Nella Grotta di Solinas i fossili del pensiero umano (L'Unione Sarda, 2 marzo 2011)
«Sui resti di Gipeto e Avvoltoio Monaco evidenti i tagli lasciati da utensili di pietra». I neandertaliani e la “capacità artigianale”. Marco Peresani spiega la scoperta di Fumane
La scoperta della Grotta di Fumane è di quelle che lasciano il segno: da uno strato risalente a 44 mila anni fa affiorano tracce che indicano chiaramente l'adozione da parte di individui Homo neandertalensis di ornamenti che finora si ritenevano in uso solo ai Sapiens. Ciò significa che il pensiero astratto, a cui sono riconducibili le massime espressioni culturali umane, ovvero l'arte e la scienza, non era solo appannaggio dei Sapiens, ma ha albergato anche nei nostri “concorrenti evolutivi”: i Neanderthal.
Questo importante sito archeologico, precedentemente noto con il nome di “Riparo Solinas” dal nome di uno dei primi scopritori, l'archeologo di origine sarda Giovanni Solinas, e oggi conosciuto come Grotta di Fumane, in provincia di Verona, rivelò l'esistenza di un groviglio di cavità quasi del tutto riempite dei detriti di un corpo di frana, rimosso in vari momenti dopo il 1995. Sotto questi detriti affiorano ora i resti degli abitati dei gruppi di cacciatori neandertaliani e dei primi Sapiens, tutti in ottimo stato di conservazione.
Un sito ben noto a Marco Peresani, coordinatore della ricerca svolta all'Università di Ferrara e pubblicata il 22 febbraio nella rivista PNAS (Proceedings of National Academy of Sciences).
Cosa avete scoperto?
«Ossa di uccelli in ottimo stato di conservazione. Ciò ha permesso di effettuarne la determinazione tassonomica, attribuendo la maggior parte dei reperti al genere o alla specie di uccello e individuare, così anche quelli riferibili a grandi rapaci come il Gipeto e l'Avvoltoio Monaco. Ma la scoperta più importante è stata riconoscere i classici tagli lasciati dai coltelli di pietra che, in questo caso, erano stati utilizzati per distaccare le lunghe penne remiganti. Altri uccelli venivano, per così dire “spennati”, come il Falco cuculo, il Gracchio alpino e il Colombaccio».
Ora dovremo retrodatare la comparsa del pensiero astratto nella storia evolutiva umana?
«Sicuramente. Anzi, bisognerà aggiornare la nostra immagine del Neandertal. Tuttavia, se è vero che Fumane marca la più antica testimonianza al mondo dell'uso delle penne come elementi ornamentali, voglio ricordare che in altri siti europei il Neandertal faceva uso di coloranti per l'ornamento del corpo, ma che in Sud Africa e nel vicino Oriente l'emergenza del comportamento simbolico avviene tra i Sapiens, diverse migliaia di anni prima, come testimoniato da conchiglie forate e rocce coloranti».
La reale capacità di espressione simbolica nei neandertaliani ha alimentato un acceso dibattito nella comunità scientifica. La Grotta di Fumane rappresenta già uno spartiacque in tal senso?
«Da decine di anni gli archeologi e gli antropologi ne discutono incontrandosi almeno un paio di volte all'anno oppure dibattendo nella scena internazionale, parteggiando per ipotesi estremamente contrastanti: imitazione? Modernizzazione indipendente? Scambio di oggetti? Ipotesi spesso basate su testimonianze archeologiche poco affidabili, incerte, mal documentate. Fumane non conosce questi problemi. Gli strati sono bene visibili, i reperti sono rimasti al loro posto da decine di migliaia di anni, le superfici delle ossa raccontano un'enormità di cose quando osservate al microscopio. Lo spartiacque sta nel poter sostenere con sicurezza le nostre ipotesi e nell'aprire un'enorme finestra sulla ricerca scientifica».
