La nuova stagione dell'energia pulita (Darwin, 24, 2008)

Darwin, bimestrale di divulgazione scientifica, marzo/aprile 2008
La nuova stagione dell'energia pulita 
di Bruno D'Aguanno e Andrea Mameli

In fondo è come riscoprire l’acqua calda. Chi da bambino non ha mai provato sotto la luce del sole a bruciare con una lente di ingrandimento un foglio di carta? In questa semplice esperienza si nascondono tutti i segreti alla base di quella tecnologia che oggi chiamiamo solare termodinamico a concentrazione,
o Csp, Concentrated Solar Power. I principi di riferimento, noti fin dai tempi di Archimede (287–212 aC), erano stati enunciati negli studi sulle coniche di Euclide di Alessandria (325–265 aC). Attualmente sono
estesamente applicati nelle moderne centrali che, sfruttando i moderni materiali e le mutate condizioni culturali, politiche ed economiche, si configurano come applicazioni commerciali realmente competitive. In Spagna, tra centrali già operative e altre in fase avanzata di realizzazione, si contano 20 impianti di questo tipo per una potenza totale di 800 MW e taglia da 10 a 50 MW, negli Usa 4 nuove centrali per circa 1.000 MW totali, la più grande delle quali raggiungerà i 500 MW. Grazie al supporto del Global Environment Facility e della World Bank [1], sono in fase di realizzazione altre 4 centrali da 30 MW ciascuna in Egitto, India, Marocco e Messico. Secondo gli scenari dell’agenzia tedesca Dlr [2], nel 2025 la capacità complessiva mondiale del Csp raggiungerà circa 40 mila MW, di cui circa 10 mila in Europa.
Ma come funziona il Csp e quali sono le applicazioni possibili? E ancora, può il Csp contribuire a soddisfare i moderni bisogni di elettricità, di calore e di combustibili, ridisegnando il nostro futuro energetico? L’inizio della moderna storia del Csp può essere fissata al 1912, anno in cui fu installato vicino al Cairo, in Egitto, il primo sistema a specchi parabolici lineari in grado di generare vapore e di alimentare una pompa di 73 kW. L’impianto, progettato e realizzato da Frank Shuman, era accoppiato a un sistema d’accumulo ad acqua calda capace di garantire il funzionamento della pompa in continuo nell’arco delle 24 ore, che permetteva di distribuire circa 2.000 mc/h d’acqua in campi da irrigare. A quel tempo questa pompa solare era competitiva con quelle installate nella regione e alimentate con elettricità prodotta dalla combustione del carbone [3, 4]. Tuttavia, e nonostante queste brillanti premesse, l’inizio della prima guerra mondiale e la nascita dell’era del petrolio a basso costo decretarono la fine di questa esperienza. Sull’onda delle due crisi petrolifere del 1972 e del 1979 e della comparsa delle prime analisi sui limiti dello sviluppo, il rilancio del Csp avviene intorno alla prima metà del decennio 1980-1990 con la proposizione di numerosi progetti di ricerca e sviluppo di cui 5 in Usa, 3 in Spagna, e 1 ciascuno in Italia (Adrano, Sicilia), Francia, Giappone e Russia. Ma è solo con la realizzazione tra il 1984 e il 1991 dei 9 impianti Segs - Solar electric generating stations - nel deserto del Mojave in California che inizia la parabola ascendente del Csp. Gli impianti Segs sono collegati in serie, utilizzano gli specchi parabolici, raggiungono una potenza di 354 MW e immettono l’energia elettrica prodotta nella rete della California del sud. Rispetto ai progetti di ricerca e sviluppo questi impianti sono stati interamente sviluppati, progettati, realizzati e sono ancora gestiti su base puramente privata.
Dagli anni ’90 a oggi, i progetti di ricerca, così come le iniziative con caratteristiche più marcatamente
industriali si sono moltiplicati, ed estese rassegne sulle attività realizzate e in fase di realizzazione
sono state prodotte dalla Commissione Europea [5,6] e dall’Agenzia Internazionale dell’Energia [1] in collaborazione con l’organizzazione internazionale SolarPaces.
Questa esplosione di attività è stata generata da vari fattori: una crisi sia sostanziale che di accettazione
delle energie da sorgenti fossili; una mutata percezione sull’utilità effettiva delle energie rinnovabili;
politiche di finanziamento dei progetti di ricerca e l’intervento dei settori industriale e bancario. Molto
meno è da attribuire alle innovazioni, alle scoperte e allo sviluppo delle conoscenze provenienti dal ristretto gruppo di ricercatori operanti nel settore specifico della concentrazione solare termodinamica.
