dick (più di 40 romanzi e oltre cento racconti) può essere rivisitata anche sotto altre chiavi di lettura. In "Valis" (Vast Active Living Intelligence System, 1981) rintracciamo la previsione di quel nuovo spazio antropologico, quell’intelligenza collettiva poi definita da Pierre Lévy nel 1996, che coincide con la connessione e l’interazione tra le conoscenze umane: "La sfera della comunicazione – scriveva Philip K. Dick – ha acquistato vita propria, un Logos vivente, una mente collettiva indipendente dai nostri cervelli, un sistema titanico di intelligenza artificiale". In questo modo Dick si fa anticipatore del cyberpunk: dobbiamo a lui se il mondo dell’artificiale non è più soltanto la macchina neutra e priva di empatia.
Negli Stati Uniti stanno tornando nelle librerie anche i romanzi meno celebrati. In Italia l’editore Fanucci ha acquistato l'esclusiva dell’intera opera dickiana: la più recente ristampa è il romanzo del 1962 "La svastica sul sole" ("The man in High Castle") Premio Hugo 1963, nel quale i nazisti e i giapponesi hanno occupato gli Stati Uniti.
E pensare che l'incontro con la fantascienza avviene casualmente, nel 1949, quando Dick acquista una rivista di science fantasy per sbaglio (al posto di un giornale di divulgazione scientifica). Vita e opere da decifrare con l’aiuto della più riuscita biografia di Dick, "Io sono vivo e voi siete morti, un viaggio nella mente di Philip K. Dick" (Hobby & Work Publishing, 2006, 335 pagine, 17 euro) di Emmanuel Carrère. L’opera dello scrittore francese, che ha condotto un lungo lavoro di analisi di lettere e testimonianze su Dick, ci offre una serie di fotogrammi che colpiscono e sorprendono. "Una conversazione con lui – scrive Carrière – non rassomigliava a uno scambio di argomenti, ma a un giro sulle montagne russe in cui l’interlocutore gioca il ruolo del passeggero e lui quello del vagone, delle rotaie, delle leggi della fisica". Scopriamo così che è proprio grazie all’opera dickiana, sovversiva nei confronti della letteratura di genere, che la fantascienza esce definitivamente dal ghetto per riconquistare lo spazio che le compete: quello dello strumento di analisi del reale e del possibile. E Dick – che rivive nel sito allestito dai figli www.philipkdick.com – sembra gridare, come il suo Blade Runner: "Io ne ho viste cose... Che voi umani non potreste neanche immaginare...".

Foto in alto: Philip K. Dick e Ridley Scott dietro le quinte del film Blade Runner (Photo: Kim Gottlieb. Courtesy of Isa Dick-Hackett).
Foto in basso: Philip K. Dick intento a leggere un articolo sul film Blade Runner (Photo courtesy of the Philip K. Dick Trust).

Commenti

Anonimo ha detto…
Blade Runner, l'immaginazione e la rappresentazione di un futuro prossimo venturo?
Quale sarà il possibile futuro quello prospettato dal Film" Il centenario" ; quello di "A.I. intelligenza artificiale" o quello, anogosciante, di Blade Runner in cui gli uomini non si differenziano dalla macchine;le macchine chiedono di essere "umanizzate" ma l'uomo stesso è ormai ridotto ad un replicante in un ambiente degradato, plagiato senza speranze di cambiamento.
Donato Mazzei donato.mazzei@libero.it
blog rob&ide http://blog.edidablog.it/blogs/index.php?blog=275

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