04 marzo 2017

Il cervello degli chef. Uno studio del CNR IBFM di Catanzaro pubblicato su Plos One

Uno studio dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro pubblicato sulla rivista Plos One svela il cervello degli chef: Increased cerebellar gray matter volume in head chefs.
I ricercatori si sono chiesti se il lavoro di direzione di cucina possa indurre un iper-sviluppo cerebrale e rendere più abili e veloci: le attività che richiedono un continuo aggiornamento e perfezionamento delle capacità acquisite nel tempo sono infatti di fondamentale interesse scientifico.
«Le neuroscienze - spiega Antonio Cerasa, il ricercatore Ibfm-Cnr che ha ideato e coordinato lo studio - si sono sempre occupate di musicisti, scacchisti, taxisti e sportivi, dimostrando che l’allenamento finalizzato al miglioramento delle proprie prestazioni produce fenomeni di plasticità neurale rilevabili con le tecniche di risonanza magnetica. Nessuno, però, aveva mai studiato gli chef, una categoria di lavoratori impegnati per lunghi periodi di tempo in un’attività motoria e soprattutto cognitiva molto particolare».
Il gruppo di ricerca ha sottoposto undici head chef della Calabria, selezionati dalla Federazione italiana cuochi (Fic), a un esame di risonanza magnetica e a una lunga serie di test neuropsicologici.
«Volevamo scoprire - continua Cerasa - se questa categoria possedesse una particolare abilità cognitiva associata ad un cambiamento strutturale del cervello. Le neuroimmagini ci hanno rivelato che in effetti il loro cervelletto, la parte del cervello conosciuta per il suo ruolo essenziale nella coordinazione motoria e nella programmazione cognitiva di atti motori, presenta un aumento di volume della materia grigia».
Dai test è anche emerso che le variabili associate all’aumento di volume cerebrale sono la dimensione della brigata di cucina e le abilità nello svolgere un compito di pianificazione motoria: all'aumentare delle persone coordinate corrisponde un aumento di volume del cervelletto.
«Questi risultati - conclude Cerasa - confermerebbero che l’allenamento produce modifiche a lungo termine sia a livello comportamentale sia a livello organico, rendendo il cervello degli chef ‘speciale’ come quello di altri expert brains già studiati dalla letteratura scientifica».

03 marzo 2017

C'è scienza da comunicare al Liceo Asproni di Iglesias (e c'è la splendida cattedra del professor Lumini)

Impari a fare una cosa e finisce che a furia di farla non pensi che altri potrebbero trovare utile sapere come fai. Così se qualcuno ti chiede di raccontarlo ti sorprendi. Poi capisci che il tuo contributo può avere un senso. Mi è successo oggi al Liceo Scientifico "Giorgio Asproni" di Iglesias dove ho raccontato come scrivo le recensioni di libri. L'invito mi è arrivato da Elisabetta Carta, insegnante di lettere e coordinatrice del Premio Asimov per l'editoria scientifica divulgativa per quella scuola. Ho accettato volentieri e sono molto contento di averlo fatto perché, come sempre in questi, casi ho imparato qualcosa di nuovo.
Nel mio seminario, intitolato Tra bufale e certezze, Scienza da comunicare, ho fornito ai presenti (studentesse e studenti del triennio), qualche consiglio su come scrivere una recensione di uno dei libri indicati dal Premio. Ho parlato anche di social e di bufale, di ecochamber e di filterbubble, di invenzioni e di scienza, del Manifesto della Comunicazione non ostile e delle 5 W.
Ma come sempre l'aspetto più vivo della storia è stato l'intervendo del pubblico, con le domande dei ragazzi e loro opinioni sui libri che stanno leggendo: La nascita imperfetta delle cose (di Guido Tonelli), Il vaccino non è un'opinione (di Roberto Burioni), Per un pugno di idee: Storie di innovazioni che hanno cambiato la nostra vita (di Massimiano Bucchi), L'universo senza parole (di Dana MacKenzie). Questi libri sono pieni di scienza da comunicare e i ragazzi dell'Asproni ci stanno lavorando. Spero che il mio contributo possa rivelarsi utile, in qualche modo. Ho anche scoperto che nel pubblico di stamattina c'era una studentessa, Elisabetta Lombardo, che nel 2015 ha vinto il premio "Un giorno da ricercatore" indetto dalla Scuola Normale Superiore di Pisa.

