La luce è al centro della manifestazione "Due giorni di arte e scienza" organizzata dall'associazione Tascusì e incentrata su un tema che riserva ancora molto da esplorare: la creatività. Ieri la prima giornata, al Dipartimento di Fisica dell'Università di Cagliari con il seminario di Paolo Di Trapani, docente di Laboratorio di Fisica all'Università di Como, sul tema "Localizzazione della luce e onde coniche, per applicazioni nelle tecnologie ottiche". Di Trapani ha presentato anche un altro frutto del suo lavoro: la mostra artistico-scientifica "Di luce in luce" che sarà esposta a Cagliari il primo aprile, alla Vetreria di Pirri: esposizioni e allestimenti artistici, installazioni, giochi scientifici per bambini, una tavola rotonda sulla creatività nella mente dell'artista e dello scienziato e lo spettacolo di teatro-danza di Tascusì Fisica-Mente.
Ma cos'è l'ottica non lineare?
«Studia - risponde Paolo Di Trapani - l'interazione tra luce e materia quando la luce è così intensa da cambiare le proprietà ottiche della materia stessa. Per esempio il colore della pelle che cambia con l'esposizione al sole. Di grande interesse applicativo sono quei processi non lineari ultrarapidi che si sviluppano su tempi scala di pochi femtosecondi: milionesimi di miliardesimi di secondo. Come l'elettronica controlla elettroni e segnali elettrici mediante altri elettroni, pensiamo al transistor, la "fotonica" è l'arte di controllare fotoni con fotoni, la luce con la luce. I vantaggi sono i tempi scala più brevi, i minori ingombri dei dispositivi e i ridotti consumi di energia. Tra tutti i fenomeni ottici nonlineari, il più spettacolare è quello in cui la luce, vincendo la sua naturale tendenza a disperdersi, controlla se stessa auto-localizzandosi, comportandosi cioè come una particella. Questa nuova luce potrà essere usata per caratterizzare la materia, con la microscopia, per modificarla, con la microlavorazione laser, o per essere trasformata in altre forme di luce: dalla regione dei raggi X a quelle delle onde ai tera Hertz, in modo molto più efficace di quanto oggi possibile con metodi tradizionali».
Come reagisce lo spettatore di fronte alla mostra?
«Abbiamo messo in scena lo spettacolo della scienza proponendo ricostruzioni in scala di spettacolari fenomeni legati alla luce nell'ambiente naturale: il colore dell'aria e dell'ombra, la luce del cielo e del sole, gli effetti delle nubi e dei temporali d'estate, gli arcobaleni. Il pubblico è impressionato dal contributo originale alla comprensione delle opere pittoriche che emerge dall'osservazione delle installazioni sperimentali. A Genova, sei mesi fa, è stata tra le cinque mostre più visitate del "Festival della Scienza": 8000 persone con punte di circa mille visitatori al giorno».
Quali sezioni della mostra vedremo a Cagliari?
«Metteremo in scena la variazione dei colori del cielo nelle diverse ore del giorno e al variare delle condizioni meteorologiche, usando vasche illuminate contenenti acqua e polvere di vetro per simulare l'atmosfera. Poi illustreremo i risultati di uno studio sui quadri di Monet dedicati alla Cattedrale di Rouen. Per farlo abbiamo illuminato un modellino della cattedrale con sette fari in modo da determinare un effetto corrispondente a quello riprodotto da Monet. La scoperta è che cielo e sole sono entrambe sorgenti che illuminano e colorano la scena e questa evidenza permane non solo nella pittura descrittiva ma anche in quella più astratta».
Con quale intento è stato cercato l'incontro tra scienza e arte?
«Agli allestimenti sperimentali sono accostate rappresentazioni di opere pittoriche e fotografie che mostrano come scienziati e artisti siano entrambi maestri nel cogliere i medesimi aspetti del fenomeno luce».
Ma con la "messa in scena" di scienza e arte non si rischia di eccedere nella spettacolarizzazione?
«No, al contrario. Ci si avvicina meglio all'aspetto più quotidiano dell'esperienza visiva, mostrando come essa, da sempre, porti a sviluppare un produttivo interesse sia verso la scienza propriamente detta, sia verso l'arte, con l'obiettivo di un rapporto migliore con la natura».
Andrea Mameli
«Abbiamo messo in scena lo spettacolo della scienza proponendo ricostruzioni in scala di spettacolari fenomeni legati alla luce nell'ambiente naturale: il colore dell'aria e dell'ombra, la luce del cielo e del sole, gli effetti delle nubi e dei temporali d'estate, gli arcobaleni. Il pubblico è impressionato dal contributo originale alla comprensione delle opere pittoriche che emerge dall'osservazione delle installazioni sperimentali. A Genova, sei mesi fa, è stata tra le cinque mostre più visitate del "Festival della Scienza": 8000 persone con punte di circa mille visitatori al giorno».
Quali sezioni della mostra vedremo a Cagliari?
«Metteremo in scena la variazione dei colori del cielo nelle diverse ore del giorno e al variare delle condizioni meteorologiche, usando vasche illuminate contenenti acqua e polvere di vetro per simulare l'atmosfera. Poi illustreremo i risultati di uno studio sui quadri di Monet dedicati alla Cattedrale di Rouen. Per farlo abbiamo illuminato un modellino della cattedrale con sette fari in modo da determinare un effetto corrispondente a quello riprodotto da Monet. La scoperta è che cielo e sole sono entrambe sorgenti che illuminano e colorano la scena e questa evidenza permane non solo nella pittura descrittiva ma anche in quella più astratta».
Con quale intento è stato cercato l'incontro tra scienza e arte?
«Agli allestimenti sperimentali sono accostate rappresentazioni di opere pittoriche e fotografie che mostrano come scienziati e artisti siano entrambi maestri nel cogliere i medesimi aspetti del fenomeno luce».
Ma con la "messa in scena" di scienza e arte non si rischia di eccedere nella spettacolarizzazione?
«No, al contrario. Ci si avvicina meglio all'aspetto più quotidiano dell'esperienza visiva, mostrando come essa, da sempre, porti a sviluppare un produttivo interesse sia verso la scienza propriamente detta, sia verso l'arte, con l'obiettivo di un rapporto migliore con la natura».
Andrea Mameli