31 marzo 2012

Neutrini e velocità della luce: il fisico sfiduciato si dimette (L'Unione Sarda, Cultura, 31 marzo 2012)

Il difficile è cercare di immaginare qualcosa che a nessuno è mai venuto in mente, che sia in accordo in ogni dettaglio con quanto già si conosce, ma sia diverso; e sia inoltre ben definito, e non una vaga affermazione. (Richard Feynman)
Il clamore mediatico suscitato dal presunto superamento della velocità della luce aveva generato, nel settembre scorso, le più varie reazioni. Come se d'un tratto tutti fossero diventati esperti di fisica delle particelle. Gli unici a raccomandare cautela erano sono stati i veri esperti, a partire proprio dai ricercatori della collaborazione internazionale Opera, guidati dal fisico Antonio Ereditato. Il 22 febbraio è stato lo stesso gruppo di ricerca a scoprire un errore dovuto a piccole ma importanti anomalie negli strumenti di misura. Poi sono arrivati i risulati degli esperimenti Icarus, diretto dal Nobel per la fisica Carlo Rubbia, e Lvd, coordinato dal fisico Antonino Zichichi. In definitiva i neutrini provenienti dal Cern sarebbero non sarebbero affatto giunti nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso 60 nanosecondi prima rispetto alle particelle che viaggiano alla velocità della luce. Oggi la decisione di Antonio Ereditato di dimettersi da coordinatore dell'esperimento Opera.
Con una lettera scritta ieri da Berna e pubblicata nel portale della rivista “Le Scienze” Ereditato scrive: «Si è parlato di 'errorì, 'sbaglì, 'flop', ma in realtà si trattava della normale procedura scientifica propria di un lavoro sperimentale. Tra le molte potenziali cause di errore qualcosa era sfuggito agli sperimentatori, manifestazione questa della non infallibilità dello scienziato e delle sue ineludibili limitazioni. Ma tutto ciò rientra naturalmente nei canoni del processo scientifico. La scienza avanza in una terra incognita spesso con due passi avanti e uno indietro, correggendosi e imparando dagli errori, del tutto fisiologici nel suo progredire complessivo».
In realtà la decisione di Ereditato non è nata come conseguenza del clamore mediatico, che non ha evidentemente i tempi della scienza, ma all'interno del suo gruppo di ricerca: «Dal mio punto di vista ho fatto il possibile per ammortizzare le tensioni interne nella mia qualità di coordinatore del progetto. Tuttavia, quando ho verificato che esse avevano superato il livello di guardia, e si erano materializzate in critiche esplicite, ho ritenuto opportuno offrire le mie dimissioni nell'ottica di favorire un nuovo e più diffuso consenso. Tengo solo a precisare che il mio gesto non è da considerare come una debolezza o un ritirarsi di fronte alle difficoltà. La collaborazione OPERA ha sempre agito nel pieno rispetto del rigore scientifico, sia nell'annunciare risultati, sia nel produrne spiegazioni».
«È stata una vicenda molto sofferta – è il commento della direttrice dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso, Lucia Votano – adesso è chiaro che l’errore c’è stato, si è capito che quella misura aveva avuto dei problemi e le cose sono rientrare».
Ma vediamo meglio in cosa consistono i due esperimenti che hanno confermato l'inattendibilità delle misure di velocità rese note sei mesi fa. Il 16 marzo l'esperimento Icarus (Imaging Cosmic and Rare Underground Signals) coordinato da Carlo Rubbia, ha misurato il tempo di percorrenza dei neutrini fornendo un risultato «compatibile con l'arrivo simultaneo di tutti gli eventi con una stessa velocità, quella della luce». Il 28 marzo l'esperimento Lvd (Large Volume Detector) coordinato da Antonino Zichichi conferma il guasto negli strumenti di misura di Opera: si scopre un cambiamento nei tempi di percorrenza delle particelle a partire dal 2008, che coincide sostanzialmente con quella che fece pensare al superamento della velocità della luce.
Ma tutto ciò non significa la fine della collaborazione Opera, il cui compito resta invariato: osservare l'oscillazione dei neutrini, ovvero la comparsa di particelle di nuovo tipo a partire dai neutrini di tipo mu provenienti dal Cern. A dimostrazione che la scienza evolve con tempi diversi rispetto a quelli tipici del clamore mediatico. E gli errori fanno, comunque, parte del gioco.

Andrea Mameli
Articolo pubblicato nella pagina della Cultura del quotidiano L'Unione Sarda il 31 marzo 2012

30 marzo 2012

Schemi piatti e flessibili, che si ricaricano al sole. Nuove frontiere tecnologiche.

LG schermi flessibili Spessore: 0.7 millimetri, peso: 14 grammi, risoluzione: 1024 x 768. Sono alcune caratteristiche degli schermi flessibili (e quasi indistruttibili) annunciati in uscita in Europa da LG entro poche settimane. In tal caso l'EPD (Electronic Paper Display) sarebbe il primo dispositivo del genere in commercio, dopo anni di prototipi e di ipotesi. Un valido concorrente della pagina di carta? O una nuova frontiera tecnologica destinata a essere presto superata? Lo sapremo presto.
Non mancano gli agguerriti concorrenti, come gli schermi flessibili dotati di fotovoltaico organico della AU Optronics:
schermi flessibili

