Caccia ai segreti della Fisica nel Golfo degli Angeli (L'Unione Sarda, Cultura, 30 novembre 2005)



Riflettere sulle conquiste, ma anche sulle sconfitte, del pensiero razionale nelle diverse epoche storiche, lente d'ingrandimento per analizzare accuratamente la storia dell'umanità. È il compito dello studioso di storia della scienza. Ne ha parlato nei giorni scorsi a Cagliari Luisa Bonolis, ricercatrice di Storia della fisica all'università La Sapienza di Roma e redattrice del bimestrale 'Sapere', in occasione della conferenza 'La ricostruzione della fisica in Italia' organizzata dal comitato Scienza Società Scienza. «Nei primi decenni del Novecento - ha spiegato Luisa Bonolis - la fisica italiana, dominata da esasperati sperimentalismi e grandi personalità geniali, tarda a riconoscere le idee rivoluzionarie che si vanno affermando in quegli anni: relatività e teoria dei quanti. Possiamo ipotizzare che l'eredità di Galilei aveva creato tra i fisici la convinzione che il tratto distintivo della loro attività fosse l'esperimento, e di conseguenza la speculazione teorica veniva tenuta in bassissima reputazione». 
Erano gli anni della creazione del celebre Istituto romano di via Panisperna, che si ritrovò a competere con i migliori laboratori del mondo nello studio della struttura atomica. Vi lavorarono Enrico Fermi (che nel 1926 ottenne la prima cattedra italiana di fisica teorica, dopo aver perso l'anno precedente un concorso per una cattedra di matematica teorica bandito dalla Regia Università di Cagliari), Franco Rasetti, Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo. «Un periodo fortunato - ha sottolineato Luisa Bonolis - che purtroppo durò poco: nel marzo 1938 l'Anschluss dell'Austria, nel luglio dello stesso anno la campagna antisemita con la pubblicazione del Manifesto della Razza, in autunno la promulgazione delle leggi razziali, e fu il colpo di grazia. Nel novembre del 1938 Enrico Fermi recandosi a Stoccolma per ritirare il Nobel sapeva che non sarebbe rientrato subito in Italia: con la moglie, ebrea, si reca negli Usa e vi resta fino alla fine della guerra». E chi non avrà modo di espatriare subirà soprusi, umiliazioni, violenze, deportazioni. 
Così, nel volgere di pochi anni, la fisica italiana scompare quasi del tutto. Ma i pochi superstiti non si arrendono e continuano, sotto i bombardamenti, gli esperimenti sull'assorbimento dei muoni, in quello che viene considerato l'atto di nascita della moderna fisica delle particelle elementari. La ricostruzione della fisica italiana parte da qui, nel 1945, e dallo studio dei raggi cosmici, protrattosi fino agli anni Cinquanta. «La posta in gioco - ha spiegato Luisa Bonolis - era alta: mantenere il passo con la fisica mondiale. C'è un ritardo strutturale da recuperare, e in questa eroica impresa si cimentano gruppi di numerose sedi italiane. Nei primi anni Cinquanta il neonato Istituto nazionale di Fisica nucleare coordina le attività di studio della radiazione cosmica condotte per mezzo di emulsioni nucleari portate in alta quota dai palloni sonda. Dopo alcuni tentativi fallimentari effettuati a Napoli la spedizione si spostò a Cagliari: nel giugno-luglio 1952 e nel maggio-giugno 1953 i palloni vennero lanciati dall'aeroporto di Elmas. Le spedizioni del 1953 furono un successo, con 12 carichi di emulsioni recuperate su 17 voli effettuati». 
Franco Erdas, docente di Fisica all'Università di Cagliari in pensione, ricorda quell'impresa: «Seguivamo i palloni dalla terrazza del palazzo delle scienze, in via Ospedale, con un cannocchiale astronomico ora esposto al Museo di Fisica di Monserrato, e fornivamo le coordinate del punto di ammaraggio alle navi della Marina coinvolte nelle operazioni di recupero. Poi le lastre venivano portate dal professor Nino Marongiu a Padova per lo sviluppo». Il Giornale di Fisica del luglio 1979, dal quale è tratta la fotografia che pubblichiamo scattata a Elmas nel 1953, ricorda che nell'ottobre di quell'anno fu organizzato in Svizzera un convegno internazionale «con lo scopo di distribuire fra le università partecipanti i pacchi di emulsioni, esposte, sviluppate e fissate» e nell'aprile dell'anno successivo fu organizzato a Padova un congresso internazionale per discutere i risultati della spedizione e programmare nuove attività. «Ma l'aspetto più importante dell'intera vicenda - ha sottolineato Luisa Bonolis nel convegno - è che nel 1955, studiando al microscopio le lastre fotografiche esposte alla radiazione dei lanci effettuati in Sardegna nell'estate del 1953, il gruppo di Amaldi trovò in una di esse un evento che sembrava potesse rappresentare la traccia di un fenomeno di annichilazione di un antiprotone. Amaldi scrisse a Segrè, che all'epoca si trovava a Berkeley, dove poteva disporre dell'unica macchina acceleratrice, il Bevatrone, in grado di raggiungere l'energia necessaria per produrre una coppia protone-antiprotone. Solo nel novembre del 1955 Amaldi fu in grado di confermare la validità dell'esperimento e con essa l'alta qualità della fisica 'povera' italiana. Ma Segrè negò l'importanza dei risultati italiani, ottenuti con le lastre esposte nel Golfo degli Angeli, e riuscì a dimostrare l'esistenza dell'antiprotone con tecniche diverse da quelle utilizzate da Amaldi e per questo nel 1959 fu insignito del Nobel insieme a Owen Chamberlain. Per la fisica delle particelle elementari questa vicenda decreta il passaggio dallo studio dei raggi cosmici all'impiego degli acceleratori. È la nascita della Big Science». 
Andrea Mameli
(L'Unione Sarda, pag. 42, Cultura, 30 novembre 2005)

Elmas 1953

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