Scorie nucleari, bugie e cattiva scienza (L'Unione Sarda, 3 marzo 2008)

scorie nucleari italiane
La stampa dello Utah ne parla da quattro mesi. Ma in Italia sembrano essersene accorti solo i numerosi Blog che osservano il mondo con maggiore attenzione. L’acceso dibattito negli Stati Uniti infuria da quando il Salt Lake Tribune ha rivelato che 20 mila tonnellate (36 mila metri cubi) di scorie nucleari italiane sono destinate allo stato dell’estremo ovest degli Usa. Si tratta di un quantitativo ingente, distribuito in 5 anni, che dovrà percorrere oltre 10 mila km in nave e 500 km in treno fino alla discarica. Pur essendo classificate di prima categoria, ovvero a bassa radioattività (indumenti e oggetti debolmente contaminati) queste scorie suscitano vivaci discussioni a partire da novembre. L’assenso all’operazione proviene dalla massima autorità statale, il Governatore dello Utah, ma un numero crescente di cittadini dello stato critica l’importazione radioattiva.
La sindrome del Non in my backyard (non nel mio giardino) vale in tutto il mondo.
Alcuni quotidiani negli Usa seguono la vicenda dal primo momento.
Sicuramente anche in Italia gli argomenti di discussione non mancherebbero. Magari per approfondire il tema e analizzare, con il serio metodo dell’inchiesta (quello insegnato nei corsi di giornalismo, non si pretende di scomodare il metodo scientifico) i risvolti e l’origine del problema. Intanto non è incoraggiante constatare che a distanza di venti anni dal referendum che ha abolito l’energia nucleare in Italia restano ancora da smaltire 53 mila metri cubi di scorie radioattive: quelli dalle quattro centrali italiane (Caorso, Garigliano, Latina, Trino) che in 23 anni di attività hanno prodotto 81 mila GWh (Gigawattora) di energia elettrica. E dato che i numeri isolati non hanno molto senso è indispensabile confrontare questo dato con il consumo annuo: quello del 2006 è stato di 359.075 GWh. Si capisce allora che nel complesso l’energia energia prodotta dalle 4 centrali nucleari italiane in 23 anni risulta essere appena un quarto del consumo di un solo anno. La sproporzione tra impegno richiesto per la costruzione e il mantenimento di queste centrali e la loro resa effettiva appare enorme. Senza contare il problema scorie: un impianto di media grandezza ne genera circa tre metri cubi all’anno.
Allora, se è vero che l’energia, insieme ai rifiuti e all’acqua, rappresenta uno dei tre temi dominanti del nostro secolo, l’atteggiamento di sostanziale superficialità dimostrato dalla stampa italiana appare inspiegabile: possibile che in quattro mesi nessuno si sia accorto della notizia? Possibile che l’informazione sia tutta e sempre all’affannosa rincorsa del gossip, della politica e dello sport, relegando la scienza e la tecnologia nel cantuccio del sensazionalismo? Forse il tema energia non si tocca perché gli interessi in gioco sono talmente alti da imporre il silenzio come strumento di precauzione preventiva?
Dell’incestuoso rapporto tra comunicazione e scienza, e del perverso intreccio a tre con la politica, si è parlato il 28 febbraio al dipartimento di fisica dell’università di Cagliari (cittadella universitaria di Monserrato) nel corso di un seminario tenuto dal giornalista Gianfranco Bangone sul tema La comunicazione scientifica nell’era del villaggio globale . Il direttore del bimestrale Darwin, sardo di nascita ma romano d’adozione, ha illustrato con alcuni esempi eloquenti cosa accade quando la comunicazione interna alla scienza (le pubblicazioni su Nature, Science e le riviste di settore, attraverso le quali si misura il valore di una ricerca) sfocia nei grandi media. Non succede sempre, certo, ma quando capita i risultati sono il più delle volte devastanti. Allarmi ingiustificati, affermazioni non documentate, titoli sparati, da cui si originano errori e ignoranza di ritorno. Cosa fare? Gianfranco Bangone non ha dubbi: dovrebbe essere il mondo scientifico a far sentire la propria voce, a inserire elementi di razionalità. Per aiutare a capire. E per aiutare la politica a uscire dal perenne stato di deroga, anche ai temi scientifici.
Andrea Mameli
L'Unione Sarda, 3 marzo 2008. Pagina 57 (Cultura)

Commenti

Anonimo ha detto…
Ciao Andrea, scriviamo alla Gazzetta per spiegargli (con flemma ça va sans dire) che la notizia è già passata su Epolis e sull'Unione? Dovremmmo farlo entro oggi!! Hai il pdf del tuo articolo immagino, e inoltre fanno fede le date dei post sui ns blog.
Famme sape' ciao
Linguaggio Macchina ha detto…
Lettera pubblicata sul quotidiano L'Unione Sarda, 7 marzo 2008, pagina 18.

"Leggo su L'Unione Sarda di lunedì l'articolo di Andrea Mameli "Scorie nucleari, bugie e cattiva scienza. Finalmente delle informazioni sul nucleare che si basano su fatti e dati precisi e documentati. Sono stanca di sentire persone che auspicano il 'ritorno del nucleare in Italia' sbandierandone i fantomatici vantaggi in termini di costi e di produttività e si dimostrano totalmente disinformati sui pericoli e le problematiche relative allo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Sono le stesse persone che ironizzano sulle 'energie rinnovabili' quasi fossero illusioni di menti fastidiose, ma non si accorgono di essere ormai fuori dalla realtà. Ancorati, loro sì, a illosioni. Ben venga l'informazione libera e documentata a buttar giù il muro di silenzio eretto da chi ha interesse a tenerci nell'ignoranza."
FRANCA GARBA. CAGLIARI

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