Il metodo convenzionale per ottenere calore ad alta temperatura dalla radiazione solare è quello
della concentrazione, che consiste nel convogliare l’energia solare raccolta su una superficie estesa a
una molto più piccola. Se la prima è costituita da specchi di forma parabolica è possibile concentrare
la radiazione solare su superfici lineari o puntiformi.
La concentrazione lineare è ottenuta per mezzo di specchi parabolici lineari mentre la concentrazione
puntiforme è ottenuta per mezzo di specchi parabolici circolari e di eliostati a torre. Se si definisce il fattore di concentrazione come una funzione del rapporto tra l’area di concentrazione e quella di raccolta, le due metodologie di concentrazione permettono di ottenere un ampio intervallo di valori per tale fattore.
Gli specchi parabolici lineari concentrano la radiazione solare su un tubo ricevitore posto sulla linea
focale e raggiungono fattori di concentrazione compresi tra 30 e 100. Gli eliostati a torre concentrano la
radiazione solare su un ricevitore centrale, montato sulla cima di una torre, e permettono fattori di concentrazione tra 500 e 5000, mentre gli specchi parabolici circolari che concentrano la radiazione solare su un ricevitore posto nel punto focale permettono fattori di concentrazione tra 1.000 e 10.000. La temperatura delle regioni di concentrazione è proporzionale al fattore di concentrazione. Nel tubo ricevitore degli specchi parabolici lineari si raggiungono temperature fino a 550 °C mentre nel punto focale degli specchi parabolici circolari è possibile raggiungere temperature superiori ai 2000 °C, ed è proprio questo enorme intervallo di temperature a determinare lo spettro delle applicazioni del Csp. Le possibili applicazioni possono essere suddivise in tre gruppi principali: elettricità termica solare, termochimica solare e calore solare. 
L’elettricità termica solare è definita come il processo di raccolta, concentrazione e trasformazione
della radiazione solare in calore e da questo convertita in elettricità con dispositivi di conversione del
calore. I sistemi Csp che permettono questo processo sono primariamente classificati in funzione della tecnologia degli specchi concentratori utilizzati, per poi essere suddivisi in funzione del fluido termovettore, della tipologia del sistema di accumulo e del sistema di conversione del calore in energia elettrica. 
Combinando le differenti opzioni tecnologiche per ognuno degli elementi di classificazione, i sistemi
realizzati ricadono nelle seguenti classi tecnologiche: (i) sistemi con specchi parabolici lineari e fluidi
termovettori ad alta temperatura; (ii) sistemi con specchi parabolici lineari e generazione diretta del
vapore; (iii) sistemi con ricevitore centrale a torre e stoccaggio a sali fusi; (iv) sistemi con ricevitore centrale a torre e stoccaggio a vapore saturo; (v) sistemi con ricevitore centrale a torre e stoccaggio a elementi ceramici solidi; (vi) sistemi con ricevitore centrale a torre e aria pressurizzata; (vii) sistemi con specchi parabolici circolari con motori Stirling.
I sistemi basati sugli specchi parabolici lineari utilizzano specchi costituiti da paraboloidi di 5-6
metri di apertura, 1,8 metri di altezza focale e circa 100 metri di lunghezza, assemblati in linee parallele con orientazione nord-sud e dotati di un meccanismo di inseguimento della radiazione solare che ruota intorno al solo asse longitudinale. Il campo di specchi è di natura modulare e la sua estensione è determinata dalla potenza elettrica di picco richiesta in uscita dal sistema. Lo specchio vero e proprio è costituito da una lastra di vetro dello spessore di circa 4 mm, a basso contenuto di ferro e con uno strato d’argento ad alta riflettività (maggiore di 0,88). Il tubo posto sulla linea focale è costituito da un cilindro di vetro del diametro di circa 11-12 cm al cui interno è posto un tubo assorbitore di 7 cm di diametro realizzato in acciaio. Quest’ultimo è ricoperto da composti ceramico-metallici, del tipo Mo-Al2O3, scelti
con l’intenzione di portare all’annullamento della riflettanza nella regione spettrale della radiazione
solare, e dell’emittanza nella regione dell’infrarosso termico. Le perdite termiche convettive sono invece
minimizzate praticando il vuoto nella regione di spazio tra il cilindro esterno di vetro e il tubo assorbitore.
