CERN, the day after...

Antonio Saba. CERN
[Foto: Antonio Saba. CERN: ricercatori al lavoro]

CERN, the day after...
Quando una futura mamma o un calciatore infortunato al ginocchio si sottopongono all’esame ecografico sanno che le immagini visibili sul monitor saranno interpretate dallo specialista nel giro di pochi minuti. Stiamo parlando di macchine sofisticate ma costruite in serie, dopo anni di progettazione, messa a punto di prototipi e aggiustamenti fino a giungere a un prodotto finito commerciale praticamente pronto all’uso. E stiamo parlando di strumenti che osservano oggetti visibili a occhio nudo.
Pensiamo invece a uno strumento di misura formato da migliaia di apparecchi, il cui scopo è individuare gli urti tra miliardi di oggetti piccolissimi che si muovono a circa 300 mila km al secondo. Stiamo parlando di uno strumento costruito in esemplare unico, il cui impiego non è stato preceduto da un collaudo complessivo dell’apparato. E stiamo parlando di una macchina che deve accelerare questi oggetti, tanto piccoli da non essere visti neppure con i microscopi più potenti. Inoltre il tubo nel quale scorrono le particelle viene mantenuto a due gradi sopra lo zero assoluto, quindi è il punto più freddo dell’universo: un grado sotto la temperatura dello spazio interstellare.
Questo paragone tra fare un’ecografia e avviare LHC mi serve a spiegare perché non ci sono ancora risultati (se non vi pare un bel risultato aver fatto funzionare tuto per bene).
Pare che alcuni giornalisti si fossero recati a Ginevra a cercare buchi neri e, delusi, hanno dovuto ripiegare per una descrizine dei fatti. Delusi anche quelli che cercavano immediate risposte a interrogativi ciclopici. Ma abbiate pazienza! E' solo il giorno dopo l'inaugurazione mediatica. Quella vera è in programma per il 21 ottobre: allora ne riparleremo.
Andrea Mameli, Cagliari, 11 settembre 2008.

CERN
[Alcuni dei ricercatori di Cagliari presenti ieri al CERN]

Commenti

Anonimo ha detto…
Il sottotitolo del suo blog la dice lunga su come poi sono andate le cose all'accensione di Lhc: "La scienza è fatta per essere comunicata", niente di più vero. Allora mi chiedo quale sia la falla nel sistema che ha permesso il divulgarsi di notizie catastrofistiche...forse il fatto che a parlare di scienza non sono scienziati? Lo scienziato medio in effetti è sempre abbastanza ritroso e spesso non ha la minima propensione alla divulgazione e al linguaggio più adatto ai non addetti ai lavori che questa comporta. Ma del resto mi chiedo possibile che nessuno scienziato sia stato capace di spiegare, o nessun giornalista sia stato capace di riportare efficacemente, che il 10 si sarebbe mandato un solo fascio e che non vi sarebbe stata nessuna collisione? Che i buchi neri qualora si creassero non troverebbero le condizioni per esistere ed "evaporerebbero"? Che collisioni a quelle energie avvengono in continuazione nell'atmosfera a causa dei raggi cosmici ed è un fenomeno del tutto naturale e il mondo ancora non ne è stato inghiottito? Non capisco se è una pecca degli scienziati a non saper comunicare, o dei giornalisti a voler fare del sensazionalismo...o entrambe le cose.
Complimenti per questo blog che dà un po' di luce.

Silvia
Anonimo ha detto…
Per rispondere a Silvia, direi che il problema è che la gente ama il catastrofismo, ed in più vede fra le sue file innumerevoli persone - diciamo così - semplici.
In prima persona mi sono "impegnata", in ogni sito o blog dove leggevo la solita minesetra sui buchi neri e la fine del mondo, a confutare quelle tesi con le mie comunque poche(sob) armi a disposizione... ma tutti se ne fregavano e continuavano a lamentarsi di quanto siano stupidi i fisici, rigirando fra i soliti "ma a cosa serve?" e i "non era meglio comprare alberi da piantare in Africa?".
No words...


E comunque, quanto mi piacerebbe essere lì il giorno "decisivo" del vero inizio!

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