Sardi e iberici, stessa origine (L'Unione Sarda, Cultura, 17 gennaio 2010)
L'ipotesi rafforzata da una nuova ricerca che coinvolge studiosi toscani e dell'università di Cagliari
Sardi e iberici hanno la stessa origine? È una delle ipotesi che emergono dallo studio presentato a Cagliari il 27 novembre scorso, in occasione del congresso dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, con il titolo: «Indagine sul popolamento della Sardegna nella preistoria attraverso lo studio della variabilità morfometrica craniofacciale».
La ricerca, firmata da Giuseppe D'Amore, Silvia Di Marco e Elsa Pacciani (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Laboratorio di Archeoantropologia), Giovanni Floris e Emanuele Sanna (Università di Cagliari), mette a confronto campioni di reperti sardi del Neolitico con quelli di popolazioni europee del Paleolitico superiore e del Mesolitico. I reperti ossei che presentano maggiori similitudini con i campioni sardi provengono dalla penisola iberica: da Muge (Portogallo) e Urtiaga (territorio basco). E questo potrebbe indicare una comune origine, da un'unica popolazione ancestrale europea del Paleolitico superiore. Campioni di gruppi sardi datati dal Neolitico recente (la cosiddetta cultura Ozieri) al periodo Nuragico, sono stati confrontati con i campioni di popolazioni recenti (XIX secolo) della Sardegna e dell'Italia peninsulare, di popolazioni coeve dell'Italia centrale, e campioni portoghesi, spagnoli, francesi e italiani del Paleolitico Superiore e del Mesolitico.
Lo studio evidenzia per la prima volta, in modo documentato, la sostanziale continuità biologica tra popolazione sarda del Neolitico, Nuragici e Sardi odierni. Ma evidenzia anche altri due dati importanti: la tendenza alla differenziazione tra i gruppi sardi e quelli della penisola italiana, e la diversità biologica tra i Nuragici, gli Etruschi e le altre popolazioni italiane coeve.
All'antropologo Emanuele Sanna (autore del volume Nella Preistoria le origini dei Sardi , Cuec, 2009) abbiamo chiesto di commentare la scoperta, alla quale ha fornito un apporto determinante.
Cosa significa morfometrica craniofacciale?
«In questo studio possiamo considerarla come una delle aree di ricerca della Biologia dello scheletro. Nell'ambito della morfometria craniofacciale i singoli dati quantitativi, ottenuti a seguito dell'individuazione di appropriati punti, e la misurazione della loro distanza tramite appositi strumenti, vengono poi trattati con metodi statistici. La morfometria craniofacciale rappresenta un importante campo di ricerca finalizzabile anche alla valutazione delle affinità tra le popolazioni del passato. In altre parole la morfometrica craniofacciale si basa sulla rilevazione quantitativa dei tratti del cranio e loro trattamento statistico da cui deriva l'inferenza dei risultati, né più né meno che un approccio identico al trattamento dei dati di marcatori biologici quantitativi».
Quali significati attribuite alla vostra scoperta?
«L'ipotesi della discendenza diretta è affascinante perché risolverebbe il quesito dell'origine dei Sardi. Tuttavia, benché si rilevi un'altissima similitudine tra i reperti, considerate le date di attribuzione di questi reperti e le date sul popolamento della Sardegna derivanti da altri reperti e dall'Antropologia molecolare delle popolazioni attuali, a mio modo di vedere è più attendibile considerare una comune discendenza da una popolazione del Paleolitico superiore stanziata in una delle zone rifugio dell'Europa occidentale durante l'ultimo massimo glaciale».
Cosa ci possiamo aspettare in futuro?
«Non disperiamo che dati ulteriori, relativi a nuove scoperte consentano l'individuazione, con minori margini di dubbio, della popolazione ancestrale che ha dato origine a quella Sarda. Sarebbe interessante appurare se la popolazione sarda si possa considerare una popolazione geneticamente eterogenea, cioè con la presenza di subpopolazioni, oppure omogenea e dunque una popolazione che condivide sostanzialmente lo stesso pool genetico».
