Siamo uomini o calcolatori? (L’Unione Sarda, 9 luglio 2006)

Estate 1956. Siamo nella città di Hannover, New Hampshire, a cinque ore di auto da New York. L'aula magna del Dartmouth College ospita un incontro fra matematici, fisici, psicologi, ingegneri elettronici. Tra loro scienziati del calibro di Marvin Minsky e Claude Shannon, riuniti con l'obiettivo di studiare le possibilità di simulare il ragionamento e l'apprendimento umano per mezzo dei calcolatori elettronici. Il simposio del Dartmouth College dura due mesi e segna la data di nascita dell'Intelligenza Artificiale.
Solo sei anni prima il matematico inglese Alan Turing (1912-1954) aveva definito il comportamento intelligente come l'abilità di raggiungere prestazioni cognitive di livello umano, in modo da ingannare un interrogatore (test mai superato da un computer), mentre nel 1943 Warren McCulloch e Walter Pitts progettavano una rete di neuroni artificiali (rete neurale) in grado di riprodurre ogni funzione calcolabile e di apprendere.
Oggi, a cinquant'anni di distanza dalla conferenza di Dartmouth, resta ancora molta strada da fare, e negli anni sono cambiati anche gli obiettivi: se prima l'Intelligenza Artificiale puntava esplicitamente a realizzare programmi intelligenti per i computer, oggi la molteplicità di forme con cui gli apparati digitali si presentano e la stessa complessità dell'habitat umano impongono di allargare lo spettro di interazione uomo-macchina.
Ad esempio nel caso del computer esteso, ovvero l'intreccio digitale di migliaia di macchine collegate fra loro con lo scopo di generare enormi intelligenze, dove la ripetizione di azioni milioni di volte in tutto il mondo permette a questi neuroni artificiali di imparare. O ancora nel caso del Web Semantico, nel quale ai dati caratteristici del web di aggiungono i metadati: etichette descrittive dei dati, comprensibili dalle macchine ma invisibili agli umani, il cui scopo è in ultima analisi quello di migliorare la gestione della conoscenza.
In quest'ottica si inseriscono anche gli studi volti a rendere più potenti i motori di ricerca. Se negli anni in cui nascevano i primi siti Internet trovare contenuti di natura non strettamente scientifica era un'impresa, oggi si affronta il problema opposto: l'eccesso di risultati. L'approccio semantico condurrà a una reale interazione con il linguaggio umano e permetterà di porre quesiti più selettivi per ottenere risultati più vicini alle aspettative dell'utente.
Il futuro dei motori di ricerca è stato nei giorni scorsi al centro di un convegno svoltosi a Pula (Parco scientifico e tecnologico della Sardegna, Polaris) e organizzato dal CRS4, dall'Università di Cagliari (dipartimento di ingegneria elettrica e elettronica) e Tiscali. Al simposio DART 2006 (Distribuited Agent-based Retrieval Tools) sono intervenuti alcuni dei maggiori esperti del settore, come Douwe Osinga (Google), Pieter Van Der Linden (Thomson, progetto Quaero), Ricardo Baeza-Yates (Yahoo!). La sfida tra i motori di ricerca, hanno ripetuto tutti, si gioca nella capacità di capire le esigenze degli utenti. E gli utenti sono l'elemento centrale in questa sfida. Basti pensare che l'inarrestabile crescita del web (oggi il suo contenuto è stimato intorno ai 14 miliardi di pagine) non è seguita dai motori di ricerca: Google, Yahoo, Ask, Msn e altri riescono a catalogarne solo il 30%. «Ad esempio ? ha spiegato Antonio Savona, di ask.com ? prendiamo due parole come Apache e Phyton. I risultati dei motori di ricerca sono insoddisfacenti. Apache, infatti, evoca non solo gli indiani americani ma anche un temibile elicottero da guerra e il famoso server web, eppure i primi dieci risultati di Google sono tutti per il software. La parola Phyton identifica un linguaggio di programmazione (e i primi risultati del motore hanno tutti questo significato), ma anche il pitone e una piccola etnia di nativi americani».
C'è poi il crescente bisogno di classificare svariate risorse multimediali per accontentare le comunità di utenti, che aumentano e si specializzano, e adeguare le ricerche agli strumenti disponibili, rendendole anche "georeferenziate". È con queste prospettive che il progetto dell'Università di Cagliari, del CRS4 e del Tiscali Lab, finanziato con fondi ministeriali, punta alla creazione entro due anni di un prototipo di motore di ricerca semantico di nuova generazione.
Andrea Mameli

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