Semplifichiamo troppo se affermiamo che i Neandertaliani non erano poi così diversi da noi? Quali differenze siamo in grado di rilevare attualmente?
«Il problema è capire quanto sia ampia questa distanza comportamentale e cognitiva tra noi e i Neandertal. Alcuni sostengono che sia nulla, altri notevole. Di certo è che Sapiens, forse anche forte di una maggiore densità demografica o forse di un diverso grado di mobilità, lascia molte testimonianze del suo passaggio e queste testmonianze sono molto vicine al nostro modo di concepire un tipo di vita “moderno”, per quanto primitivo esso sia. Lo si evince dall'organizzazione degli accampamenti, dall'allargamento della dieta, dall'arte e dall'ornamento, nonché da tutte le forme di tecnologia applicata: pietra scheggiata, osso, ecc. Tutte cose che, tuttavia, il Neandertal, se escludiamo l'arte, aveva inventano poche migliaia di anni prima di scomparire».
Chi era Giovanni Solinas e che ruolo ha avuto nello scoperchiare la pentola della storia in quel particolare sito archeologico?
«Era un notevole ricercatore, dotato di un fiuto sopraffino per comprendere la preistoria, la localizzazione dei siti più importanti nei Monti di Verona. Gli dobbiamo grande riconoscenza».
Merita un approfondimento anche la partecipazione delle autorità e degli enti locali.
«Per me è sempre grande motivo di commozione poter restituire alle comunità locali, che si sono adoperate a diverso titolo nel sostenere le nostre ricerche, un patrimonio così ricco. Ricordo il supporto più che ventennale del Comune di Fumane, della Comunità Montana della Lessinia, del Parco naturale regionale della Lessinia, della Regione del Veneto e della Fondazione Cariverona. Le reazioni, dopo tanti anni di investimento, non possono essere che positivamente unanimi».
ANDREA MAMELI
L'Unione Sarda, Cultura, 2 marzo 2011
La scoperta della Grotta di Fumane è di quelle che lasciano il segno: da uno strato risalente a 44 mila anni fa affiorano tracce che indicano chiaramente l'adozione da parte di individui Homo neandertalensis di ornamenti che finora si ritenevano in uso solo ai Sapiens. Ciò significa che il pensiero astratto, a cui sono riconducibili le massime espressioni culturali umane, ovvero l'arte e la scienza, non era solo appannaggio dei Sapiens, ma ha albergato anche nei nostri “concorrenti evolutivi”: i Neanderthal.
Questo importante sito archeologico, precedentemente noto con il nome di “Riparo Solinas” dal nome di uno dei primi scopritori, l'archeologo di origine sarda Giovanni Solinas, e oggi conosciuto come Grotta di Fumane, in provincia di Verona, rivelò l'esistenza di un groviglio di cavità quasi del tutto riempite dei detriti di un corpo di frana, rimosso in vari momenti dopo il 1995. Sotto questi detriti affiorano ora i resti degli abitati dei gruppi di cacciatori neandertaliani e dei primi Sapiens, tutti in ottimo stato di conservazione.
Un sito ben noto a Marco Peresani, coordinatore della ricerca svolta all'Università di Ferrara e pubblicata il 22 febbraio nella rivista PNAS (Proceedings of National Academy of Sciences).
Cosa avete scoperto?
«Ossa di uccelli in ottimo stato di conservazione. Ciò ha permesso di effettuarne la determinazione tassonomica, attribuendo la maggior parte dei reperti al genere o alla specie di uccello e individuare, così anche quelli riferibili a grandi rapaci come il Gipeto e l'Avvoltoio Monaco. Ma la scoperta più importante è stata riconoscere i classici tagli lasciati dai coltelli di pietra che, in questo caso, erano stati utilizzati per distaccare le lunghe penne remiganti. Altri uccelli venivano, per così dire “spennati”, come il Falco cuculo, il Gracchio alpino e il Colombaccio».