ANDREA MAMELI
Sardi e iberici hanno la stessa origine? È una delle ipotesi che emergono dallo studio presentato a Cagliari il 27 novembre scorso, in occasione del congresso dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria, con il titolo: «Indagine sul popolamento della Sardegna nella preistoria attraverso lo studio della variabilità morfometrica craniofacciale».
La ricerca, firmata da Giuseppe D'Amore, Silvia Di Marco e Elsa Pacciani (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Laboratorio di Archeoantropologia), Giovanni Floris e Emanuele Sanna (Università di Cagliari), mette a confronto campioni di reperti sardi del Neolitico con quelli di popolazioni europee del Paleolitico superiore e del Mesolitico. I reperti ossei che presentano maggiori similitudini con i campioni sardi provengono dalla penisola iberica: da Muge (Portogallo) e Urtiaga (territorio basco). E questo potrebbe indicare una comune origine, da un'unica popolazione ancestrale europea del Paleolitico superiore. Campioni di gruppi sardi datati dal Neolitico recente (la cosiddetta cultura Ozieri) al periodo Nuragico, sono stati confrontati con i campioni di popolazioni recenti (XIX secolo) della Sardegna e dell'Italia peninsulare, di popolazioni coeve dell'Italia centrale, e campioni portoghesi, spagnoli, francesi e italiani del Paleolitico Superiore e del Mesolitico.
Lo studio evidenzia per la prima volta, in modo documentato, la sostanziale continuità biologica tra popolazione sarda del Neolitico, Nuragici e Sardi odierni. Ma evidenzia anche altri due dati importanti: la tendenza alla differenziazione tra i gruppi sardi e quelli della penisola italiana, e la diversità biologica tra i Nuragici, gli Etruschi e le altre popolazioni italiane coeve.
All'antropologo Emanuele Sanna (autore del volume Nella Preistoria le origini dei Sardi , Cuec, 2009) abbiamo chiesto di commentare la scoperta, alla quale ha fornito un apporto determinante.
Cosa significa morfometrica craniofacciale?
«In questo studio possiamo considerarla come una delle aree di ricerca della Biologia dello scheletro. Nell'ambito della morfometria craniofacciale i singoli dati quantitativi, ottenuti a seguito dell'individuazione di appropriati punti, e la misurazione della loro distanza tramite appositi strumenti, vengono poi trattati con metodi statistici. La morfometria craniofacciale rappresenta un importante campo di ricerca finalizzabile anche alla valutazione delle affinità tra le popolazioni del passato. In altre parole la morfometrica craniofacciale si basa sulla rilevazione quantitativa dei tratti del cranio e loro trattamento statistico da cui deriva l'inferenza dei risultati, né più né meno che un approccio identico al trattamento dei dati di marcatori biologici quantitativi».
Quali significati attribuite alla vostra scoperta?
«L'ipotesi della discendenza diretta è affascinante perché risolverebbe il quesito dell'origine dei Sardi. Tuttavia, benché si rilevi un'altissima similitudine tra i reperti, considerate le date di attribuzione di questi reperti e le date sul popolamento della Sardegna derivanti da altri reperti e dall'Antropologia molecolare delle popolazioni attuali, a mio modo di vedere è più attendibile considerare una comune discendenza da una popolazione del Paleolitico superiore stanziata in una delle zone rifugio dell'Europa occidentale durante l'ultimo massimo glaciale».
Cosa ci possiamo aspettare in futuro?
«Non disperiamo che dati ulteriori, relativi a nuove scoperte consentano l'individuazione, con minori margini di dubbio, della popolazione ancestrale che ha dato origine a quella Sarda. Sarebbe interessante appurare se la popolazione sarda si possa considerare una popolazione geneticamente eterogenea, cioè con la presenza di subpopolazioni, oppure omogenea e dunque una popolazione che condivide sostanzialmente lo stesso pool genetico».
ANDREA MAMELI
Commenti
Detto questo, ancora una volta grazie ad Andrea Mameli che consente all'opinione pubblica sarda di venire a conoscenza di ricerche tanto interessanti quanto colpevolmente ignorate come questa.