11 marzo 2006

Ricerca-innovazione nuove tecnologie offerte all'industria (L’Unione Sarda, 11 marzo 2006)

Ieri, nella splendida cornice di Villa Bellavista, a Monteponi, si è svolta la prima delle due giornate - la seconda sarà a Carbonia il 31 marzo - organizzate dal Promea e dal Consorzio 21 sul tema «Tecniche sperimentali per la caratterizzazione dei materiali: dal laboratorio alla produzione». Ilio Salvadori, Presidente dell'Associazione per l'Università del Sulcis Iglesiente (Ausi) ha inaugurato la giornata di presentazione del distretto tecnologico di scienze dei materiali, energia e georisorse del parco scientifico e tecnologico della sardegna, Polaris. Un caldo sostegno all'iniziativa è venuto dai sindaci di Iglesias e di Carbonia. Il prorettore dell'Università di Cagliari, Adolfo Lai, ha sostenuto l'importanza dell'insediamento universitario a Monteponi come risposta culturale alle necessità di un territorio di antica tradizione mineraria. Il direttore di Polaris Francesco Marcheschi ha sottolineato il ruolo del Consorzio21 come elemento di raccordo tra la Regione e il mondo della ricerca scientifica, ribadendo l'importanza di creare oltre agli esistenti centri dedicati alle biotecnologie industriali (Porto Conte) e biotecnologie/Ict (Pula) un polo nel grande laboratorio aperto delle zone minerarie. Il direttore di Polaris ha sottolineato l'importanza di aver seguito il metodo di ascoltare le esigenze del territorio perché questo ha garantito una significativa disponibilità finanziaria e il più ampio consenso da parte delle popolazioni interessate.
La richiesta di rapportarsi con le esigenze del territorio è un compito che registra il decennale impegno del Promea (società partecipata da Università di Cagliari, Cnr, Istituto di Chimica della Materia, Sfirs, Bic) come ha sottolineato il presidente Franco Meloni (ordinario di struttura della materia all'Università di Cagliari). «Lo scopo delle due giornate ? ha puntualizzato Meloni ? è di presentare una porzione significativa delle competenze esistenti nell'Università di Cagliari. Competenze che vengono messe a disposizione delle imprese interessate a sviluppare ricerca e innovazione. Il motivo, ovvio, è calibrare la dimensione, lo spettro delle problematiche affrontate e le risorse finanziarie necessarie, in modo da modellare laboratori, centri di ricerca e occasioni di formazione che costituiranno il polo, in funzione delle esigenze locali. Il tutto, necessariamente, senza creare cattedrali nel deserto o chiesette di campagna.» Il distretto ha l'ambizione di diventare un polo d'attrazione per imprese interessate a trasferirsi in Sardegna «per fornire uno specifico apporto alla filiera ? ha continuato Meloni ? proprio per fare da tramite fra la ricerca accademica e il mondo dell'impresa, in un ambiente dove è salvaguardata la qualità della vita in grado di attrarre studenti e ricercatori provenienti dall'area del Mediterraneo.»
Per Claudio Pisu, del Centro Regionale di Programmazione (laboratorio territoriale Sulcis Iglesiente), «la progettazione integrata può sostenere il processo di creazione di nuove imprese e spin off, grazie a strumenti specifici quali pacchetti di agevolazione costituiti da contributi al traferimento di tecnologie dalla ricerca all'impresa, incentivi e formazione, attualmente in fase di definizione.»
Nei sei interventi finali alcuni ricercatori hanno illustrato tecniche utili all'impresa come la diffrazione ai raggi X, la microscopia elettronica, la spettroscopia elettronica delle superfici, la risonanza magnetica nucleare, l'analisi termica.
Andrea Mameli

 

05 marzo 2006

Come quindicimila tonnellate di tritolo (5 marzo 2006)

 Nel 1919 Ernest Rutherford condusse i primi esperimenti sulla trasmutazione artificiale dei nuclei atomici.

Nel 1938 Lise Meitner riuscì a compiere la prima "fissione" rompendo un nucleo di uranio.
Il 2 dicembre 1942 Enrico Fermi portò a termine la titanica impresa di dar vita alla prima reazione nucleare a catena. 
Furono queste le tappe fondamentali che condussero alla bomba atomica, creata nel 1945 in cinque anni di lavoro e con una spesa di oltre 2 miliardi di dollari usati per sostenere il progetto Manhattan. 
Provata solo una volta (il 16 luglio 1945 nel deserto del New Mexico: Trinity Test) fu fatta esplodere il 6 agosto 1945 su Hiroshima e tre giorni dopo su Nagasaki. 
Negli anni successivi il nostro pianeta è stato testimone, e vittima, di centinaia di esplosioni, la maggior parte in atmosfera, altre sotto la superficie degli oceani, altre ancora nel sottosuolo.
Dopo gli Stati Uniti l’Unione Sovietica fece esplodere la sua prima atomica nel 1949, la Gran Bretagna nel 1952, la Francia nel 1960, la Cina nel 1964. 
Questi cinque Paesi nel 1968 hanno sottoscritto il Trattato di non proliferazione, in base al quale si impegnano a non fornire a terzi tecnologie nucleari e a limitare le proprie. 
Come funziona
La bomba atomica propriamente detta si basa sull’enorme quantità di energia liberata nell’istante in cui viene spaccato un atomo pesante (uranio 235 o plutonio 239): la fissione. Nel caso della bomba all’uranio sganciata dal B29 “Enola Gay”, su Hiroshima, si calcola una resa energetica di 15 kilotoni, pari cioè all’esplosione di 15 mila tonnellate di tritolo. Analoga potenza per le bombe al plutonio di Nagasaki e del Trinity Test. 
La bomba a fusione (o termonucleare o H) replica invece quanto accade nel sole e in tutte le altre stelle: i nuclei di due atomi di deuterio (o di trizio, entrambi isotopi dell’idrogeno) vengono fusi assieme a formare un atomo più pesante: l’elio. 
Per innescare il processo è necessaria un’esplosione atomica in grado di riscaldare istantaneamente il nocciolo fino a qualche milione di gradi centigradi. 
Il primo test nucleare Usa risale al 1952, ma il primato della più potente bomba H (fatta esplodere nel 1961) spetta all’Unione Sovietica.
Uranio e Plutonio 
Si stima che Usa e Russia dispongano rispettivamente di 12.000 e 21.000 testate, la Cina 500, la Francia e la Gran Bretagna un centinaio ciascuna. 
Le verifiche sono affidate alla IAEA (International Atomic Energy Agency) organizzazione alla quale spetta anche il compito di controllare periodicamente gli impianti nucleari per uso civile. 
Il plutonio non esiste in natura, lo si ricava dall’uranio 238 (più abbondante dell'isotopo 235) per assorbimento di un neutrone: è uno dei sottoprodotti delle reazioni di fissione delle centrali nucleari. Per questo agli occhi della IAEA una centrale civile teoricamente può nascondere la produzione di plutonio per scopi militari. 
L’Iran dispone di un convertitore ad acqua pesante (Arak, dedicato ufficialmente alla produzione di radioisotopi per usi sanitari) in grado di produrre 10 kg di plutonio l’anno, e sta avviando un reattore (Bushehr) dal quale potrebbe ricavare il plutonio necessario a creare 30 bombe l’anno.
Andrea Mameli