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Visualizzazione dei post da ottobre 19, 2014

Accessibilità Universale ancora lontana: "Design for All" non fa rima con "wheelchair". Marco sfida i marciapiedi di Cagliari (video)

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Oggi ho voglia di raccontare qualcosa che non va. Qualcosa che se non la guardi bene, con attenzione, proprio non la vedi. Voglio raccontare le scoperte che ho fatto nei quarantacinque minuti che ho trascorso questa mattina in compagnia di un amico. Scoperte che non necessitano di microscopi, di telescopi, di acceleratori di particelle o di sequenziatori del dna. Basta guardare da vicino i marciapiedi, osservare i gradini che li separano dalle strade, toccare con mano la fatica (e i pericoli) nascosti dietro queste cose. Tutte cose che hanno un nome: barriere architettoniche. "Ma come non le avevano vietate?"... Certo, nelle nuove costruzioni. Ma nei marciapiedi vecchi di 20, 30 o più anni? In quelli le barriere ci possono essere, eccome. Oggi ho fatto un giro a Cagliari (ma il discorso vale per molte altre città) insieme a Marco Girau , un amico di vecchia data che si muove con disinvoltura su Facebook (dove segnala disagi e barriere) ma che nella vita reale deve fare

Le lavagne di Sheldon e i Festival della Scienza. Una sfida aperta. Cagliari si prepara a coglierla.

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Avete presenti le equazioni che compaiono nelle lavagne di Sheldon, il fisico esperto di teoria delle stringhe nella serie tv The Big Bang Theory ? Spesso sono vere equazioni, scritte da un vero fisico (David Saltzberg, UCLA). Ma il loro ruolo non è diverso dalle altre coreografie: servono solo a inquadrare i personaggi e le situazioni divertenti che si creano tra di loro. Sheldon works on an equation describing turbolent diffusion in fusion devices Nei festival della scienza, invece, le lavagne non possono e non devono costituire una coreografia. E non sempre (anzi, quasi mai) si tratta di lavagne: possono essere schermi per proezioni, palcoscenici teatrali, tavoli su cui eseguire tutti insieme esempi di esperimenti. Orgosolo, Festival Scienza 2007 La scienza non è una coreografia ma rappresenta la stessa scena. A volte . Sembra scontato, ma solo una decina d'anni fa (il primo Festival della Scienza di Genova è del 2003) non era facile farlo capire agli scienziati e al

Oggetti: cosa tenere e cosa lasciare. La lista di Dave Bruno del 19 Ottobre 2009.

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"Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente" è un saggio di Randy O. Frost e Gail Steketee (Edizioni Erickson 2012) che illustra la malattia dell'accumulo compulsivo: la disposofobia (o sindrome di Collyer). Tra i messaggi che ci invitano a possedere (pubblicità) e le spinte ancestrali a mettere da parte ("potrebbe sempre servire"), non è facile propendere per l'avere poco. Una bella lezione ce la darebbero gli astronauti, ai quali è concesso un bagaglio di un chilo e mezzo di cose terrestri, ma non la ascoltiamo pensando che i problemi di peso e di volume debbano riguardare solo le stazioni spaziali... Purtroppo, chi più chi meno, siamo tutti potenziali accumulatori seriali. C'è qualcosa di strettamente legato con la stessa evoluzione dell'Homo Sapiens che ci porta a conservare. A dire il vero condividiamo questa propensione con altre specie (cornacchie, roditori, scimmie), come descritto  da Jennifer G. Andrews-McClymont