29 marzo 2012

I ponti di Einstein-Rosen nella fantascienza

Gli wormhole ("cunicoli dei tarli") possono rendere possibili i viaggi nello spazio a enormi distanze? Esistono davvero i tunnel spazio-temporali?
Nella fantascienza il riferimento ai "ponti di Einstein-Rosen" è frequente: nel romanzo di Carl Sagan "Contact" (1985) e nell'omonimo film (1997) diretto da Robert Zemeckis, nel film "Stargate" alla serie tv "Stargate SG-1", "Stargate Atlantis" e "Stargate Universe", e nell'ambientazione della serie tv "Star Trek - Deep Space Nine", fino al più recente (l'ho visto ieri sera) "Thor" (Marvel Studios/Paramount-2011) nel quale gli asgardiani usano il Ponte Bifröst per spostarsi fra i regni che governano.
Per rendere realmente possibili gli wormhole, come teorizzato da Einstein-Rosen, sono necessari due oggetti a elevatissima concentrazione di massa: uno di essi è il "foro di partenza" e l'altro è il foro di arrivo. Il primo viene definito "buco nero", l'altro "buco bianco".
Ottima la spiegazione fornita nel libro "Buchi neri, wormholes e macchine del tempo" (Dedalo, 2003) dal fisico teorico Al-Khalili Jim.

27 marzo 2012

Here’s Moretti’s chart for all of the verbal interactions in Hamlet:
Franco Moretti in “Network Theory, Plot Analysis” (2011)

26 marzo 2012

La musica provoca emozioni universali e imita la voce. Un articolo su Public Library of Science One.

music culture PLoS ONE 2012 La musica comunica e coinvolge con forza. Ma accade allo stesso modo in tutte le culture o le associazioni emotive variano? Uno studio, pubblicato il 14 marzo su PLoS ONE, dimostra che le tonalità e le variazioni utilizzate per esprimere i sentimenti in alcuni casi sono universali e in ogni caso sono riconducibili a quelle usate nel discorso verbale. Gli autori, coordinati da Dale Purves della Duke University, sostengono l'ipotesi che la tonalità di un brano musicale sia realmente in grado di esprimere emozioni in quanto imita le caratteristiche tonali correlate con l'emozione nella voce.
Se le similitudini emotive tra parola e musica riflettono qualcosa di profondo, resta aperta la questione se la voce imita la musica, o se è la musica a imitare la voce. Quest'ultima sembra la soluzione più probabile.
I ricercatori, dopo aver analizzato l'espressione vocale e musicale di 20 persone, scelte tra popolazione Tamil e degli Usa, hanno concluso che alcuni toni musciali con forte connotazione emotiva sembrano essere cross-culturali e che la misica imita la voce.

Expression of Emotion in Eastern and Western Music Mirrors Vocalization
Daniel Liu Bowling, Janani Sundararajan, Shui'er Han, Dale Purves
Abstract
In Western music, the major mode is typically used to convey excited, happy, bright or martial emotions, whereas the minor mode typically conveys subdued, sad or dark emotions. Recent studies indicate that the differences between these modes parallel differences between the prosodic and spectral characteristics of voiced speech sounds uttered in corresponding emotional states. Here we ask whether tonality and emotion are similarly linked in an Eastern musical tradition. The results show that the tonal relationships used to express positive/excited and negative/subdued emotions in classical South Indian music are much the same as those used in Western music. Moreover, tonal variations in the prosody of English and Tamil speech uttered in different emotional states are parallel to the tonal trends in music. These results are consistent with the hypothesis that the association between musical tonality and emotion is based on universal vocal characteristics of different affective states.

25 marzo 2012

Un piccolo passo per una scimmia. Un grande passo per gli ominidi. Uno studio pubblicato su Current Biology.

cheetah Studiando come si comportano gli scimpanzé di fronte al cibo, in condizioni naturali controllate, un gruppo di biologi delle università di Kyoto e di Cambridge ha scoperto che i nostri primi antenati possono aver iniziato a camminare su due gambe allo scopo di migloirare la gestione e il trasportare del cibo.
La competizione sul cibo sarebbe dunque la chiave evolutiva del nostro bipedismo: stare in piedi su due arti consente di svolgere molte pià attività contemporaneamente. Nel corso del tempo queste modifiche nel cpomportamento possono aver portato a cambiamenti anatomici che a loro volta sono diventati oggetto di selezione naturale in luoghi ove la concorrenza per il cibo o altre risorse era forte.
Gli studi sono stati condotti in Guinea in un laboratorio all'aperto situato in una radura naturale della foresta Bossou dove i ricercatori, guidati da Tetsuro Matsuzawa e da Susana Carvalho, hanno osservato le strategie adottate dagli scimpanzé per accedere a diverse combinazioni alimentari.
Lo studio è stato pubblicato il 20 marzo 2012 su Current Biology:
Chimpanzee carrying behaviour and the origins of human bipedality. Susana Carvalho, Dora Biro, Eugénia Cunha, Kimberley Hockings, William C. McGrew, Brian G. Richmond, Tetsuro Matsuzawa. Current Biology, Volume 22, Issue 6, R180-R181, 20 March 2012
Summary
Why did our earliest hominin ancestors begin to walk bipedally as their main form of terrestrial travel? The lack of sufficient fossils and differing interpretations of existing ones leave unresolved the debate about what constitutes the earliest evidence of habitual bipedality. Compelling evidence shows that this shift coincided with climatic changes that reduced forested areas, probably forcing the earliest hominins to range in more open settings. While environmental shifts may have prompted the origins of bipedality in the hominin clade, it remains unknown exactly which selective pressures led hominins to modify their postural repertoire to include a larger component of bipedality. Here, we report new experimental results showing that wild chimpanzees walk bipedally more often and carry more items when transporting valuable, unpredictable resources to less–competitive places.