Da bambino giurò a sé stesso che un giorno sarebbe andato a cercare la Tigre del Bengala. Era appena finita la seconda guerra mondiale e
Fulco Pratesi nutriva la sua immaginazione con le storie ambientate nelle giungle asiatiche dei romanzi di
Salgari. Non c’era la tv a narcotizzare il desiderio di avventura, così I Misteri della Jungla Nera (1895), I Pirati della Malesia (1896), Le due tigri (1904) facevano sognare intere generazioni di ragazzini italiani. Nel 1970 Pratesi ha mantenuto la promessa. E oggi il presidente del
Wwf Italia (tra i protagonisti del Festival all’Exmà) ha voluto regalare ai suoi nipotini un concentrato di quelle emozioni, scrivendo e illustrando un libro. Nella giungla di
Sandokan (Gallucci), è un viaggio spettacolare tra felini, cervi, rinoceronti, elefanti, coccodrilli e tucani, nei territori dove sono ambientati i romanzi di Salgari (con l’accento sulla seconda a, dato che il nome deriva da una pianta, il salgàr, o salice nero del Veneto).
Come ha fatto Salgari a scrivere tutte quelle avventure senza essere mai stato in quei luoghi?
«Intanto era molto intelligente, poi aveva libri tradotti dall'inglese di grande qualità, con descrizioni accurate di piante, animali, usanze e costumi. E anche molta immaginazione».
A chi è rivolto “Nella giungla di Sandokan”?
«Ai bambini, ma anche ai genitori. Credo che immergersi nelle storie restituirebbe loro una dimensione più umana, rispetto
a quella creata da
videogiochi e cartoni».
Le splendide illustrazioni
che arricchiscono
il libro sono state riprese
sul campo?
«Si, ho la consuetudine
di portare con me il taccuino
naturalistico con gli
acquarelli. Disegnare e
colorare ci restituisce una
dimensione umana. Per
me è come avere una seconda
memoria. Piacevole
come la marmellata
conservata in dispensa».
Da architetto, che consigli
darebbe a un bambino
che ama il disegno?
«Di esercitarsi sempre
e portarsi appresso il taccuino.
E poi chiedere ai
genitori poche cose, colori,
pennelli e matita, ma
di qualità: spesso vocazioni
alla creatività vengono
uccise da materiali non
all'altezza».
Negli ultimi 40 anni
cosa ha concorso a formare
la coscienza ecologica
degli italiani?
«Penso che il nostro
paese, se non ci fosse stato
il Wwf, sarebbe stato
meno bello. Abbiamo salvato
molte aree, alcune
specie, e abbiamo contribuito
a cambiare la mentalità
degli italiani. Nel
1985, quando comprammo
Monte Arcosu, un
quarto della spesa fu ottenuto
dai bambini con il
ricavato dei francobolli
chiudilettera col cervo
sardo. Ci sono tanti modi
per imparare ad amare la
natura».
In questa civiltà del
superfluo si può andare
controcorrente. Lei, come
il sindaco di Londra
Livingstone, pratica il risparmio
idrico e energetico:
poca acqua per il
WC, poche docce, ascensore
e auto solo se indispensabile.
È difficile
abituarsi?
«Quando faccio questi
discorsi vedo che le mamme
sono meno contente,
c'è un consumo compulsivo
anche dell'acqua, di luci
e motori. Anche lavarsi
tutti i giorni toglie la normale
protezione alla pelle.
Detergenti e detersivi
inquinano e fanno aumentare
il numero di tumori.
Vedo anche troppa
carta sprecata: l'uso del
fax me lo rimproverò anche
Grillo. Io tendo a
stampare il meno possibile,
riuso la carta, a volte
mando lettere scritte a
mano. Anche la posta
elettronica sarebbe preziosa
per ridurre gli sprechi
».
Lieto di tornare in
Sardegna?
«Molto. Farò un salto a
Monte Arcosu. La Sardegna
si sta impegnando nel
rispettare l'ambiente. Ma
mi dispiace per il trenino
verde, che rischia di fermarsi.
Sono le linee ferroviarie
più belle del mondo
e una politica di recupero
dovrebbe valorizzarle. È
un appello che rivolgiamo
al presidente Soru».
ANDREA MAMELI
16 Ottobre 2006
L'Unione Sarda, Cultura