All’interno del tubo assorbitore circola il fluido termovettore deputato al trasporto del calore
solare dalla zona focale degli specchi al sistema di trasformazione del calore in elettricità o, se presente,
al sistema di accumulo termico. Per temperature di raccolta fino a 390 °C vengono utilizzati oli minerali sintetici che hanno la proprietà di essere liquidi anche a temperatura ambiente, mentre per temperature superiori e fino ai 560°C, dove gli oli minerali si decompongono, viene solitamente utilizzata una miscela di sali fusi costituita dal 60% di NaNO3 e dal 40% di KNO3 che, invece, solidifica a temperature inferiori ai 240°C. Fluidi termovettori alternativi sono costituiti da miscele gassose che non hanno limitazioni termiche imposte da transizioni di fase ma che richiedono un funzionamento del sistema sotto pressione per ovviare alla loro bassa capacità di trasporto termico.
Se al sistema è richiesta una produzione di elettricità nell’arco delle 24 ore, parte del calore assorbito
dal fluido termovettore deve essere opportunamente immagazzinata. Il fluido, se diverso dal materiale di
stoccaggio termico, come nel caso in cui si ha un olio sintetico e una miscela di sali fusi, viene inviato a uno scambiatore di calore, dove cede il suo calore al materiale di stoccaggio termico. Il calore è immagazzinato in un serbatoio caldo da cui, successivamente, viene ceduto al sistema di conversione calore-elettricità. Il materiale di stoccaggio raffreddato viene, a sua volta, immagazzinato in un serbatoio freddo. Un sistema di accumulo a sali fusi - del volume di circa 16.000 metri cubi e con una temperatura di 550 °C - immagazzina circa 3.000 MWh e assicura un funzionamento di circa 24 ore a un sistema di 40 MW elettrici di picco in assenza di sole. La conversione del calore in elettricità è realizzata in maniera standard utilizzando un ciclo di Rankine con una turbina per il recupero di vapore.
Per semplificare l’illustrazione delle altre classi tecnologiche, compariamo le classi tra loro, usando un ristrettissimo numero di indicatori. Ci riferiremo al picco di potenza elettrica producibile per Km2 di impianto e al costo di produzione costante dell’energia elettrica calcolato sull’intera vita operativa,
stimata in 30 anni. Tutta l’impiantistica Csp raggruppata nelle classi da (i) a (vii) ha una potenza
di picco per Km2 compresa tra i 20 e i 29,7 MW (per un impianto di 50 MWe occorrono da 1,68 a 2,5 Km2 di territorio), mentre il costo di produzione costante dell’energia elettrica, riscalato per impianti Csp da 50 MWe, risulta compreso tra 0,155 €/kWe dei sistemi della classe (iii) e i 0,193 €/kWe dei sistemi
della classe (vii). Dalla piccola dispersione dei dati di costo e di occupazione territoriale appare evidente
che non è possibile fare una scelta delle opzioni tecnologiche su cui concentrare gli sforzi, anche se le
tecnologie considerate nell’analisi sono a differenti gradi di maturità. La competizione tra le tecnologie
sarà risolta dall’entità degli investimenti industriali, dalle riduzioni di costo derivanti dalla produzione di
massa e dal ridimensionamento della potenza degli impianti sopra i 50 MWe che al momento appare essere la grandezza di riferimento. Solo marginalmente la competizione sarà risolta dagli sbilanciamenti
degli investimenti pubblici nelle attività di ricerca e sviluppo per il miglioramento delle tecnologie.
La termochimica solare nasce sull’onda dei successi applicativi dell’elettricità solare, e per dare una
risposta al problema dell’immagazzinamento e del trasporto dell’energia solare dalle regioni aride e a
bassa densità abitativa del mondo, a quelle industrializzate, popolose e con alti consumi energetici. Cerca
anche di rispondere al problema, sempre più gravoso, della scarsità di combustibili per autotrazione, con la realizzazione di cicli produttivi di combustibili solari.
La termochimica solare studia tutti quei processi in cui l’energia solare è trasformata in energia chimica.
