Ho chiesto a una persona che ha assistito allo spettacolo, la studentessa di fisica Carlotta Usàla, di darmi la sua interpretazione di quanto visto. E ho scoperto altre visioni. Altri punti di vista rispetto al mio confuso quadro fatto di brandelli di scene viste da dietro e di situazioni vissute dal palcoscenico, quel tramolino di legno da cui lanciare idee, riferimenti, allusioni, citazioni, immagini mentali... «Lo spettacolo mi ha ricordato gli anni 70 per il modo in cui recitavate e per la scenografia: il tipico modo degli sceneggiati e dei monologhi stile 'canzonissima', tipo Walter Chiari o Loretta Goggi in alcune parti. Era divertente e ingenuo proprio come si presentavano loro ed era bellissimo proprio per questo motivo: c'era la semplicità della recitazione anni 70. Poi la scenografia che dava molto spazio all'immaginazione, erano le vostre battute e i vostri personaggi a creare ogni volta la scenografia adatta, è questo un altro motivo che mi ha fatto pensare agli anni 70 (come faceva Pasolini in molti film anche se erano più piece teatrali che film veri e propri). I personaggi della televisione, della Rai in particolare, facevano questo tipo di sceneggiati durante i vari programmi di intrattenimento che molto spesso erano scarni come sceneggiatura ma era la bravura degli attori a creare intorno il paesaggio e altri personaggi anche se lui era solo (penso a Troisi che da solo o con Enzo de Caro e Lello Arena riusciva a fare delle pièce teatrali con una semplicità di scenografia e di battute ma sono diventate delle opere geniali!»
Ho letto una riflessione molto profonda sul teatro in una breve intervista a Andrée Ruth Shammah pubblicata nel sito Wise Sociery «Il teatro, qualsiasi cosa tu faccia, finisce nel momento stesso in cui viene rappresentato. Questo ti relativizza molto, un po’ come avviene per quei monaci che passano un anno a fare un meraviglioso disegno di sabbia che poi, in un istante, cancellano con la mano. Quando lo spettacolo finisce non rimane registrazione o testimonianza che lo ricorderà e questo forse ci rende un po’ più consapevoli del fatto che nella nostra esistenza è meglio comportarsi nel modo migliore possibile, sempre, perché è giorno dopo giorno che ci si conquista la dignità del vivere geniali!».
Se foto e video hanno un valore, e per me lo hanno, non è tanto nel (vano) tentativo di congelare il mom creativo, quanto nel rappesentarne un estratto, significativo (e a loro volta, ma non sempre, artistico). E, cosa non meno importante, possono aiutare attori e attrici (o presunti tali, come nel mio caso) a capire cosa accade in scena, come si viene visti dal pubblico, come sono percepiti i gesti e le impostazioni della voce. Questa mia, disperata, ricerca di senso nel vivere l'esperienza della rappresentazione mi ha fatto tornare in mente i sette post che scrissi, quasi un anno fa, per raccontare la mia breve (ma estremamente significativa, almeno per quel che mi riguarda) esprienza di cinema con Bellas Mariposas: Pensieri sul set.
P.S. Le differenze tra cinema e teatro, specie se viste da vicino, sono immense. E nella mia esperienza sono ancor più marcate per via della partecipazione corale, lungo tutti i nove mesi di gestazione del progetto del Teatro Impossibile, alla definizione dei personaggi, del copione, delle musiche, dei costumi, delle proiezioni (con l'impego di tecniche di morphing essenziali nel rendere esplicita la trasposiziobe dei personaggi nei corpi degli attori e delle attrici). "Della serie" (e il suo successo) è figlio della collaborazione tra la regia e le persone che hanno preso parte al laboratorio teatrale: Massimiliano Caboni, Enzo Abis, Patrizia Congia, Fabrizio Murgia, Luca Pinna, Denise Murgia, Serena Lai, Giovanna Piras, Valentina Macis, Mauro Del Rio, Angela Satta, Valeria Cabras, Carla Dotzo, Andrea Mameli, Claudio Fùser Manca, Nino Maria Mameli, Stefania Cau, Nicea Mascia, Cristina Boldetti, Nicola Grandesso, Luca Carta.