28 gennaio 2010

L'architettura della vita spiegata dall'Evo-Devo (L'Unione Sarda, 15 febbraio 2007)

evo devo
La varietà di forme di vita diffuse sul nostro pianeta, le «infinite forme bellissime» di cui parla Charles Darwin nell'Origine delle specie, cela meccanismi estremamente complessi. In quale maniera la crescita, la funzione e le forme assunte dagli organismi viventi vengono guidate da un numero sorprendentemente piccolo di geni, che poi sono gli stessi da milioni di anni? E in quale modo uno stesso gene è in grado di dare origine a forme diverse? Per rispondere a questi intriganti interrogativi negli ultimi anni è nata una nuova branca della biologia denominata Evo-Devo, abbreviazione di Evolutionary Developmental Biology (biologia evolutiva dello sviluppo).
Gli obiettivi dell'Evo-Devo vengono spiegati con estrema chiarezza da Sean B. Carroll, professore di biologia molecolare e di genetica medica all'università del Wisconsin, nel suo libro più recente, Endless Form Most Beautiful: Infinite Forme Bellissime (tradotto in italiano da Silvia Boi, e pubblicato dalle edizioni Codice).
«La domanda dell'Evo-Devo - scrive il filosofo della scienza Telmo Pievani nella prefazione all'edizione italiana - è tanto antica quanto, ancora oggi, affascinante: come è possibile che dall'incontro di due cellule sessuali che fondono insieme i loro corredi genetici prendano avvio il processo di differenziazione dei tipi cellulari, le migrazioni coordinate di cellule, la distribuzione di tessuti e di organi, le morti cellulari selettive, la costruzione architettonica del piano corporeo che in un tempo stabilito conduce alla nascita di un individuo biologico anatomicamente completo e uguale (fatte salve le irrinunciabili unicità individuali) agli altri membri della stessa specie? E ancora, come si sono evoluti questi meccanismi ingegnosi che permettono il perpetuarsi di una specie di generazione in generazione?».
In questa chiave lo studio dell'evoluzione si porta al livello dei singoli geni e non è più vista come variazione nel tempo di fenotipo (la forma con cui il vivente si confronta con l'ambiente) e genotipo (l'insieme dei geni che guidano la costruzione del fenotipo) causata da incrocio, mutazione e selezione, ma diviene organizzazione, nel tempo, dei processi che regolano lo sviluppo dall'embrione all'adulto.
Facendo abbondante ricorso a disegni, foto e schemi descrittivi, il libro illustra i meccanismi studiati dalla biologia evolutiva dello sviluppo e quella straordinaria diversità di forme, evocata nel titolo, come le strisce della zebra, i disegni sulle ali delle farfalle, i colori dei fiori.
Il libro di Carroll, che rappresenta un brillante esempio di divulgazione scientifica di stampo anglosassone, descrive le nozioni di base dell'Evo-Devo, senza tecnicismi e con numerosi esempi concreti, (quindi può essere letto da chiunque abbia interesse per l'argomento anche se privo di conoscenze specifiche). Soprattutto, ci permette di aprire una finestra sul dopo Darwin. Ovvero sull'integrazione tra biologia dello sviluppo e biologia evoluzionistica favorita dai successi della genetica molecolare.
Negli ultimi anni la genetica molecolare ha permesso di identificare molti dei geni che controllano lo sviluppo degli organismi, come l'occhio di un animale o le ali di un insetto. «L'evoluzione - scrive ancora Carroll nel suo bel libro - consiste in gran parte nell'insegnare nuovi trucchi a vecchi geni». L'obiettivo è ambizioso, ma forse non troppo lontano: scrivere il libretto di istruzioni per il montaggio dei viventi.
Andrea Mameli
(L'Unione Sarda, Cultura, 15 febbraio 2007)

Sean B. Carroll, Endless Form Most Beautiful: Infinite Forme Bellissime, Codice Edizioni, 2006, pagine 319, euro 33.

