Fotovoltaico prêt-à-porter: il laboratorio è la Sardegna (L'Unione Sarda 6 aprile 2010)

Dalla scoperta delle rivoluzionarie proprietà elettriche dei polimeri conduttori, che nel 2000 (ma risale al 1971) valse il Nobel per la Chimica a Hideki Shirakawa, Alan Heeger e Alan MacDiarmid, numerosi gruppi di ricerca cercano di dar vita alla cosiddetta elettronica di plastica. Una delle applicazioni più importanti consiste nella realizzazione di celle fotovoltaiche a base polimerica, il cui costo è nettamente inferiore rispetto a quelle al silicio, materia prima del 90% dei pannelli solari. Il limite è nel rendimento che per il fotovoltaico polimerico oggi si aggira ancora intorno al 5%, mentre con il silicio si arriva a 4-5 volte tanto. Ma queste cifre sono destinate a cambiare, seppur lentamente, grazie alla ricerca scientifica. È il caso del progetto Polyphemo, uno dei 37 selezionati dall'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) tra 234 presentati. Coordinato da Alessandro Mattoni, ricercatore dell'Istituto Officina dei Materiali del CNR nella sezione di Cagliari (Slacs), coinvolgerà altre prestigiose realtà di ricerca italiane e internazionali e attraverso il finanziamento assicurato dall'IIT sarà possibile sostenere l'attività scientifica dei giovani ricercatori: Claudio Melis, titolare di un assegno di ricerca e i dottorandi Claudia Caddeo e Luigi Bagolini. Con la speranza di poterne assumere altri.
La designazione dell'IIT rappresenta un premio alle attività di ricerca, basate sulla simulazione atomistica dei materiali complessi, condotte in collaborazione dall'Istituto IOM del CNR e dal gruppo del dipartimento di Fisica dell'Università di Cagliari, coordinato da Luciano Colombo. Ma la possibilità di realizzare celle solari polimeriche ad alta efficienza e stabilità non è solo un problema tecnologico: la ricerca condotta a Monserrato rappresenta anche una sfida teorica verso la comprensione della fisica dei polimeri e dei meccanismi di trasformazione della luce in elettricità. Il progetto Polyphemo studierà miscele di polimeri realizzate con materiali chimicamente stabili (come gli ossidi di titanio e di zinco) per migliorare la stabilità di queste celle: qui la sfida di ricerca sarà condotta alla scala dei costituenti elementari: gli atomi. Il tutto per ottenere la potenza elettrica massima possibile da questa nuove celle solari, con interessanti prospettive di sviluppo industriale. Al fisico Alessandro Mattoni abbiamo chiesto di illustrare il progetto, il cui avvio è previsto per i primi di maggio.
Cos'è la fotoconversione?
«Quando la luce solare incide su una cella fotovoltaica avviene un fenomeno simile alla pioggia che cade su un lago. Ogni goccia di luce, fotone, viene assorbita producendo uno zampillo d'acqua, stato eccitato elettronico, che corruga la superficie del fluido. Per avere fotoconversione questo zampillo deve essere recuperato, sotto forma di cariche elettriche, prima che ricada e il fluido torni in equilibrio disperdendo l'energia. Con questo progetto cercheremo di chiarire la natura di queste eccitazioni elettroniche e i meccanismi attraverso i quali possono essere raccolte all'interfaccia tra il polimero e il componente inorganico, producendo cariche elettriche e generando elettricità. L'efficienza di tali meccanismi dipende dalla natura chimica del materiale e dalla struttura alla scala atomica dell'interfaccia. Per questo i nostri studi saranno condotti sviluppando modelli teorici che partono dalla proprietà chimico-fisiche dei costituenti molecolari del materiale».
Cosa intendete scoprire?
«La nostra idea è quella di “progettare” al computer nuovi materiali. Cercheremo di aumentare anche le prestazioni e la durata nel tempo delle celle solari plastiche, contribuendo allo sviluppo di una tecnologia fotovoltaica innovativa basata su sistemi leggeri e flessibili. Le prime applicazioni sono disponibili già oggi ma in un futuro potrebbero diventare sistemi a basso costo per la produzione su larga scala di energia dal sole».
Quali laboratori avrete a disposizione?
«La fisica computazionale si avvale di supercomputer con cui le proprietà dei materiali possono essere calcolate risolvendo numericamente complessi modelli matematici. Prima ancora che il materiale vero e proprio sia sintetizzato in laboratorio è in linea di principio possibile conoscere le sue proprietà. Perché queste previsioni siano accurate servono modelli sofisticati e tempi di calcolo numerico molto lunghi. Un tipico “esperimento numerico” richiede alcuni giorni di elaborazione su centinaia di computer che calcolano in parallelo. Una tale quantità di risorse computazionali è disponibile solo nei grandi centri nazionali di supercalcolo a cui accediamo partecipando a bandi per l'assegnazione del tempo di calcolo sulla base della validità scientifica del progetto proposto. La Sardegna si è dotata di una importante infrastruttura di supercalcolo gestita dal consorzio Cybersar di cui anche questo progetto si potrà avvalere».
Quanti fondi avrete?
«Il progetto avrà a disposizione un totale di circa quattrocento mila euro da spendere in tre anni. L'IIT seguirà il progetto finanziando in più fasi previo raggiungimento degli obiettivi previsti».
La Sardegna lavora per il fotovoltaico del futuro.
«Polyphemo è l'unico progetto italiano su celle solari polimeriche finanziato dall'IIT. Ci auguriamo davvero che la nostra ricerca possa far crescere in Sardegna un importante polo di competenze sui materiali innovativi per il fotovoltaico, promuovendo la conoscenza, lo sviluppo tecnologico e l'uso della energia solare rinnovabile».
ANDREA MAMELI

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