La sua fattibilità è determinata dall’efficienza dei processi di trasformazione e dalle temperature
necessarie. Utilizzando la termodinamica, processi termoreattivi e reattori chimici ideali (ricevitore di corpo nero), si ottengono efficienze superiori al 60% per temperature maggiori di 700 °C. Grazie a queste
alte efficienze, sono stati sviluppati una serie di processi termochimici solari in cui il calore solare, il
reattore chimico e un dispositivo elettrochimico sono utilizzati per trasformare il calore in elettricità nello
schema ciclico: reagenti ¢ prodotti ¢ reagenti. Se si considera il processo di dissociazione termochimico
di ZnO in Zn e O2, e il riutilizzo elettrochimico di Zn e O2 per riottenere lo ZnO di partenza, si ottiene un
processo ciclico di trasformazione dell’energia solare (utilizzata nel reattore a T ≈ 2030 °C) in energia
elettrica prodotta dall’accoppiamento con una cella a combustibile e con un’efficienza del 39% [7].
Temperature superiori ai 700 °C si ottengono nei reattori termochimici posti nel punto focale dei concentratori parabolici circolari e nella regione di focalizzazione dei sistemi con eliostati e torre centrale. Un reattore del tipo a cavità è essenzialmente un sistema altamente isolato in grado di catturare la radiazione solare solo attraverso una piccola apertura. Le dimensioni dell’apertura e la profondità della cavità sono scelte in modo da avvicinare il suo comportamento a quello del corpo nero. Aperture ottimali sono scelte in modo da essere 2,6-2,9 volte la deviazione standard della distribuzione del flusso solare incidente. La dimensione globale del reattore è invece proporzionale al flusso di prodotti che si desidera ottenere. [1,7]
Il combustibile solare d’elezione è l’idrogeno. Per la sua produzione sono stati sviluppati i processi della
dissociazione termo-catalitica dell’acqua attraverso il processo denominato UT-3 [8] il ciclo zolfo-iodio [9] e i processi di «steam reforming» e di carbonatazione diretta dei combustibili fossili. I metodi che passano attraverso lo steam reforming sono anche conosciuti come metodi di upgrading di combustibili fossili o metodi ibridi solari-fossili. La ragione è dovuta al fatto che l’energia termica solare fornita ai reagenti per la loro trasformazione si ritrova nei prodotti in fase di riutilizzo. Nel caso del metano, dall’idrogeno prodotto è possibile ottenere fino al 28,4% in più dell’energia contenuta nel metano di partenza. A questo risparmio corrisponde un’analoga riduzione nelle emissioni di CO2. Se il metano di partenza è utilizzato in un motore a combustione interna, con un rendimento η=0,4, e l’idrogeno solare da esso ottenuto è utilizzato in una cella a combustibile, con un rendimento di η=0,7, si raggiunge un risparmio nel consumo di metano, sempre a parità di consumo energetico, di circa il 56,7 %.
Questi metodi ibridi creano un legame tra i combustibili fossili e le energie rinnovabili, e si qualificano come metodi di transizione tra un’economia basata sulle fonti fossili e una basata sulle fonti rinnovabili.
In ogni caso una buona quantità di applicazioni della termochimica solare stanno già per uscire dallo stato di prototipo dimostrativo[1,6].
La produzione di calore solare è l’applicazione più diretta del Csp, con componenti tecnologiche più semplici e mature. In questo settore ricadono tutti quei processi industriali in cui si utilizzano grandi quantità di calore fino a temperature intorno ai 250 °C. Calore e vapore sono richiesti dall’industria chimica e dalla tecnologia per la dissalazione di acque salmastre e marine. Inoltre, in agricoltura, l’utilizzo del Csp permette il riscaldamento o il raffreddamento delle serre nonché la sterilizzazione dei suoli con vapore ad alta temperatura, così da non utilizzare né combustibili fossili né erbicidi tossici, aprendo la strada a una coltivazione in serra realmente «verde».
