Quella mummia aveva il mal di denti (17 Luglio 2014)
La bellezza di La bellezza di 5300 anni per effettuare una diagnosi. Ma non è un caso di malasanità. È la storia di ricerca scientifica di successo, trama buona per una puntata di CSI in salsa bolzanina. Le indagini sono quelle condotte dai microbiologi e dai bioinformatici del centro di ricerca EURAC di Bolzano, nato intorno a Ötzi, il cacciatore mezzo sardo e mezzo sudtirolese i cui resti furono trovati nel ghiaccio delle Alpi Venoste il 19 Settembre 1991. Ma perché questa scoperta è ritenuta importante?
Intanto perché conferma la validità dei nuovi strumenti diagnostici
connessi con la genomica avanzata. E poi perché fornisce informazioni sulla
vita di un’epoca, l’età del rame, per la quale la maggior parte delle
informazioni sono connesse con reperti quasi sempre poveri di informazioni
biologiche.
La studio, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, ha permesso di
rilevare alte concentrazioni del
batterio Treponema denticola, responsabile della
paradentosi. Questa malattia colpisce i tessuti di sostegno dei denti
(parodonti) ma si può estendere anche
agli stessi denti e alle ossa. In particolare si è scoperto che il batterio aveva
raggiunto l’osso pelvico, estendendosi dalla bocca attraverso il flusso sanguigno.
Questa scoperta ha confermato una precedente diagnosi sullo stato di salute
dentale di Ötzi basata su una TAC eseguita nel 2013.
Ma l’aspetto più sorprendente è queste informazioni, come per quelle
genetiche che hanno individuato un antenato comune tra noi sardi e Ötzi, come
pure la sua intolleranza al lattosio, è che la sorgente di questi dati risiede
in microscopico campione di osso dal quale è stato prelevato il DNA della
mummia. La ricerca che ha individuato il batterio colpevole dei mal di denti di
Iceman ha analizzato le porzioni di DNA non umano presenti sul campione,
proveniente dall’osso pelvico. Per raggiungere questi risultati i ricercatori
dell’EURAC non hanno eseguito analisi mirate, ma è stato perlustrato l’intero
spettro del DNA. Ma quella che sembrerebbe la tipica scena da “la polizia
brancola nel buio” ha invece aiutato a scoprire il DNA non umano, quello che proviene
principalmente da batteri: ospiti all’interno del nostro corpo e sulla pelle.
E qui troviamo la seconda sopresa: oltre al batterio Treponema, connesso con i problemi del cavo orale di Ötzi, la squadra di ricerca guidato da Albert Zink (direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC) ha individuato nel campione osseo anche alcuni batteri Clostridium i quali, attualmente, si trovano in uno stato dormiente: potrebbero risvegliarsi se venisse a mancare. Questa scoperta può giocare un ruolo significativo sia per la futura conservazione della mummia altoatesina che per il trattamento di reperti biologici di questo genere. Il prossimo passo è lo studio dell’impatto di alcune famiglie di batteri nelle condizioni di conservazione della mummia. Non ci resta che ringraziare ancora una volta Ötzi, il nostro lontano parente dell’età del rame, che come una cavia post mortem continua a regalarci sorprese scientifiche non da poco.
E qui troviamo la seconda sopresa: oltre al batterio Treponema, connesso con i problemi del cavo orale di Ötzi, la squadra di ricerca guidato da Albert Zink (direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC) ha individuato nel campione osseo anche alcuni batteri Clostridium i quali, attualmente, si trovano in uno stato dormiente: potrebbero risvegliarsi se venisse a mancare. Questa scoperta può giocare un ruolo significativo sia per la futura conservazione della mummia altoatesina che per il trattamento di reperti biologici di questo genere. Il prossimo passo è lo studio dell’impatto di alcune famiglie di batteri nelle condizioni di conservazione della mummia. Non ci resta che ringraziare ancora una volta Ötzi, il nostro lontano parente dell’età del rame, che come una cavia post mortem continua a regalarci sorprese scientifiche non da poco.
Andrea Mameli
articolo pubblicato il 17 Luglio 2014 nell'inserto Estate del quotidiano L'Unione Sarda, pagina Salute
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