Hiroshima 6 agosto 1945: quando dal cielo scese l'inferno (L'Unione Sarda, 2 agosto 2007)

Hiroshima 6 agosto 1945: quando il cielo scese all'inferno 

Sessantadue anni fa, il 6 agosto 1945, un cilindro di oltre 4 tonnellate veniva lasciato cadere da un gigantesco B-29 sopra il cielo di una piccola città giapponese il cui nome è diventato simbolo di tutte le guerre. Erano le 8 e un quarto di una mattina senza nuvole e quel cilindro conteneva la più avanzata tecnologia del tempo in materia di esplosivi. Anzi, era talmente avanzata da non essere mai stata provata prima: il 16 luglio dello stesso anno, nel deserto del New Mexico, gli uomini del segretissimo progetto Manhattan fecero esplodere una bomba dotata di innesco a implosione basato sulla detonazione simultanea di cariche disposte intorno a una sfera di plutonio, apparato rimasto top secret fino al 1951. Quella lasciata esplodere sul cielo di Hiroshima, nome in codice Little Boy, conteneva due masse di uranio 235 che a 600 metri sopra il suolo furono lanciate l'una contro l'altra per mezzo di una carica esplosiva tradizionale. 
L'effetto fu superiore a ogni previsione: in meno di un secondo l'energia sprigionata dall'esplosione atomica, equivalente a 13 mila tonnellate di tritolo, rase al suolo il 70% della città. Secondo il comando supremo alleato i morti furono 129.558, e si contarono 176.987 senza tetto, cifre mostruose, specie se si considera che nel censimento del 1940 gli abitanti di Hiroshima erano 343.698.
Appuntamento a Hiroshima (Longanesi, 2005) di Stephen Walker è la migliore ricostruzione di quella stagione: "Dopo 0,2 secondi - scrive Walker - la temperatura era di 7700 gradi, approssimativamente equivalente a quella della superficie del sole. I raggi di calore che causavano bruciature termiche erano in gran parte infrarossi emessi in quantità massicce nei primi secondi dopo l'esplosione (da 0,2 secondi a 3). Le ustioni più gravi, quelle di quinto grado (carbonizzazione) si ebbero nel raggio di un chilometro e mezzo dall'ipocentro, zona in cui si rileva anche il fenomeno dell'evaporazione delle viscere."
Oggi le immagini della città distrutta e del bombardiere Enola Gay sono indissolubilmente legate al ricordo della scia di morte e distruzione causata da quella bomba. E ogni anno l'anniversario della distruzione di Hiroshima (e di Nagasaki) viene celebrato in tutto il mondo e suona come una condanna senza appello delle armi atomiche. Ma quel ricordo continua a bruciare. Due anni fa, in occasione del sessantesimo anniversario, un giovane di nazionalista, Takeo Shimazu, ha sfregiato a colpi di martello il monumento ospitato nel Parco della pace, cancellando la parola errore dalla frase scolpita nel granito nero ("Riposate in pace, perché non ripeteremo mai più un simile errore") parola riferita alla scelta nipponica di partecipare, attivamente, alla seconda guerra mondiale.
Ma oggi ha ancora senso ripensare a Hiroshima e Nagasaki? Se è vero che ricordare il passato significa impegnarsi per il futuro la memoria di quella storia assume un valore profondo anche come modello di solidarietà e impegno per gli altri. In Giappone, accanto ai libri, ai documentari televisivi e ai racconti degli anziani, da alcuni anni le scuole hanno adottato un fumetto: Hodashi no Gen ("Gen dai piedi scalzi"), il manga di Keiji Nakazawa che racconta il bombardamento del 6 agosto 1945.
Abbiamo chiesto un parere a una biologa cagliaritana, Rosaria Piga, che in Giappone vive da quasi 5 anni. "Vivendo e lavorando in una città lontana da Hiroshima, direi che loro la percepiscono esattamente come una pagina della loro storia. Qualcosa di una gravità senza paragoni, ma che fa parte del passato. C'è differenza tra coloro che, pur vivendo a Osaka o Kyoto, le due città che conosco meglio, la bomba l'hanno vissuta, quindi hanno voglia e necessità di parlarne e lo fanno in modo accorato e doloroso>.
ANDREA MAMELI
(articolo pubblicato sul quotidiano L'Unione Sarda, Inserto Estate pag. VI, Cultura, il 2 agosto 2007)


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