Nonostante la semplicità del principio della concentrazione solare e la percezione dell’enormità e dell’inesauribilità della fonte energetica solare, l’utilizzo tecnico del Csp è stato lungamente negletto, anche a dispetto del fatto che i materiali conosciuti in ogni epoca storica ne avrebbero permesso un’esplorazione applicativa ad ampio spettro, rimanendo relegato a dilettevoli e accademici tentativi di riproduzione dell’esperimento di Archimede. Sulla spinta delle crisi petrolifere degli anni ’70 e sulla base di altre consapevolezze, come quelle sui limiti dello sviluppo e sullo stato degli ecosistemi del mondo, ma di certo né sulla base di nuove acquisizioni scientifiche sulla concentrazione solare né della comparsa di nuovi materiali, si assiste, a partire dagli anni ’80, alla vera nascita della tecnologia del Csp che vede, al contempo, una prima sistematizzazione delle conoscenze di base, lo sviluppo di materiali specifici, e l’esplorazione di un ampio spettro di applicazioni. Al contrario di altre tecnologie che nella loro storia hanno registrato periodi di rottura, o salti quantici, con la comparsa di soluzioni superiori (vale per tutte l’esempio dell’elettronica con la comparsa, nel 1947, del transistor), la storia della tecnologia Csp è una storia senza rivoluzioni, con progressi e ristagni determinati principalmente da spinte esterne. Le tre classi applicative dell’elettricità termica solare, della termochimica solare e del calore solare per usi industriali ben illustrano il ruolo del Csp tra le tecnologie che utilizzano fonti energetiche rinnovabili. La produzione di elettricità termica solare si sta attestando su impianti da 50 MWe in su - fino ad arrivare alle installazioni visionarie del Trans-Mediterranean Renewable Energy Cooperation in grado di soddisfare i bisogni energetici dell’intera Europa [10 ]- in cui la predominante dimensione dei 50 MWe è principalmente scelta come base per una prima standardizzazione della componentistica, e una prima analisi delle diminuzioni di costo raggiungibili con una produzione sempre più massiva. Questa fascia di potenza dell’impiantistica mostra la complementarietà del Csp con la tecnologia del fotovoltaico che, attualmente, è quanto di più adatto per le micro applicazioni elettriche distribuite con potenze decisamente inferiori.
Il Csp e il fotovoltaico si incontrano e sovrappongono nelle applicazioni con eliostati di tipo di
Fresnel e con più torri di ricezione[11]. In questi casi la radiazione concentrata in ingresso nei ricevitori
viene divisa, dal punto di vista spettrale, in una componente termica e in una componente fotovoltaica.
Le componenti vengono rispettivamente inviate a un generatore di vapore con turbina e a un assorbitore
fotovoltaico, riuscendo così a ottimizzare la produzione di elettricità. Per quanto riguarda le applicazioni di termochimica solare e di calore solare per usi industriali, il Csp occupa dei settori in cui non agisce
nessun’altra tecnologia da fonte energetica rinnovabile costituendo così l’unica soluzione attualmente
disponibile e praticabile.
In uno dei tanti scenari energetici futuri che è possibile costruire [12,13], il Csp, e con esso le altre
tecnologie legate a tutte le fonti rinnovabili, appare essere una tecnologia cardine, e lo sarà maggiormente a patto di acquisire l’ulteriore consapevolezza che quando si parla di scenari futuri basati sulle rinnovabili,
l’enfasi non va centrata sul problema dei costi economici: le fonti rinnovabili appartengono a tutti, e l’energia dal sole può e deve andare a far parte dei beni primari dell’umanità e, del resto, il sole non
invia la bolletta.

Bruno D’Aguanno, Andrea Mameli,

Bibliografia
1) Geyer M. Ed. (2006) Solare Paces Annual Report 2006. DLR.
2) Pitz-Paal R, Dersch J, Milow B. Ecostar (2004) European Concentrated Solar Thermal Road-Mapping. Ecostar, 4.
3) Zamparelli C (2005) Storia, scienza e leggenda degli specchi ustori di Archimede. http://www.gses.it/pub/specchi.pdf
4) Stinnesbeck L (1914-1915) Sonnenkraftmaschinen. Keller’s Monatsblatter, 3(1).
5) European Commission (2004) Concentrated Solar Thermal Energy.
6) European Commission (2007) Concentrated Solar Power. From research to implementation.
7) Steinfeld A, Palombo R (2001) Solar Thermochemical Process Technology, Encyclopedia of Physical Science & Technology, Vol.15:237–256. Academic Press.
8) Sakuray M et Al (1996) Solar ut-3 thermochemical cycle for hydrogen production. Solar Energy, 57:51–58.
9) Sakuray M et Al, (1999) Preliminary process analysis for the closed-cycle operation of the iodine-sulphur thermo-chemical hydrogen production process. Int. J. Hydrogen Energy, 24:603–612.
10) TREC-Club of Rome (2006) . CSP www.TRECers.net
11) Mills D (2004) Advances in solar thermal electricity technology. Solar Energy, 76:19–31.
12) Colombo U (1996) Energia - Storia e scenari. Donzelli Editore.
13) IIASA-WEC (2002) An assessement of technological change across selected energy scenarios. 












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