Captain Fantastic: un padre, sei figli e tanta voglia di sorprendere

Sono tanti i modi in cui un film può evidenziare le ipocrisie e le contraddizioni della società contemporanea. Può sbeffeggiare il mondo in chiave fantapolitica, come ha fatto Mike Judge con Idiocracy (2016). Può agire per mezzo di una commedia dissacrane, come The Royal Tenenbaums (I Tenenbaum, 2001) di Wes Anderson. Può costruire la parodia di un esperimento scientifico applicato a una famiglia, come ha fatto Emanuel Hoss-Desmarais con Birthmarked (2018). Può affidarsi a un dramma feroce, come No Country for old men (Non è un paese per vecchi, 2007) dei fratelli Coen. Oppure può raccontare la fuga dalla civiltà, come in Into the Wild (Nelle terre selvagge, 2007) scritto e diretto da Sean Penn.
E c'è poi Captain Fantastic (Capitan Fantastic, 2016) che imbocca un'altra strada. Al film non è andata male, visto che la regia di Matt Ross è stata premiata a Cannes (nel 2016). Ma nello stesso tempo c'è più qualche dettaglio che non convince.
Prendiamo la vita all'aperto, la caccia, le corse tra gli alberi, la capanna in mezzo alla foresta. Una serie di situazioni che esercitano (almeno per una persona come me) un fortissimo fascino. Ma in questo film la vita nei boschi non esprime tutto il suo potenziale e si mostra, anzi, molto debole, proprio sul terreno che sarebbe dovuto risultare più fertile: quello dell'educazione dei figli. La principale preoccupazione di Ben (il padre dei 6 ragazzi, interpretato da Viggo Mortensen) sembra essere solo quello di tramutare i suoi ideali di democrazia, di libertà e rispetto per l'ambiente, in azioni concrete. E qui ci trovo una striidente contraddizione: se da un lato Ben censura la parola “interessante”, definita una “non parola” perché significa troppe cose, "quindi non significa niente", d'altra parte ripete: «Siamo definiti dalle nostre azioni, non dalle parole». Ma allora, caro Ben, le parole contano o non contano?
Seconda contraddizione. E qui cito un bel post di Alessandro Cattini ("Il racconto di Captain Fantastic si trasforma in un piccolo romanzo di formazione collettiva"): «La pellicola, apertasi con una critica decisa a tutto ciò che è istituzione a cominciare dallo Stato e dalle Chiese, si chiude con un colorato rito funebre, espressione più arcaica e originaria della religione, celebrato sulle note di una ritmata e gioiosa versione di Sweet Child O’ Mine dei Guns N’ Roses».
Terza contraddizione: Ben e i suoi ragazzi sembrano orientati a superare i luoghi comuni, ma poi se ne escono con: «Papà, ma sono tutti grassi come ippopotami!».

Che cosa mi è piaciuto di più?

Intanto vedere Ben che parla della Shoah con la figlia più piccola aiutandosi con Maus, il capolavoro di Art Spegelman (premio Pulitzer 1992):

Poi il fatto che a Ross il tentativo di sorprendere, proponendo un modello alternativo alla cultura di massa, quella del consumismo (forse il cognome della famiglia - Cash - non è stato scelto a caso) dei fast food e dell’american way of life, del perbenismo protestante, in fondo riesce.
E in questo lo aiuta un Viggo Mortensen superlativo e una banda di ragazzini davvero credibile (in questi casi bisogna fare i complimenti al casting). Forse con altri attori  e con un diverso regista il film si sarebbe trasformato nell'ennesima commedia che fa ridere poco e pensare ancora meno.

Splendida la scena nella quale la famiglia al completo (si fa per dire) canta la canzone dei Guns 'n' Roses Sweet Child o' Mine:


Molto ben riuscita anche la scena dell'arrampicata, mostrata in questo video a partire dalla preparazione:

P. S. il regista del film ha bandito dal set i telefoni cellulari e il cibo spazzatura: 'Captain Fantastic' Director Banned Technology, Junk Food On Set.
Forse perché non puoi rappresentare qualcosa se non la provi realmente, almeno un poco, sulla tua pelle.

Buona visione.

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 20 luglio 2018

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