Nanomateriali, arriva a Cagliari il progetto Seed (L'Unione Sarda, 28 gennaio 2010)

corrias seed unione sarda La crescita economica e la ricerca scientifica camminano di pari passo: le Regioni europee nelle quali le imprese effettuano i maggiori investimenti in termini di ricerca presentano generalmente i tassi di occupazione più elevati. D'altro canto la stessa conoscenza scientifica spesso si traduce in occasioni di sviluppo: la spesa in ricerca di un Paese è direttamente proporzionale al suo livello di produttività. Per questa ragione la Fondazione IIT di Genova (Istituto Italiano di Tecnologia) ha varato un importante progetto di finanziamento di attività di ricerca svolte in ambito nazionale e denominato Seed. La commissione scientifica ha scelto 37 progetti da finanziare, su un totale di 234 presentati entro il luglio scorso, nei settori scientifici in cui è attivo lo stesso IIT: robotica, nano-tecnologie, ambiente, energia, salute, nuovi materiali e neuroscienze.
Tra i beneficiari del finanziamento compare anche Anna Corrias, professore associato di chimica fisica al dipartimento di Scienze Chimiche dell'Università di Cagliari: l'IIT finanzierà il progetto con 645 mila euro, ripartiti in tre anni. Le ricerche riguarderanno nanocompositi da utilizzare in processi catalitici per la produzione di nanotubi di carbonio e saranno condotte all'interno del gruppo di ricerca "Materiali Funzionali" diretto dalla stessa Corrias e composto da Maria Francesca Casula, Daniela Carta e Danilo Loche. Abbiamo chiesto a Anna Corrias di spiegare il significato del progetto, denominato “Highly Porous NANOcomposites for CATalysis”.
Cosa sono i materiali porosi?
«Quelli di cui ci occupiamo noi, chiamati aerogel, sono costituiti da uno scheletro solido di silice molto leggero, assimilabile ad una "spugna", che lascia al suo interno una larga parte di spazio vuoto. Il nostro gruppo di ricerca ha sviluppato in questi ultimi anni dei metodi di sintesi che permettono di inserire nanoparticelle di metalli o ossidi all'interno della "spugna" di silice. I materiali risultanti sono dei nanocompositi altamente porosi estremamente promettenti come catalizzatori. I nostri materiali saranno usati per catalizzare reazioni chimiche coinvolte nel funzionamento di celle a combustibile e nella produzione di nanotubi di carbonio a costi contenuti».
Perché i nanomateriali sono importanti?
«I nanomateriali, con le loro dimensioni dell'ordine di qualche milionesimo di millimetro, possono essere utilizzati in campi dove i corrispondenti materiali massivi non sarebbero impiegabili, dalla nanobiomedicina alla magneto-ottica. Le peculiari caratteristiche dei nanocompositi prodotti nei nostri laboratori sono dovute alla coesistenza dei due componenti di cui sono costituiti: la matrice, la "spugna", e le nanoparticelle in essa ospitate. L'estesa porosità della silice e l'elevata reattività della superficie delle nanoparticelle garantiscono ottime prestazioni catalitiche dei nanomateriali».
In che senso lo studio riguarda anche reazioni di interesse energetico?
«Tra le varie applicazioni dei nanotubi di carbonio possiamo annoverare la capacità di immagazzinare idrogeno. Inoltre ci aspettiamo che i nanocompositi da noi preparati possano migliorare l'efficienza delle celle a combustibile, dispositivi efficaci nella conversione di energia caratterizzati da bassa emissione di inquinanti ma dai costi attualmente ancora elevati».
ANDREA MAMELI

