Cadono dal cielo, nella mia testa è già un film
Cadono dal cielo di Giulio Concu è un libro insolito. Non ti lascia respirare, nel susseguirsi incessante di scene e azioni, proprio come in un film.
Ma è anche un libro che sprigiona scintille di arte pura: «Ci separiamo sfrigolando come pigiami acrilici», «A volte, per riportare l'armonia è necessario il caos; a volte, per poter far risplendere la saggezza è necessaria l'oscurità!», «Tutti abbiamo bisogno di raccontare per capire, per capirci».
Giulio, come ti è venuto in mente di scrivere romanzo con una trama complessa come questa?
«Io ho sempre scritto fin da ragazzino: poesie, brevi racconti, il diario personale. Sono stati esercizi molto importanti, sia per la mia crescita interiore che per imparare a esprimermi e a scrivere decentemente. Lavorando fin dal 2005 in una casa editrice, piano piano è cresciuto in me il desiderio – direi la necessità – di scrivere anch’io una storia, di confrontarmi con una sfida più complessa almeno dal punto di vista della struttura. Intorno al 2010 ho cominciato a buttare giù alcuni racconti di qualche pagina; alcuni erano delle trame di pura fiction, altri facevano riferimento ad esperienze della mia infanzia nel paese di mia madre, nel Centro Sardegna, condite con elementi di fantasia. Una di queste storie, basata su alcuni elementi autobiografici, è stata premiata a un concorso letterario e tutti mi chiedevano di farne un romanzo. Così mi sono detto: perché no? E nel 2013 ho affrontato la scalata verso una storia più lunga. È stata davvero una bella avventura, faticosa ed entusiasmante, poiché ogni riga si è rivelata un mistero, un’autentica cavalcata fra le praterie sconfinate della fantasia. Ad ogni capoverso, non sapevo mai dove sarei andato a parare. E forse questo è la caratteristica più bella della scrittura di un romanzo.»
Quanto tempo hai impiegato nella stesura del romanzo?
«In circa due anni ho buttato giù la trama principale; per un altro anno ho lavorato duramente sullo stile, poiché nel romanzo ci sono fondamentalmente due stili molto diversi: la protagonista parla al presente e in presa diretta racconta le sue incredibili avventure, utilizzando un linguaggio fatto di brevi frasi, spesso elaborate, seppure ironiche e sarcastiche prima di tutto verso se stessa. Gli altri personaggi spesso si raccontano con un linguaggio più classico e semplice, che serve anche ad alleggerire la complessità di quello della protagonista. Poi ho lavorato sulla struttura, che secondo me è l’elemento davvero originale del romanzo: ogni capitolo ha un titolo dedicato a ciò che cade dal cielo sulla testa della protagonista, in modo da creare dei quadretti che funzionano come dei segnali in una mappa per il lettore; e la storia principale è inframezzata da tre storie narrate da tre personaggi diversi che aggiungono via via degli elementi fondamentali alla trama. Tra il 2016 e il 2018, aiutato da un editor professionista, ho lavorato a limare e limitare la mia esuberanza lessicale. Altrimenti sarebbe venuto fuori un romanzo di 600 pagine. Ora invece sono “soltanto” 442.»
Con quali ispirazioni hai costruito i personaggi?
«Alcuni personaggi sono basati, seppure vagamente, su persone reali che conosco e ho conosciuto. Ma perlopiù sono frutto della fantasia, soprattutto nei loro caratteri. La caratterizzazione dei personaggi è l’aspetto che mi ha più dato soddisfazione mentre scrivevo; adoro creare da zero una persona con una sua precisa identità, un suo vissuto, una sua ben precisa psicologia. Questo è l’arte, no? Creare qualcosa che non c’è o che ha bisogno di essere tirata fuori dall’ignoto. La trama invece mi ha impegnato tantissimo, sebbene venisse fuori naturalmente; anzi ho dovuto faticare proprio per gestire questa “naturalezza”, questa facilità con cui le immagini si affacciavano alla mia mente e pretendevano di essere messe in ordine: la storia e i personaggi mi hanno realmente trascinato, suggerendomi azioni a me ignote, guidandomi su un’altra via ogni qual volta c’era bisogno di svoltare, cambiare, persino di attingere a elementi che mai avrei pensato di inserire nella storia. Potrà sembrare incredibile, ma è così. Una parte del libro l’ho pensata la notte quando cercavo di riordinare i fili della trama e dell’ordito come fosse un vero e proprio tappeto con un disegno straordinario. Infatti, una delle domande ricorrenti di chi ha letto il libro è: ma come hai fatto? A costruire una trama così fitta e complicata, tra reincarnazioni e passaggi temporali, tra buddismo e fisica quantistica. La mia riposta è: non lo so. L’ho fatto, semplicemente non ci ho pensato, perché qualcuno mi trascinava sempre. Ero guidato, insomma. Evidentemente questo libro doveva essere scritto. E come un qualsiasi scrittore, io ho fatto da tramite tra la storia e il lettore. Scrittore e lettore: non è forse lo stesso?»
Giulio Concu presenterà Cadono dal cielo il 2 Novembre 2019 a Quartu Sant’Elena (Sa Dom’e Farra) alle 17:00 e in quell'occasione avrò l'onore di leggere alcuni brani.
