
"Associare un'innovazione scientifica al lavoro di una o più persone è un compito meno facile di quanto possa sembrare. Sono moltissimi infatti gli 'inventori' che hanno potuto scrivere a piacimento intere pagine di storia della scienza solo grazie al successo commerciale dei loro prodotti". E' l'inizio del capitolo "L'era del persona computer" del libro
Hacker, scienziati e pionieri di Carlo Gubitosa (Stampa Alternativa, 2007, Collana Eretica, 236 pagine, 13 euro). Il volume racconta storie di innovazioni tecnologiche attraverso le avventure (e le disavventure) dei protagonisti (noti e meno noti). Conosco Carlo Gubitosa da circa 15 anni e osservo con enorme soddisfazione la sua (crescente) capacità di scrivere su temi poco trattati in maniera molto comprensibile o su temi abbondantemente trattati ma in maniera poco banale. Far partire la storia dell'informatica dalla macchina di Antikitera (80-50 a.C.) è un gesto coraggioso. Come lo è spiegare che la lampadina non fu inventata da Edison (o almeno non lo fu
tout court), che dietro la nascita della telematica (da Arpanet a Internet) non c'è la strategia militare ma la passione di studenti e docenti, che l'
MS-Dos ha origine dal
CP/M di Gary Kildall.
Carlo, che da pochi mesi lavora a Santo Domingo per un progetto di cooperazione per l'Unione Europea, ha anche un altro merito: racconta una storia sociale del ciberspazio nel senso che non separa l'evoluzione delle tecnologie dal loro contesto culturale e sociale (errore che viene commesso troppo spesso).
Ma Hacker, scienziati e pionieri insegna anche una ulteriore, sottile, distinzione: quella tra modello
proprietario e approccio
libero, intendendo con questi due termini l'accezione nota in campo informatico. Modelli nei quali, rispettivamente, il valore corrisponde alla scarsità del bene e alla sua diffusione.
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