27 gennaio 2010

Nuova scoperta sulle cause di aritmie cardiache

cuore Le anomalie nell'attività elettrica del cuore, classificate generalmente come "infarto", sono considerate tra le principali cause di morte entro i primi 40 anni di vita. In realtà molti di questi casi sono da classificare come "sindrome del QT lungo" e "sindrome del QT corto". I nomi derivano dalla distanza, nel tracciato dell'elettrocardiogramma, tra i punto denominati Q e T. La distanza tra i due punti, ovvero l'intervallo QT, corrisponde al periodo di tempo necessario alla ripolarizzazione, cioè a quella che possiamo chiamare "ricarica" delle cellule cardiache, dopo ogni battito. In altre parole il cuore dei soggetti con "sindrome del QT lungo" e "sindrome del QT corto" ha bisogno rispettivamente di tempi più lunghi e più corti per "ricaricarsi" rispetto al cuore di un individuo normale e l'effetto di queste anomalie può dare luogo a quella che viene chiamata "morte cardiaca improvvisa".
Il 22 marzo 2009 la rivista Nature Genetics pubblicava uno studio internazionale firmato, tra gli altri, da ricercatori dell'Istituto di Neurogenetica e Neurofarmacologia di Cagliari (INN-CNR) basato sull'analisi dell'intero genoma di 15.842 individui, che stabiliva la responsabilità del gene NOS1AP nella variazione dell'intervallo QT e portava all'identificazione di nove nuovi geni coinvolti. Il 10 gennaio 2010 Nature Genetics pubblica online un articolo, che verrà incluso nell'edizione stampata di febbraio, dedicato ai risultati di uno studio su un altro intervallo del ciclo cardiaco (intervallo PR) che misura la velocità di conduzione elettrica nel nodo atrio-ventricolare. Analogamente al QT anche l'intervallo PR ha notevoli implicazioni nella predizione di patologie cardiache: il suo prolungamento può essere associato alla fibrillazione atriale e ancora una volta alla morte improvvisa. Lo studio ha coinvolto 65 ricercatori di 48 centri di ricerca internazionali e oltre 28.000 volontari, coordinati dal consorzio internazionale Charge, al cui interno opera anche il progetto ProgeNIA dell'INN-CNR, il cui apporto si basa sull'analisi dell’intero genoma di oltre 4.000 volontari residenti in Ogliastra. Lo studio dell'intervallo PR ha implicazioni significative sul piano sanitario dato che il 10% degli italiani sopra i 70 anni è colpito da fibrillazione atriale e sono sempre più numerosi i giovani minacciati da questa patologia.
A Serena Sanna, ricercatrice (precaria) del progetto ProgeNIA-SardiNIA dell'INN-CNR di Cagliari, e coautrice di entrambe le pubblicazioni, abbiamo chiesto di spiegare il significato e le prospettive di questa nuova scoperta. "Con questi studi sull'intervallo QT e sull'intervallo PR-spiega Serena Sanna-aggiungiamo solo qualche tassello al puzzle che la scienza genetica medica cerca di costruire. Anche questa volta abbiamo individuato solo alcune delle basi genetiche di questa patologia".
Cosa avete scoperto esattamente?"Nove geni che predispongono alle alterazioni dell'intervallo PR, un parametro dell'elettrocardiogramma che misura la velocità di conduzione elettrica nel nodo atrio-ventricolare, fondamentale per la diagnosi precoce di morti premature e della forma più comune di aritmia: la fibrillazione atriale. Sei di questi geni hanno funzioni importanti nello sviluppo dell'apparato cardiaco umano e per questa ragione i portatori di mutazioni che rendono il gene difettoso possono manifestare malformazioni del setto atriale o della giunzione atrioventricolare. In particolare quattro di queste nove varianti del DNA aumentano in maniera diretta il rischio di fibrillazione atriale".
Cosa resta da scoprire?"Bisogna individuare le altre basi genetiche che agiscono sull'intervallo PR e capire come lo fanno da un punto di vista biologico. Stiamo conducendo un'analisi genomica che coinvolge 50 mila individui per l'intervallo QT e altrettanti per l'intervallo PR con la quale dovremo riuscire a identificare nuovi geni responsabili di aritmie. All'interno del consorzio Charge alcuni ricercatori si stanno già interessando al meccanismo biologico con cui questi geni descritti nell'articolo del 10 gennaio 2010 agiscono nel prolungare l'intervallo PR. Quando si conosceranno tutti i tasselli si potrà parlare seriamente di terapie farmacologiche e di prevenzione".
Andrea Mameli

Genome-wide association study of PR interval Nature Genetics 42, 153 - 159 (2010)
Published online: 10 January 2010. Arne Pfeufer et al

Informazione Opensource (Cagliari 6 febbraio 2010)