Ma è anche un libro che sprigiona scintille di arte pura: «Ci separiamo sfrigolando come pigiami acrilici», «A volte, per riportare l'armonia è necessario il caos; a volte, per poter far risplendere la saggezza è necessaria l'oscurità!», «Tutti abbiamo bisogno di raccontare per capire, per capirci».
Giulio, come ti è venuto in mente di scrivere romanzo con una trama complessa come questa?
«Io ho sempre scritto fin da ragazzino: poesie, brevi racconti, il diario personale. Sono stati esercizi molto importanti, sia per la mia crescita interiore che per imparare a esprimermi e a scrivere decentemente. Lavorando fin dal 2005 in una casa editrice, piano piano è cresciuto in me il desiderio – direi la necessità – di scrivere anch’io una storia, di confrontarmi con una sfida più complessa almeno dal punto di vista della struttura. Intorno al 2010 ho cominciato a buttare giù alcuni racconti di qualche pagina; alcuni erano delle trame di pura fiction, altri facevano riferimento ad esperienze della mia infanzia nel paese di mia madre, nel Centro Sardegna, condite con elementi di fantasia. Una di queste storie, basata su alcuni elementi autobiografici, è stata premiata a un concorso letterario e tutti mi chiedevano di farne un romanzo. Così mi sono detto: perché no? E nel 2013 ho affrontato la scalata verso una storia più lunga. È stata davvero una bella avventura, faticosa ed entusiasmante, poiché ogni riga si è rivelata un mistero, un’autentica cavalcata fra le praterie sconfinate della fantasia. Ad ogni capoverso, non sapevo mai dove sarei andato a parare. E forse questo è la caratteristica più bella della scrittura di un romanzo.»
Quanto tempo hai impiegato nella stesura del romanzo?
«In circa due anni ho buttato giù la trama principale; per un altro anno ho lavorato duramente sullo stile, poiché nel romanzo ci sono fondamentalmente due stili molto diversi: la protagonista parla al presente e in presa diretta racconta le sue incredibili avventure, utilizzando un linguaggio fatto di brevi frasi, spesso elaborate, seppure ironiche e sarcastiche prima di tutto verso se stessa. Gli altri personaggi spesso si raccontano con un linguaggio più classico e semplice, che serve anche ad alleggerire la complessità di quello della protagonista. Poi ho lavorato sulla struttura, che secondo me è l’elemento davvero originale del romanzo: ogni capitolo ha un titolo dedicato a ciò che cade dal cielo sulla testa della protagonista, in modo da creare dei quadretti che funzionano come dei segnali in una mappa per il lettore; e la storia principale è inframezzata da tre storie narrate da tre personaggi diversi che aggiungono via via degli elementi fondamentali alla trama. Tra il 2016 e il 2018, aiutato da un editor professionista, ho lavorato a limare e limitare la mia esuberanza lessicale. Altrimenti sarebbe venuto fuori un romanzo di 600 pagine. Ora invece sono “soltanto” 442.»
Con quali ispirazioni hai costruito i personaggi?
«Alcuni personaggi sono basati, seppure vagamente, su persone reali che conosco e ho conosciuto. Ma perlopiù sono frutto della fantasia, soprattutto nei loro caratteri. La caratterizzazione dei personaggi è l’aspetto che mi ha più dato soddisfazione mentre scrivevo; adoro creare da zero una persona con una sua precisa identità, un suo vissuto, una sua ben precisa psicologia. Questo è l’arte, no? Creare qualcosa che non c’è o che ha bisogno di essere tirata fuori dall’ignoto. La trama invece mi ha impegnato tantissimo, sebbene venisse fuori naturalmente; anzi ho dovuto faticare proprio per gestire questa “naturalezza”, questa facilità con cui le immagini si affacciavano alla mia mente e pretendevano di essere messe in ordine: la storia e i personaggi mi hanno realmente trascinato, suggerendomi azioni a me ignote, guidandomi su un’altra via ogni qual volta c’era bisogno di svoltare, cambiare, persino di attingere a elementi che mai avrei pensato di inserire nella storia. Potrà sembrare incredibile, ma è così. Una parte del libro l’ho pensata la notte quando cercavo di riordinare i fili della trama e dell’ordito come fosse un vero e proprio tappeto con un disegno straordinario. Infatti, una delle domande ricorrenti di chi ha letto il libro è: ma come hai fatto? A costruire una trama così fitta e complicata, tra reincarnazioni e passaggi temporali, tra buddismo e fisica quantistica. La mia riposta è: non lo so. L’ho fatto, semplicemente non ci ho pensato, perché qualcuno mi trascinava sempre. Ero guidato, insomma. Evidentemente questo libro doveva essere scritto. E come un qualsiasi scrittore, io ho fatto da tramite tra la storia e il lettore. Scrittore e lettore: non è forse lo stesso?»
Giulio Concu presenterà Cadono dal cielo il 2 Novembre 2019 a Quartu Sant’Elena (Sa Dom’e Farra) alle 17:00 e in quell'occasione avrò l'onore di leggere alcuni brani.
Commenti