Consumare meno e vivere felici (Pietro Greco, “L'Unità”, 28 marzo 2011)
L’uomo a impatto zero è certo un’utopia. Per il solo fatto di vivere, sette miliardi di persone esercitano una pressione sull’ambiente e lo modificano. Ma questa pressione può essere resa minima, imparando a consumare meglio. Come ci propone Andrea Mameli nel suo agile Manuale di sopravvivenza energetica, che la casa editrice Scienza Express sta portando in questi giorni in libreria. Il manuale si iscrive in quel filone teorico dell’economia ecologica chiamato della «decrescita felice» che ha nel francese Serge Latouche e nell’italiano Maurizio Pallante due tra i primi e più convinti sostenitori. E, infatti, proprio Maurizio Pallante ha scritto la prefazione per il gioioso ma rigoroso manuale di Andrea Mameli.
Mille sono i modi per consumare meglio (e vivere felici). Ma il principale è: consumare meno.
Risparmiare è di gran lunga la maniera più efficace per minimizzare l’impatto umano sull’ambiente.
Ma, contrariamente a quanto si crede, per risparmiare e vivere felici non occorrono meno scienza e meno tecnologia. Al contrario, ne occorrono di più. Il bello è che, utilizzando le migliori tecnologie già esistenti, come ci invita a fare Andrea Mameli, potremmo già risparmiare un bel po’ di energia in ciascuno dei tre settori dove ne consumiamo di più: nel sistema produttivo, nel sistema dei trasporti, nella climatizzazione di case e uffici. Le imprese, per esempio, possono abbattere l’intensità energetica per le loro produzioni. Grazie all’innovazione tecnologica, in Cina l’energia necessaria a licenziare il medesimo prodotto è stata abbattuta, in media, del 19% negli ultimi 5 anni. A causa della mancata innovazione tecnologica l’Italia che, fino a una ventina di anni fa, era prima in Europa per intensità energetica oggi si ritrova scavalcata da quasi tutti i paesi dell’Unione.
Grazie alle nuove conoscenze scientifiche e all’alta tecnologia la Germania ha potuto elaborare una legge che impone alle casi di contenere i consumi entro i 70 chilowattora per metro quadro l’anno, meno della metà dell’energia impiegata per riscaldare e raffreddare le nostre italiche dimore.
Con un utilizzo accorto delle conoscenze scientifiche e un impiego di tecnologie innovative, Greenpeace ha messo a punto auto capaci di effettuare fino a 120 chilometri con un litro: almeno sei volte più efficiente delle utilitarie che guidiamo.
Molti analisti sostengono che utilizzando le tecnologie innovative già esistenti potremmo risparmiare oltre il 30% dell’energia che consumiamo. Attenzione al «paradosso di Jevons», ci hanno avvertito di recente la rivista inglese Nature e gli analisti del Breakthrough Institute di Oakland, in California. Il minor consumo per unità di prodotto abbatte anche i costi e invita a consumare di più. Con il risultato, paradossale appunto, che l’efficienza energetica può trasformarsi in un boomerang ambientale. A meno che non impariamo tutti a consumare meglio. Per farlo e per continuare a vivere felici (ovvero aumentare e non diminuire il benessere e l’equità sociale) occorre però modificare il modello di sviluppo. Passando da un modello fondato sul consumo individuale dei beni a quello fondato sull’utilizzo di «beni comuni».
Mille sono i modi per consumare meglio (e vivere felici). Ma il principale è: consumare meno.
Risparmiare è di gran lunga la maniera più efficace per minimizzare l’impatto umano sull’ambiente.
Ma, contrariamente a quanto si crede, per risparmiare e vivere felici non occorrono meno scienza e meno tecnologia. Al contrario, ne occorrono di più. Il bello è che, utilizzando le migliori tecnologie già esistenti, come ci invita a fare Andrea Mameli, potremmo già risparmiare un bel po’ di energia in ciascuno dei tre settori dove ne consumiamo di più: nel sistema produttivo, nel sistema dei trasporti, nella climatizzazione di case e uffici. Le imprese, per esempio, possono abbattere l’intensità energetica per le loro produzioni. Grazie all’innovazione tecnologica, in Cina l’energia necessaria a licenziare il medesimo prodotto è stata abbattuta, in media, del 19% negli ultimi 5 anni. A causa della mancata innovazione tecnologica l’Italia che, fino a una ventina di anni fa, era prima in Europa per intensità energetica oggi si ritrova scavalcata da quasi tutti i paesi dell’Unione.
Grazie alle nuove conoscenze scientifiche e all’alta tecnologia la Germania ha potuto elaborare una legge che impone alle casi di contenere i consumi entro i 70 chilowattora per metro quadro l’anno, meno della metà dell’energia impiegata per riscaldare e raffreddare le nostre italiche dimore.
Con un utilizzo accorto delle conoscenze scientifiche e un impiego di tecnologie innovative, Greenpeace ha messo a punto auto capaci di effettuare fino a 120 chilometri con un litro: almeno sei volte più efficiente delle utilitarie che guidiamo.
Molti analisti sostengono che utilizzando le tecnologie innovative già esistenti potremmo risparmiare oltre il 30% dell’energia che consumiamo. Attenzione al «paradosso di Jevons», ci hanno avvertito di recente la rivista inglese Nature e gli analisti del Breakthrough Institute di Oakland, in California. Il minor consumo per unità di prodotto abbatte anche i costi e invita a consumare di più. Con il risultato, paradossale appunto, che l’efficienza energetica può trasformarsi in un boomerang ambientale. A meno che non impariamo tutti a consumare meglio. Per farlo e per continuare a vivere felici (ovvero aumentare e non diminuire il benessere e l’equità sociale) occorre però modificare il modello di sviluppo. Passando da un modello fondato sul consumo individuale dei beni a quello fondato sull’utilizzo di «beni comuni».
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