22 agosto 2008

Quando le immagini dialogano con noi (L'Unione Sarda, 22 agosto 2008)

maragliano parlare le immagini
 
Quando le immagini dialogano con noi (L'Unione Sarda, 22 agosto 2008) 

Dalle incisioni rupestri ai graffiti urbani, passando per l'arte, la scienza e la pubblicità, seguendo l'irresistibile onda di un bisogno umano a volte sottovalutato: l'immagine. Un bisogno primario, secondo Roberto Maragliano (autore del saggio "Parlare le immagini". Apogeo, 2008, 182 pagine, 14 euro) sia a livello di rappresentazione logica che di esperienza emotiva. 
Maragliano, tra i primi pedagogisti italiani a occuparsi della multimedialità e apprendimento è responsabile del laboratorio di tecnologie dell'istruzione al l'Università Roma Tre. "Se è vero che un titolo concentra il senso di un'opera - spiega l'autore a pagina 38 - non ho difficoltà a riconoscere che quest'opera è monca, com'è monco il suo titolo. Consapevolmente. Non è completo questo lavoro, né intende esserlo. Non chiude una problematica, né intende farlo. Piuttosto aspira a riflettere, in sé, l'apertura e il movimento e l'irrequietezza che sono proprietà costitutive dell'immagine." 
Le nostre vite, dai percorsi formativi al lavoro, dallo svago alla salute, sono accompagnate dalla presenza delle immagini: icone di pura realtà e insieme strumento fondamentale per costruire e utilizzare la stessa realtà. Il libro di Maragliano ispeziona un territorio compreso tra due mondi in conflitto: quello che nega il valore dell’immagine o lo ritiene un disvalore, pronunciando anatemi acritici del tipo “state attenti ai fumetti”, e quello incantato, e per questo altrettanto acritico, della passiva esaltazione del potere dell’immagine. Uno degli interrogativi che rimbalzano più di frequente nell’opera di Maragliano – Cosa possiamo fare per aiutare i nostri figli, i nostri studenti, a dialogare con le immagini? – trova risposte nelle pagine del volume e in alcuni brani estratti da saggi, riviste, giornali. Vengono così riconfermare e ampliate le considerazioni sul bambino come essere "naturalmente multimediale", per la sua capacità di servirsi di tutti gli elementi per entrare in rapporto con il mondo e con se stesso, esposto magistralmente nel suo "Esseri multimediali" (La Nuova Italia, 1996). 
Maragliano coltiva l’ambizione “di far maturare, in tutti coloro che siano sensibili al tema, la consapevolezza del valore cruciale che è destinata ad assumere la prospettiva di proporre e realizzare educazione dentro l’universo delle immagini, in modo serio, convincente, attraente, talora pure drammatizzante: accettando dunque l’idea di usarle e esserne usati, e con ciò entrando, almeno inizialmente in un rapporto di complicità con chi, figlio della ‘civiltà’ così denominata, parla soprattutto tramite quelle e da quelle è soprattutto parlato.” 
ANDREA MAMELI

20 agosto 2008

Richard Swift e la lunga indagine sulla sopravvivenza delle zanzare (L'Unione Sarda Estate Cultura, 20 agosto 2008)

zanzara

Richard Swift e la lunga indagine sulla sopravvivenza delle zanzare (L'Unione Sarda Estate Cultura, 20 agosto 2008)
Tormentano gli esseri umani da sempre poiché accompagnano il piccolo prelievo di sangue, indispensabile per il sostentamento della loro prole, con un fastidiosissimo prurito. Ma le zanzare (insetti appartenenti all'ordine dei Ditteri di cui si conoscono circa 3500 specie) possono causare danni molto peggiori: secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità "Di tutti gli insetti che trasmettono malattie, la zanzara costituisce la peggiore minaccia, dato che diffonde malaria, dengue e febbre gialla, le quali nell’insieme sono responsabili ogni anno di milioni di morti e centinaia di milioni di casi di malattia". Eppure solo negli anni Novanta dell’Ottocento la zanzara è stata identificata come fonte di malattie. Ce lo ricorda Richard Swift, giornalista del New Internationalist, nel volume Zanzara (Apogeo, 88 pagine, 8 euro).
Ci sono – spiega Swift – tre tipi principali di zanzara: Anophele, Culex e Aedes. La colpevole della trasmissione della malaria è l’Anophele. La Culex è la zanzara più comune e la meno pericolosa, anche se nelle regioni tropicali e subtropicali può portare encefaliti virali e filariasi (note come elefantiasi). Il genere Aedes può trasmettere la febbre gialla, il dengue e anche l’encefalite.
Ma non tutte le zanzare vengono per nuocere: con una lunga serie di libri, film e festival Swift scandaglia anche l’altra faccia di Culex e Anophele. È il capitolo “Le zanzare nella cultura” in cui troviamo un passo di D.H: Lawrence, dal poema The Mosquito: “Perché te ne stai su quelle lunghe zampe? Come puoi avere tanta malvagità in quel trasparente frammento fantasmatico di corpo fragile?”.
Ma è nel ricordo delle campagne antimalariche combattute a colpi di Dicloro-Difenil-Tricloroetano che Richard Swift offre il meglio del suo talento di giornalista d’inchiesta: “È innegabile che il DDT abbia salvato milioni di vite. La malaria è stata eliminata in isole come Taiwan, Sardegna e Giamaica. Entro il 1961, la malaria è stata eliminata o drasticamente diminuita in 37 Paesi. Poi sono sorti i primi dubbi e sono aumentate le prove del fatto che il DDT è quello che viene chiamato un ‘bio-accumulatore’. Più si risaliva nella catena alimentare, più si riscontrava un persistente inquinante organico (POP) nei tessuti dei pesci e dei mammiferi.” Oggi i rimedi si chiamano citronella e lotta biologica: dai crostacei alla gambusia (un piccolo pesce d'acqua dolce divoratore di larve), dal comune pipistrello (che può mangiare anche 3 mila zanzare in una notte) alle zanzare del genere Toxorhynchites, che si nutrono esclusivamente di altre zanzare. Ma Swift denuncia una forte indifferenza nei confronti di quelle aree del pianeta che convivono con queste malattie, sottolineando che rsultati enormi si otterrebbero semplicemente con l’introduzione massiccia delle zanzariere e l’eliminazione di ristagni d’acqua: “Una combinazione di educazione e nuovi metodi di costruzione può aiutare a diminuire le infezioni.”
I resti fossili di Culex risalenti all'Eocene, da 55 a 34 milioni di anni fa, testimoniano che la zanzara esiste da molto prima di noi. E forse vivrà almeno quanto noi. Se non impareremo ad amarla – è l’amara conclusione di Swift – dovremmo almeno rispettare la sua enorme capacità di adattamento. “Le zanzare si sono sempre riprese da tutti i piani umani per eliminarle. Perciò, che ci piaccia o no, dobbiamo dividere il pianeta con loro.”
ANDREA MAMELI