Il sacrificio del cervo sacro: tra cuore vero e umani irreali

Oggi ho visto Il sacrificio del cervo sacro (The Killing of a Sacred Deer) di Yorgos Lanthimos.
Due cose mi hanno colpito in particolare.

La prima è il gesto di levarsi i guanti sporchi di sangue, compiuto dal cardiochirurgo Steven Murphy (Colin Farrel), sopra il cestino dei rifiuti.
Il gesto arriva immediatamente dopo la potentissima inquadratura di un (vero) cuore che batte durante un (vero) intervento chirurgico, per questo forse passa quasi inosservato. Ma secondo me è un gesto che introduce la chiave del film. Quelle mani che si liberano dallo sporco sono come quelle di Ponzio Pilato: "prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!»". Anzi, la chiave è proprio nella risposta che l'evangelista Matteo attribuisce alla gente che assiste al processo? "E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli»"


La seconda è vedere in che modo il regista evidenzia la piccolezza delle figure umane rispetto alle architetture agli spazi dell'ospedale. Lo si nota in particolare nella ripresa dall'alto (bird's-eye view) in cui si vedono Bob e la mamma (Nicole Kidman) accanto alla scala mobile. Si fa fatica a riconoscerli, fin quando il ragazzino cade a terra:



Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 4 luglio 2018 


How a Christ Hospital doctor turned Colin Farrell into a make-believe surgeon


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