Una Sardegna che non ti aspetti, tra archetipi e filo spinato, nel film di Mario Piredda L'Agnello (2020)

Una Sardegna che non ti aspetti, quella che Mario Piredda riesce a mostrare con L'Agnello. Una regia che punta agli archetipi (la malattia, i legami familiari, la ricerca della felicità nonostante tutto, per dirne solo tre) e lascia perdere gli stereotipi (il mare e le pecore ci sono, ma solo di sfondo). Un film duro, ma mai spigoloso, nel quale la voglia di vivere è in continua competizione con le difficoltà che si incontrano nella vita: le malattie e il filo spinato (e relative connessioni) rappresentano la parte negativa.

Un lavoro difficile che secondo me è riuscito bene. Anche grazie alle capacità degli attori (e qui c'è anche la bravura della responsabile del casting, Stella La Boccetta, perché non bisogna mai dimenticare che la selezione del cast è fondamentale) si misurano proprio nel tenersi fuori dalla Sardegna stereotipata. E nel rendere centrali le relazioni tra le persone. In questo le prestazioni di Nora Stassi, di Luciano Curreli e di Michele Atzori sono davvero notevoli.

L'agnello c'è (e a tratti sembra in qualche modo consapevole di dover interpretare una parte!) ma non gli viene conferito un particolare potere, se non, con la sua mansuetudine, quello di calmare le persone. Sarà lo spettatore a conferire l'importanza e il ruolo che merita.

Ma c'è anche altro. C'è la musica, come appiglio a una vita da vivere felicemente (con la batteria suonata da padre e figlia) e la musica assordante della discoteca, come momento di evasione dalla durezza della quotidianità. E c'è soprattutto l'ambiente, bello, ma avvelenato, ci sono uniformi e c'è il rombo di aerei da guerra, c'è il filo spinato (molto) e le distese di macchia mediterranea graffiate dai cingoli (non dei trattori ma dei carri armati). Ci sono le regole da seguire e salute che se ne va via, da inseguire.

Infine, una nota di ulteriore merito per regista e attori: il film in alcuni punti riesce anche a fare ridere, di gusto e senza sbavature. E anche questo, secondo me, è un merito non banale.

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 5 Marzo 2020

P. S. Ripensando al ruolo dell'agnello lo vedo come un avvertimento. E la chiave è fragilità. Il nostro agnello protagonista è fragile rispetto alla vita. La vita è fragile rispetto alle malattie. Le relazioni sono fragili rispetto ai comportamenti umani. L'ambiente è fragile rispetto alle azioni umane. Nel film sono le azioni umane (quelle che io ho racchiuso nella metafora del filo spinato per il chiaro riferimento alle esercitazioni militari) a causare le malattie. E nel cercare un rimedio alle malattie alcune relazioni (familiari) entrano in crisi, mentre altre relazioni nascono (tra sconosciuti).


Interpreti:
Nora Stassi (Anita)
Luciano Curreli (Jacopo)
Piero Marcialis (Tonino)
Michele “Dr. Drer” Atzori (Gaetano)

Produzione: ARTICOLTURE, MAT PRODUCTIONS e RAI CINEMA. Con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna. Con il supporto della Fondazione Sardegna Film Commission (fondo Ospitalità e fondo Filming Cagliari), del Comune di Cagliari, della Società Umanitaria - Cineteca Sarda.




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