Appuntamento sabato 6 febbraio 2010 (Sala Cosseddu, Casa dello Studente, via Trentino, Cagliari) alle 16 e 30.
Coordina: Vito Biolchini.
Intervengono: Glauco Benigni (Glaucobenigni channel youtube), Federica Sgaggio (Due colonne taglio basso), Felice Capretta (Informazione Scorretta), Michela Murgia (Il sito di Michela Murgia), Miguel Martinez (Kelebek), Pino Cabras (Megachip), Uto Pio (Uto Upim), Claudia Zuncheddu (blog)

24 gennaio 2010

Intelligenza artificiale. Due guide sarde per trovare i sentieri (L'Unione Sarda, 24 gennaio 2010)

due sardi al Javaday Ci saranno anche due sardi, sabato 30 gennaio, al Javaday Roma, l'evento dedicato a ricercatori, studenti, esperti e semplici appassionati del linguaggio di programmazione Java. Il titolo della manifestazione è “Un giorno in un altro universo” e per i non addetti ai lavori lo sarà davvero. A partire dalla terminologia: Stefano Sanna interverrà, insieme al collega Emanuele Di Saverio, con un seminario sul tema “Android Bluetooth Hacking” dedicato all'impiego della tecnologia Bluetooth per la comunicazione senza fili in ambiente Android, con incursioni nel mondo della robotica, mentre Massimiliano Dessì illustrerà il funzionamento di "Spring ROO e dell'add-on Alfresco SpringSurf".
Nel 2004 Dessì ha scritto il primo articolo in italiano sull'impiego di questa tecnologia in ambito web e dopo due mesi è stato contattato da una società del gruppo IBM per tenere un corso ai loro architetti software, successivamente ha fondato lo Spring Italian User Group, uno dei primi al mondo. Da aprile 2009 è presidente del Java User Group Sardegna Onlus, di professione fa il "software architect/developer", studia Ingegneria Informatica al Politecnico di Torino e divide il tempo libero fra i suoi tre figli e il volontariato informatico, essendo impegnato nella creazione di un sistema per facilitare i contatti con i donatori di sangue via sms: «La versione web - spiega Dessì - permette di aggiungere altre modalità per contattare i donatori e sopratutto per fornire molti più strumenti ai centri di raccolta che non hanno molti mezzi tecnologici per svolgere il loro lavoro».
Ma Dessì recentemente ha anche pubblicato un libro dedicato alla “Programmazione orientata agli Aspetti” con un editore estero (Packtpub) e sta riscuotendo un discreto successo internazionale nel suo ambito professionale: «Alcuni dei recensori, da diverse parti del mondo - spiega Dessì - sono rimasti colpiti nel trovare proprio tutti i casi d'uso che normalmente si trovano sparsi in più libri e quasi mai con gli esempi pratici con tanto di output del risultato. Ad altri è piaciuto il taglio semplice e pratico che permette di utilizzarlo come una reference nel lavoro di tutti i giorni.»
Cosa è la programmazione ad aspetti?«Con una metafora direi che è come quando entri in una stanza al buio e devi premere un pulsante per accendere la luce e un altro per spegnerla: ti servono degli interruttori per comunicare all'impianto elettrico le tue intenzioni, sia che tu abbia un monolocale sia che abbia un grattacielo. Con la programmazione ad aspetti tu daresti due regole ad una centralina: “Ogni volta che qualcuno entra in una stanza accendi la luce”, e: “Ogni volta che qualcuno esce da una stanza spegni la luce”. Stai risparmiando sugli interruttori e stai soprattutto evitando che qualche interruttore sia difettoso o montato male, perché se c'è un problema o un errore può essere solo nella centralina.»
Quanto tempo è servito per scriverlo?«Dopo che l'editore mi ha chiesto un libro di 320 pagine ho dovuto studiare molto. L'intero lavoro è durato nove mesi, tre mesi e mezzo per la prima scrittura dell'intero libro e cinque mesi e mezzo di revisioni, riletture e correzioni; oltre a Stefano Sanna che è stato il mio revisore principale, ci sono stati anche altri quattro revisori americani e indiani».
ANDREA MAMELI