I ponti di Einstein-Rosen nella fantascienza

Gli wormhole ("cunicoli dei tarli") possono rendere possibili i viaggi nello spazio a enormi distanze? Esistono davvero i tunnel spazio-temporali?
Nella fantascienza il riferimento ai "ponti di Einstein-Rosen" è frequente: nel romanzo di Carl Sagan "Contact" (1985) e nell'omonimo film (1997) diretto da Robert Zemeckis, nel film "Stargate" alla serie tv "Stargate SG-1", "Stargate Atlantis" e "Stargate Universe", e nell'ambientazione della serie tv "Star Trek - Deep Space Nine", fino al più recente (l'ho visto ieri sera) "Thor" (Marvel Studios/Paramount-2011) nel quale gli asgardiani usano il Ponte Bifröst per spostarsi fra i regni che governano.
Per rendere realmente possibili gli wormhole, come teorizzato da Einstein-Rosen, sono necessari due oggetti a elevatissima concentrazione di massa: uno di essi è il "foro di partenza" e l'altro è il foro di arrivo. Il primo viene definito "buco nero", l'altro "buco bianco".
Ottima la spiegazione fornita nel libro "Buchi neri, wormholes e macchine del tempo" (Dedalo, 2003) dal fisico teorico Al-Khalili Jim.

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