Fenomenologia dello sbadiglio: su PlosONE una ricerca UniPi-CNR

Lo sbadiglio di Joseph Ducreux (autoritratto, 1783) Lo sbadiglio è contagioso? Non sempre: uno studio dell’Università di Pisa e dell’Istc-CNR, pubblicato su PlosONE, dimostra che il fenomeno è più rapido e frequente tra persone con un legame empatico: amici, parenti stretti, coppie.
L'analisi del contagio emotivo è stata condotta da Elisabetta Palagi e Ivan Norscia (Università di Pisa, Museo di storia naturale e del territorio e Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del CNR di Roma).
Secondo Elisabetta Palagi: “Lo sbadiglio spontaneo, non sollecitato da altri sbadigli, è un comportamento evolutivamente molto antico, presente già nei pesci ossei che popolano il nostro pianeta da almeno 200 milioni di anni. A seconda del gruppo animale nel quale si ritrova, può indicare stress, noia, stanchezza o segnalare un cambio di attività, ad esempio dal sonno alla veglia e viceversa, mentre lo sbadiglio ‘contagioso’ è un fenomeno completamente diverso, più ‘moderno’, dimostrato finora solo in alcune scimmie (scimpanzè e babbuini gelada) e nell’uomo e ipotizzato anche per animali con capacità cognitive e affettive sviluppate come il cane. Nell’essere umano normalmente lo sbadiglio può essere evocato da un altro sbadiglio entro 5 minuti”.
Lo studio si fonda su una rigorosa raccolta di dati etologici, effettuata nel corso di un anno su più di 100 adulti e corrispondenti a oltre 400 coppie di ‘sbadiglianti’, osservati nei contesti più disparati: a tavola, in treno, al lavoro. Le osservazioni, svolte in Italia e in Madagascar, hanno coinvolto coppie, persone tra loro sconosciute, conoscenti che si frequentano solo perché uniti da un terzo amico comune, amici che si frequentano per scelta, parenti stretti (nonni/nipoti, genitori/figli, fratelli e compagni di vita).
“Un’analisi statistica - sottolinea Ivan Norscia - basata su modelli lineari misti (Lmm, Glmm) ha rivelato che la presenza e la frequenza di contagio non è influenzata da differenze di contesto sociale o dalle modalità di percezione (sentire uno sbadiglio evoca una risposta tanto quanto vederlo, o vederlo e sentirlo), né da differenze di età, di genere o di nazionalità”, “Ciò che influenza il contagio è la qualità della relazione che lega chi sbadiglia e chi ‘riceve’. È più probabile che una persona ‘ricambi’ se ad aver sbadigliato è una persona amata. Lo studio rivela un trend preciso: il contagio è massimo tra familiari o coppie e diminuisce progressivamente tra amici, conoscenti e sconosciuti, in cui è minimo. Anche la latenza di risposta, cioè il tempo di reazione, è minore in familiari, amanti e amici rispetto a conoscenti o sconosciuti”.
Elisabetta Visalberghi (coordinatrice dell'Unità di primatologia cognitiva, Istc-CNR) aggiunge, in favore di questa ipotesi, anche dati neurobiologici: “Esistono studi che mostrano come le zone del cervello che si attivano durante la percezione di uno sbadiglio altrui sono in parte sovrapposte a quelle legate alla sfera emotiva. Possiamo quindi dire che lo sbadiglio può essere indice non solo di noia, ma di empatia".

Yawn Contagion and Empathy in Homo sapiens
Ivan Norscia (Centro Interdipartimentale Museo di Storia Naturale e del Territorio, Università di Pisa, Calci, Pisa, Italy)
Elisabetta Palagi (Unità di Primatologia Cognitiva, ISTC-CNR, Roma, Italy)
Abstract
The ability to share others' emotions, or empathy, is crucial for complex social interactions. Clinical, psychological, and neurobiological clues suggest a link between yawn contagion and empathy in humans (Homo sapiens). However, no behavioral evidence has been provided so far. We tested the effect of different variables (e.g., country of origin, sex, yawn characteristics) on yawn contagion by running mixed models applied to observational data collected over 1 year on adult (>16 years old) human subjects. Only social bonding predicted the occurrence, frequency, and latency of yawn contagion. As with other measures of empathy, the rate of contagion was greatest in response to kin, then friends, then acquaintances, and lastly strangers. Related individuals (r≥0.25) showed the greatest contagion, in terms of both occurrence of yawning and frequency of yawns. Strangers and acquaintances showed a longer delay in the yawn response (latency) compared to friends and kin. This outcome suggests that the neuronal activation magnitude related to yawn contagion can differ as a function of subject familiarity. In conclusion, our results demonstrate that yawn contagion is primarily driven by the emotional closeness between individuals and not by other variables, such as gender and nationality.

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