In cammino con l’autismo: 113 km, un papà, due figli e tanta determinazione.

Quei 113 chilometri percorsi a piedi hanno molti significati. Contengono la voglia di vedere applicata la Carta dei diritti per le persone autistiche, in particolare l'articolo 11 (il diritto a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di movimento) e l'articolo 12 (l'accesso ad attività culturali, ricreative e sportive e a goderne pienamente). E contengono il desiderio di sfidare i pregiudizi e di dimostrare che le condizioni di disabilità non possono impedire qualsiasi attività. Penso proprio che Pierangelo Cappai sia partito da Cagliari con uno zaino pieno di aspettative, il 2 Luglio, dando il via al progetto “In cammino con l’autismo”, patrocinato dall’associazione Diversamente Onlus, lungo un percorso sufficientemente collaudato: Santiago de Compostela. Per cercare di capire il senso di questa impresa Linguaggio Macchina ha intervistato Pierangelo Cappai, insegnante, Presidente e socio fondatore dell’Associazione Diversamente Onlus, sposato con Alessandra, Assistente Sociale, è papà di Federico, 13 anni e di Karola Teresina, 8 anni.


Com'è nato questo progetto?
«Premetto che sin dal momento della diagnosi ho sempre sentito l’esigenza di fare rete, di unirmi ad altri genitori per condividere l’esperienza, per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti e sulle particolari esigenze delle persone con autismo e proprio per questo motivo sin dal 2007 ho contribuito a fondare, con altri genitori, l’Associazione Diversamente Onlus che ho l’onore di rappresentare essendo il Presidente. Con l’Associazione ci siamo spesso mossi in gruppo, sia per escursioni di una giornata che per veri e propri viaggi di più giorni anche all’estero. L’idea del viaggio è nata almeno un anno fa, doveva essere almeno inizialmente un’esperienza personale. Ho pensato poi di condividerla con uno scopo ben preciso o meglio con due obiettivi, il primo quello di far conoscere il più possibile la Carta dei Diritti delle Persone con Autismo, in particolare gli articoli riguardanti la mobilità e il secondo quello di dimostrare che anche nei casi di autismo a basso funzionamento o comunque con maggiori compromissioni non bisogna arrendersi, non bisogna fermarsi ma al contrario cercare di garantire loro il maggior numero di opportunità. Terminata la scuola le occasioni di socializzazione e integrazione si riducono notevolmente e se sin da piccoli non abituiamo i nostri figli e non ci abituiamo noi genitori ad affrontare anche situazioni in ambienti non strutturati e non protetti, il rischio dell’autoghettizzazione è molto alto.»

Come vi siete preparati?
«Federico sapeva da mesi della partenza, ha imparato a riconoscere alcune delle immagini tipiche del Cammino quali la Freccia Gialla, la conchiglia e alcuni pittogrammi che poi si trovano lungo il percorso. Questo lo ha aiutato molto. Per quanto riguarda la preparazione fisica, in realtà sarebbe dovuta essere maggiore, anche perché Federico è un ragazzo abbastanza pigro, che tende a non voler camminare e che molto spesso se decide di fermarsi e non proseguire è irremovibile. Durante tutto il cammino in ogni caso sono stati rispettati i tempi e le esigenze dettate principalmente da Federico, con frequenti pause e soprattutto nei primi giorni terminando il cammino dopo pochi chilometri.»

Quali sono state le principali difficoltà?
«La difficoltà principale è stata quella di prendersi cura di Federico 24 ore su 24, per la prima volta nessuno era li a darmi una mano, Federico necessita di assistenza continua e non è in grado di vestirsi o svestirsi, lavarsi etc. Di solito il carico assistenziale è ripartito e comunque durante la giornata ruotano attorno a lui diversi operatori, c’è il tempo scuola e tante attività; durante il cammino Federico non poteva essere lasciato solo nemmeno per andare alla toilette per esempio.»


Quali sono state le principali soddisfazioni?
«Le soddisfazioni sono state veramente tante, ma la più grande è stata quella di essere riuscito a portare a termine un progetto con Federico rispettando i suoi tempi e le sue richieste. Grande soddisfazione è stata poter toccare con mano tutto l’amore che Karola riserva al fratello, amore che magari quotidianamente, pur presente, passa quasi inosservato mentre nel cammino era visibile ad ogni passo, amplificato in contesto di calma e serenità e quasi fuori dal tempo che il cammino riserva a chi lo percorre.»

Cosa resta ora, a mente fredda, di quest'esperienza?
«Il legame padre figli, sia autistici che neurotipici. Come dicevo in precedenza l’assenza totale o quasi di vincoli temporali, almeno nel nostro caso, visto che non avevamo mete prestabilite o un numero di chilometri obbligatori da percorrere al giorno ci ha permesso di rispettarci molto a vicenda e di assecondare le esigenze di ognuno di noi. Ci rimane sicuramente il grande affetto e la premura dimostrata da tutti, ma proprio tutti, i pellegrini incontrati durante il cammino nei confronti di Federico e, cosa che mi ha stupito, il fatto che la stragrande maggioranza di loro avesse capito senza doverlo dire che Federico è un ragazzo autistico e che conoscessero l’autismo oltre i soliti stereotipi. Ci rimane il grande affetto che le tante persone che ci hanno seguito da casa ci hanno espresso durante e dopo il cammino.»

C'è qualcosa che in questi giorni nessuno vi ha mai chiesto e invece vi piacerebbe raccontare?
«Sì, mi piacerebbe che si desse più spazio ai fratelli, che sono spesso coloro che pagano il prezzo più alto dell’avere l’autismo in famiglia. Sarebbe bello chiedere loro più spesso come si sentono, cosa pensano dell’autismo e in che modo vivono la diversabilità del proprio fratello. Karola ha scelto di partecipare al cammino proprio per condividere questa esperienza con il fratello ed è stata, pur con il limite dei suoi quasi 9 anni, una presenza forte e a tratti quasi indispensabile partecipando a pieno titolo alla riuscita dell’iniziativa. Ma sarebbe bello sentire lei e capire cosa l’ha spinta a partecipare e cosa ha provato lungo i 113 km percorsi per arrivare a Santiago. Mi piacerebbe aggiungere poi che questo è stata solo una parentesi, piacevole, nel cammino quotidiano di una famiglia con un componente con autismo; il cammino ha tanti parallelismi con la quotidianità dove molto spesso le difficoltà sono anche maggiori e dove, contrariamente a quanto accaduto durante il cammino, spesso chi dovrebbe essere preposto a darti una mano ti rende più difficile il percorso. Quanto a qualche critica sulla spettacolarizzazione o sul fatto che “disgrazie di proporzioni immani” (parole testuali) come l’autismo dovrebbero essere vissute in silenzio rispondo dicendo che la spettacolarizzazione è negli occhi di chi lo osserva in quel modo e che per tanti altri si chiama invece condivisione, sul fatto poi di viverle in silenzio dico che il tempo dei silenzi e della vergogna è ormai tramontato.»

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 25 Luglio 2014






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