È nata Carbonia, dura quasi come il diamante (L'Unione Sarda, 24 agosto 2006)

Cultura Estate Pagina 30
È nata Carbonia, dura quasi come il diamante
Si amplia il club dei materiali vetrosi
Sarà utile nello studio dell'interno della Terra

Lo si può trovare in10 milioni di composti, dall'anidride carbonica al diamante, dal carbone alla grafite. È il carbonio, "elemento chiave della sostanza vivente", come ebbe a chiamarlo Primo Levi in uno splendido racconto del 1979 (Il sistema periodico) in cui lo scrittore-chimico descrive il continuo errare dalla roccia al mare, dall'aria a una pianta, a giungere nel corpo umano. Oggi il firmamento dei composti di carbonio si arricchisce di un nuovo materiale sintetizzato da alcuni ricercatori italiani e battezzato Carbonia. Il nome, scelto per assonanza con Silica (biossido di silicio, SiO2, costituente dei vetri comuni) e Germania (biossido di germanio, GeO2, utilizzato per controllare l'indice di rifrazione all'interno delle fibre ottiche). E rende, indirettamente, omaggio alla città mineraria fondata nel 1938, chiamata così in onore dei giacimenti di carbone sardo.
Fino ad ora non era mai stato creato un vetro di biossido di carbonio. L'impresa è riuscita ai fisici dell'Università di Firenze, guidati Mario Santoro e Federico Gorelli, e dell'Università La Sapienza di Roma, coordinati da Giancarlo Ruocco. Il lavoro dei ricercatori italiani, descritto in un articolo pubblicato sul"Nature" il 15 Giugno 2006, avrà sicuramente sviluppi importanti. Da questa scoperta potrebbero prendere il via nuove ricerche (magari anche in Sardegna, dove è attiva una solida scuola di scienza dei materiali) ad esempio su nuovi vetri basati sulla Carbonia. Ma si potrebbe pensare anche allo sviluppo di tecnologie dedicate alla riduzione del biossido di carbonio (come raccomandato dal Protocollo di Kyoto) mediante cattura della CO2 nella forma carbonianaLa Carbonia entra così nel club dei nuovi materiali amorfi, o vetrosi, che sono generalmente preferibili a quelli tradizionali in quanto meno soggetti agli indebolimenti causati dall'usura meccanica e dalle aggressioni chimiche superficiali. Il nuovo composto mostra doti di grande resistenza (più del vetro, quasi come il diamante) ma può esistere solo alle particolari condizioni create in laboratorio. Le sue applicazioni saranno pertanto, almeno per il momento, solo sperimentali.
Entro quali limiti può esistere la Carbonia?
Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Ruocco, ricercatore dell'INFM (Istituto nazionale di fisica della materia) e dell'università La Sapienza di Roma.
«Dalla temperatura iniziale si può scendere fino a temperatura ambiente - spiega Ruocco - ma la pressione deve rimanere elevata, oltre le 150 mila atmosfere. Se la pressione viene ridotta sotto questo valore la Carbonia subisce una trasformazione chimica e diventa CO2 gassosa, la sostanza dalla quale è partita la sua sintesi».
Dove è stata creata?
«Nel laboratorio di alte pressioni del Laboratorio Europeo per la Spettroscopia Non-lineare (LENS) di Firenze. La tecnologia attuale permette di raggiungere pressioni superiori a mezzo milione di atmosfere su piccole quantità di materiale, che viene compresso tra due "incudini" di diamante. La forza, esercitata idrostaticamente sulle facce larghe di un piccolo cristallo di diamante, viene poi applicata al campione da studiare tramite le facce "piccole" dello stesso cristallo, forgiato a forma di tronco di cono. La pressione esercitata della facce piccole sul campione è pari alla pressione esercitata sulle facce grandi, ma amplificata di un fattore pari al rapporto delle superfici delle facce grandi e piccole. Poi il tutto viene adeguatamente riscaldato. Le misure di caratterizzazione del nuovo composto sono state effettuate in parte presso il LENS (spettroscopia vibrazionale) e in parte all'European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble (misure strutturali tramite diffrazione di raggi X)».
Quali saranno le sue applicazioni?
«Purtroppo per ora non ci sono applicazioni possibili in quanto la "Carbonia" è stabile solo in laboratorio. Tuttavia questa scoperta ha implicazioni geofisiche e astronomiche: le condizioni di temperatura e pressione presenti nel mantello terrestre a circa 100 km di profondità sono simili a quelle utilizzate per la sintesi della Carbonia. Anche nel sottosuolo dei pianeti esterni del sistema solare si raggiungono le medesime condizioni».
Andrea Mameli



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