Il telegrafo parlante di Manzetti (L'Unione Sarda, 19 aprile 2008)

manzetti telegonoPrima che Antonio Meucci e Alexander Graham Bell brevettassero le loro invenzioni, rispettivamente nel 1862 e nel 1876, un giovane valdostano di nome Innocenzo Manzetti era già riuscito a trasmettere a distanza voci e suoni. La descrizione dettagliata di questo prototipo del 1865, racconta Carlo Gubitosa nel libro Hacker, Scienziati e Pionieri (Stampa Alternativa, 2007), «è contenuta in un manoscritto rinvenuto tra le carte di Manzetti e attribuito a Pierre Dupont, maggiore medico dell’esercito sardo: Il telegrafo parlante era composto da un cornetto a forma di imbuto nel quale si trovava una lamina di ferro piazzata trasversalmente. Questa lamina vibrava facilmente sotto l’impulso delle onde sonore provenienti dal fondo dell’imbuto.»
L’invenzione di Innocenzo Manzetti (télégraphe parlant) è basata sull'induzione elettromagnetica: correnti elettriche in movimento generano campi magnetici e, contemporaneamente, campi magnetici variabili generano correnti elettriche. Così nel microfono le vibrazioni della lamina danno origine a impulsi elettrici, corrispondenti al suono ricevuto, i quali possono viaggiare sui fili conduttori anche a grandi distanze. Giunti all’apparecchio di destinazione questi impulsi elettrici fanno vibrare la membrana posta a portata d’orecchio venendo infine riconvertiti in suoni. Per usare le parole di Dupont: «le onde sonore prodotte dalla voce, il suono, in un cornetto si trasformano nell’apparecchio in onde elettriche e ridiventano onde sonore nell’altro cornetto.»
Negli apparecchi telefonici, fino a qualche anno fa, il microfono era formato da una capsula contenente carbone e fili elettrici chiusa da una membrana, la quale, come nel modello di Manzetti, vibra in presenza di onde sonore. Le vibrazioni provocano variazioni nel contatto fra i granuli e di conseguenza varia l’intensità di corrente circolante nel circuito: in questo modo si genera un segnale elettrico modulato dal suono. Nei telefoni più recenti al posto dei granuli di carbone sono usati cristalli piezoelettrici che creano essi stessi una tensione variabile in funzione del suono. Con il passaggio alla telefonia cellulare la comunicazione si arricchisce del movimento: il telefono ci segue ovunque. Tuttavia le modifiche riguardano tutto il resto: il cuore del telefono resta sostanzialmente lo stesso.
E domani? Nel libro “Il futuro che già c’è, ma ancora non lo sappiamo” (edizioni Il sole 24 ore, 2006) Vito di Bari immagina il telefono del 2025, quello di sesta generazione, come un oggetto piccolissimo, privo di tastiera e dotato di comandi vocali. Un microtelefono quasi invisibile e soprattutto intelligente: in grado cioè di decidere da solo in quale momento passarci le telefonate e quando invece rispondere: «Per favore, richiamate più tardi!»
Ma la nuova frontiera della telefonia si spinge oltre: sono sperimentazione dispositivi a comando mentale con i quali un giorno si potrà conversare, come comporre i numeri da chiamare, rispondere, e tutto il resto, con il solo pensiero. Ambient Corporation (una società con sede a Newton, Usa), in collaborazione con il Rehabilitation Institute di Chicago e l’Università dell’Illinois, ha sviluppato un apparecchio che intercetta i segnali nervosi inviati dal cervello alle corde vocali per poi riprodurli con un sintetizzatore vocale. Il sistema, denominato Audieo, è stato progettato come ausilio per persone con disabilità e attualmente è in grado di riconoscere solo 150 parole, ma la versione in commercio entro la fine del 2008 disporrà di vocabolario illimitato. E nel giro di qualche anno, c’è da scommetterci, arriveremo sicuramente al telefono telepatico.
ANDREA MAMELI
L'UNIONE SARDA, 19 aprile 2008, pag. 29

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