All'interno del liceo Asproni ho anche ritrovato Massimo Lumini, architetto e insegnante, esperto di Biomimetica e ideatore del progetto di orientamento BionikonLab. Nei miei ultimi minuti a Iglesias ho avuto modo di apprezzare il suo laboratorio e la sua cattedra. La cattedra più bella del mondo: vivacemente colorata e creativamente disordinata (o diversamente ordinata).

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 3 Marzo 2017

28 febbraio 2017

Il ritratto genetico della Sardegna Mesolitica. The genetic make-up of Mesolithic Sardinia

Il ritratto genetico della Sardegna Mesolitica
Uno studio condotto sul DNA mitocondriale conferma che la struttura genetica della Sardegna attuale è riconducibile a una massiccia migrazione avvenuta nel corso delle prime fasi del Neolitico.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports (Complete mitochondrial sequences from Mesolithic Sardinia; authors: Alessandra Modi, Francesca Tassi, Roberta Rosa Susca, Stefania Vai, Ermanno Rizzi, Gianluca De Bellis, Carlo Lugliè, Gloria Gonzalez Fortes, Martina Lari, Guido Barbujani, David Caramelli e Silvia Ghirotto) è stato coordinato da David Caramelli dell’Università di Firenze, da Silvia Ghirotto, del gruppo di ricerca di Guido Barbujani dell’Università di Ferrara, con la collaborazione di Carlo Lugliè, dell’Università di Cagliari, e ha sfruttato la caratterizzazione del DNA mitocondriale recuperato da due reperti umani datati circa 10.000 anni fa e provenienti dal sito archeologico di Su Carroppu a Sirri (Carbonia-Iglesias).
Le sequenze ottenute sono state confrontate con dati genetici antichi e moderni.
Il DNA prelevato dallo scheletro di due individui mesolitici rappresenta il più antico dato genetico della Sardegna. 
Secondo David Caramelli "Le analisi suggeriscono che la variabilità genetica presente oggi nell’isola sia molto diversa da quella dei primi abitanti della Sardegna, e che derivi in larga misura da una migrazione dal continente europeo avvenuta durante il Neolitico. Già in epoca preistorica la Sardegna era molto particolare, con una popolazione diversa dal resto d’Europa.”
Le sequenze mesolitiche sarde appartengono ai gruppi J2b1 e I3, oggi presenti in Europa con frequenze basse o molto basse.
(a) the location of Su Carroppu rockshelter, Sardiania (Italy) and (b) pictures of the 3 samples used in this study

The genetic make-up of Mesolithic Sardinia
A mitochondrial ancient DNA study published in Scientific Reports (Complete mitochondrial sequences from Mesolithic Sardinia; authors: Alessandra Modi, Francesca Tassi, Roberta Rosa Susca, Stefania Vai, Ermanno Rizzi, Gianluca De Bellis, Carlo Lugliè, Gloria Gonzalez Fortes, Martina Lari, Guido Barbujani, David Caramelli and Silvia Ghirotto) confirms the hypothesis that modern inhabitants of Sardinia derive their genetic variation from a massive migration from the European Continent during Neolithic times. The ancient DNA data retrieved from two Mesolithic skeletons represents the oldest genetic data ever studied in Sardinia, as well as a genetic proof of a Pre-Neolithic occupation of the island.
The team of reaserchers, leaded by David Caramelli from the University of Florence and by Silvia Ghirotto and Guido Barbujani from the University of Ferrara, applied the most advanced techniques for the sequencing and analysis of ancient DNA from human remains dated 10,000 yBP and coming from the Su Carroppu archaeological site, Sirri (Carbonia-Iglesias). The ancient DNA sequences have been then compared with other modern and ancient genetic data. “Our results are suggesting that the current inhabithants of Sardinia are poorly related with local Mesolithic people; rather, their genetic variation may derive from a Neolithic contribution from continental Europe” says David Caramelli. The study further shows that in Prehistoric times the genetic make-up of the island was already rather peculiar. The Mesolithic sequences indeed belong to mitochondrial groups that are now rare, or extremely rare, in Europe.
Many questions are still to be addressed about the complex history of colonization and migrations in Sardinia, as well as in the rest of Europe. Presenting the most ancient genetic data of the island, this study clears the ground for future researches, and highlights the importance of ancient DNA data to correctly reconstruct past populations’ dynamics.