Quattro chiavi per un romanzo. Enrico Pili e il suo “Hinterland sei“ (L'Unione Sarda, 5 gennaio 2008)

Dopo il brillante reportage dal Congo (Adesso, a poche ore da qui, 2006) Enrico Pili ritorna al romanzo. Lo fa con Hinterland sei (Scuola Sarda Editrice, 218 pagine, 10 euro): riappropriandosi del suo stile originale, fatto di continui cambi di prospettiva, salti in avanti e indietro nel tempo, battute in sardo e dotte citazioni. Pili racconta, a modo suo, la politica, la religione, la vita sociale, in un luogo immaginario, situato in Sardegna, in qualche modo identificabile per la distanza da Karalis (ovvero la cifra che compare nel titolo) e per le caratteristiche dei personaggi che animano le otto storie che compongono il libro. Ma la vita e le vicende di una cittadina dell'hinterland, che poi sono anche le vicende e la vita di una qualsiasi cittadina italiana, è solo una delle chiavi di lettura dell'opera. Il volume di Pili è anche un esempio di come, pur in chiave fantastica, la letteratura può raccontare il reale. Il riferimento (esplicito) è al capolavoro di Kurt Vonnegut Mattatoio n. 5 o la crociata dei bambini (1969), nel quale il protagonista, Billy Pilgrim, viene rapito dagli alieni e condotto sul pianeta Tralfamadore, compie viaggi nel tempo e vive alcuni episodi della seconda guerra mondiale come il bombardamento di Dresda dove lo scrittore americano si trovava prigioniero dei tedeschi. Anche Hinterland sei contiene una visita aliena ("astronave di Santu Millanu") ma è anche l'autobiografia politica di Pili, descritta con ironia e cinismo, e un diario delle malattie con tanto di intervento chirurgico finale. Ed ecco la seconda chiave di lettura del libro: al cancro biologico, la crescita incontrollata di cellule, si affianca la descrizione di un cancro artificiale, quello della crescita mostruosa degli agglomerati urbani che costituiscono la cintura metropolitana. È qui, forse, che Pili affina meglio la sua scrittura (a tratti il lessico adottato dall'autore si accosta a quello, pur inarrivabile, di Atzeni in Bellas Mariposas) descrivendo un'umanità inquieta e in continua ricerca di stabilità e di valori. Ma la società dei consumi si alimenta proprio della sua incapacità a soddisfare i bisogni, con buona pace dei valori e della stabilità. Così la terza chiave di lettura può essere ricercata nella delusione della generazione del sessantotto, qui Pili non nasconde aspre critiche al modo di vivere la politica e alla scarsa propensione al cambiamento: “Quando si raggiunge una certa età, dopo l'adolescenza, si comincia a sentire il sovrappeso psicologico e la nostalgia del tempo che fu. La nostalgia dell'immortalità. Perciò ogni cambiamento è visto, anche dai progressisti, come un fatto negativo, un errore di qualcuno: perché la responsabilità, la colpa di qualcosa è sempre degli altri. Il cambiamento è un errore dei governanti, che non hanno saputo governare il tempo, bloccare la memoria, impedire l'evoluzione che ci allontana dall'immortalità. Incapaci di lasciare il paese così com'era quando si era immortali.” Qui Pili rende omaggio a Peppinu Mereu, il grande poeta di Tonara che affiora anche in altri capitoli del libro. La luce fuori dal tunnel ha i colori dei chierichetti (simili ai bambini crociati di Vonnegut) e delle carrozzine dei paraplegici: così a sconfiggere il male e riportare la pace nel paese saranno donne, bambini, anziani, immigrati e quella comunità di disabili (condotta da un autentico uomo di buona volontà: uno dei pochi a salvarsi, assieme all'astronomo Pau) che il libro di Enrico Pili porta giustamente a esempio di onestà e impegno disinteressato.
La quarta chiave interpretativa si scopre nel quinto capitolo ("Guerra al campo undecimo"): la gioia incerta dell'adolescenza e l'approccio acerbo alla religione. Qui il riferimento al campo di segale è in realtà il richiamo al titolo originale del "giovane Holden": "The Catcher in the rye": "Il cacciatore nella segale"), ma lo stile del diario ritrovato richiama anche il gioiello di Luigi Bertelli: Il giornalino di Giamburrasca.
Andrea Mameli
L'Unione Sarda (inserto cultura IL SABATO, pag. 26) 5 gennaio 2008



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