Ora dovremo retrodatare la comparsa del pensiero astratto nella storia evolutiva umana?
«Sicuramente. Anzi, bisognerà aggiornare la nostra immagine del Neandertal. Tuttavia, se è vero che Fumane marca la più antica testimonianza al mondo dell'uso delle penne come elementi ornamentali, voglio ricordare che in altri siti europei il Neandertal faceva uso di coloranti per l'ornamento del corpo, ma che in Sud Africa e nel vicino Oriente l'emergenza del comportamento simbolico avviene tra i Sapiens, diverse migliaia di anni prima, come testimoniato da conchiglie forate e rocce coloranti».
La reale capacità di espressione simbolica nei neandertaliani ha alimentato un acceso dibattito nella comunità scientifica. La Grotta di Fumane rappresenta già uno spartiacque in tal senso?
«Da decine di anni gli archeologi e gli antropologi ne discutono incontrandosi almeno un paio di volte all'anno oppure dibattendo nella scena internazionale, parteggiando per ipotesi estremamente contrastanti: imitazione? Modernizzazione indipendente? Scambio di oggetti? Ipotesi spesso basate su testimonianze archeologiche poco affidabili, incerte, mal documentate. Fumane non conosce questi problemi. Gli strati sono bene visibili, i reperti sono rimasti al loro posto da decine di migliaia di anni, le superfici delle ossa raccontano un'enormità di cose quando osservate al microscopio. Lo spartiacque sta nel poter sostenere con sicurezza le nostre ipotesi e nell'aprire un'enorme finestra sulla ricerca scientifica».
Semplifichiamo troppo se affermiamo che i Neandertaliani non erano poi così diversi da noi? Quali differenze siamo in grado di rilevare attualmente?
«Il problema è capire quanto sia ampia questa distanza comportamentale e cognitiva tra noi e i Neandertal. Alcuni sostengono che sia nulla, altri notevole. Di certo è che Sapiens, forse anche forte di una maggiore densità demografica o forse di un diverso grado di mobilità, lascia molte testimonianze del suo passaggio e queste testmonianze sono molto vicine al nostro modo di concepire un tipo di vita “moderno”, per quanto primitivo esso sia. Lo si evince dall'organizzazione degli accampamenti, dall'allargamento della dieta, dall'arte e dall'ornamento, nonché da tutte le forme di tecnologia applicata: pietra scheggiata, osso, ecc. Tutte cose che, tuttavia, il Neandertal, se escludiamo l'arte, aveva inventano poche migliaia di anni prima di scomparire».
Chi era Giovanni Solinas e che ruolo ha avuto nello scoperchiare la pentola della storia in quel particolare sito archeologico?
«Era un notevole ricercatore, dotato di un fiuto sopraffino per comprendere la preistoria, la localizzazione dei siti più importanti nei Monti di Verona. Gli dobbiamo grande riconoscenza».
Merita un approfondimento anche la partecipazione delle autorità e degli enti locali.
«Per me è sempre grande motivo di commozione poter restituire alle comunità locali, che si sono adoperate a diverso titolo nel sostenere le nostre ricerche, un patrimonio così ricco. Ricordo il supporto più che ventennale del Comune di Fumane, della Comunità Montana della Lessinia, del Parco naturale regionale della Lessinia, della Regione del Veneto e della Fondazione Cariverona. Le reazioni, dopo tanti anni di investimento, non possono essere che positivamente unanimi».
ANDREA MAMELI
L'Unione Sarda, Cultura, 2 marzo 2011
Commenti
Si è accertato che il Bonobo, primate più simile a noi non ha lo stimolo alle transazioni e di conseguenza al possesso di cose.
Concludo dicendo che il "baratto" fù la molla propulsiva che diede iniziazione alla nostra evoluzione che ci portò fino ai giorni nostri.
Seguite in www.facebook.com/giossone34 questa mia teoria.