14 agosto 2014

"Aiuto, mi hanno clonato Facebook". Una storia vera

Noi abbiamo a cuore la nostra identità.
Noi siamo la nostra identità.
E la nostra identità, oggi, è fatta di tante componenti.
Una di queste è l'immagine che diamo di noi stessi nei social media.
E se scopriamo la presenza su Facebook di un nostro clone, con il nostro nome e le nostre foto? Le leggi italiane puniscono il reato di sostituzione di persona con la reclusione fino a un anno e alla responsabilità penale si aggiunge quella civile. Nonostante ciò accade. Linguaggio Macchina ne ha parlato con l'antropologa Alessandra Guigoni, vittima pochi giorni fa di un episodio di clonazione.


Alessandra come hai scoperto di essere stata clonata?
«L'ho scoperto per caso, una mia amica facebook la mattina presto mi ha mandato un messaggio dicendomi che le avevo richiesto l'amicizia e che lo trovava strano, in quanto eravamo già amiche. Mi sono subito allertata perché so che Facebook è croce delizia, l'idea è ottima, vincente, collegare gli amici attraverso una piattaforma social facile da usare ma... è piena di insidie, tranelli, come questo che ti racconto appunto. Pochi minuti dopo mi sono arrivati altri messaggi da altri amici, dicevano che avevo fatto commenti strani nelle loro bacheche e mi hanno chiesto se mi avessero violato il profilo.
Anch'io i primi minuti ho pensato che qualcuno, non so come, avesse scoperto la mia password e fosse entrato nel mio profilo... ho cambiato subito la password, d'istinto, che è sempre un'ottima cosa da fare, quando si sospetta attività illecita tramite il proprio account. Ma non era così, era peggio.
Passano pochi minuti e mi contattano due amici facebook dicendomi che possono risalire al profilo che sta spammando, ossia inondando di spazzatura (commenti, foto ecc.) le loro bacheche... mi danno l'indirizzo facebook e scopro essere tale “alessandr.guigoni”, è pazzesco. Una “a” in meno rispetto a me, ma nel profilo risulta Alessandra Guigoni, come me. La sua bacheca ha alcune mie foto che mi ritraggono copiate dal mio profilo o dal web, si fa chiamare come me e scrive di essere antropologa ecc. ecc. è il mio clone!
Non è la prima volta che sento parlare di cloni, ne ho letto su qualche articolo ne ho vago ricordo, e ricordo questo episodio: due o tre anni fa una conoscente su facebook, sinceramente ora non ricordo il nome, mi scrisse un messaggio privato invitandomi a segnalare a Facebook stesso la presenza di un suo clone. Rammento che trovai tutto molto strano, anzi improbabile, ma la assecondai e segnalai il falso profilo su Facebook.
In quel momento mi trovavo in una posizione imbarazzante, dovevo bloccare il clone al più presto e scusarmi con gli amici che stava molestando... dovevo dimostrare a Facebook di essere io l'”autentica” Alessandra Guigoni, la qual cosa trovavo un po' ridicola, in un altro momento l'avrei trovata anche divertente, ma non in quel momento... in quel momento ero dispiaciuta, preoccupata e anche incavolata con il fantomatico clone, che stava facendo “amicizia” con i miei amici, si era già accaparrato una trentina di miei amici, e chattava con loro fingendo di essere me. No non era divertente la situazione. Era drammatica.
Ricordavo la mia impressione di incredulità di quell'episodio avvenuto anni prima... come spiegare che c'era un mio clone, col mio stesso nome e foto sul profilo, che si comportava malissimo e scriveva chissà cosa?»

Che contromisure hai adottato?
«Ho subito segnalato la cosa a Facebook. Ho chiesto agli amici che mi avevano scritto di fare lo stesso, dando loro l'indirizzo web del falso profilo. Ma non è semplice. Facebook esegue controlli ma come dimostrare che il clone era lui/lei e non io? Oltretutto il clone mi aveva bloccato e io non potevo vedere più le sue attività, i suoi nuovi amici (che erano i miei!). Una mossa abile la sua, stavamo giocando una partita a scacchi, ma lui/lei giocava sporco. Allora ho chiesto ad un'amica fidata di darmi la sua password e sono entrata col suo accesso. Ho così potuto accedere alla bacheca del clone e copiare tutti i nomi dei miei amici con cui stava intrattenendosi, fingendo di essere me. Tornata in me, ironico a dirsi, cioè nel mio profilo, ho scritto una trentina di messaggi ai miei amici in pericolo, molti dei quali erano collegati e per fortuna hanno subito bloccato il falso profilo. Nel frattempo ho ricevuto diverse chiamate, da amici preoccupati per il fatto che questo clone era entrato nei loro profili e visto foto e commenti personali, alcuni amici hanno profili molto riservati e un concetto della privacy giustamente elevato. Sai io uso Facebook per lavoro, e non metto foto o commenti intimi, privati, altri amici sì, e si sono sentiti giustamente ingannati e violati. Mi sentivo responsabile, anche se in effetti non lo ero!
Ho perso tutta la mattina, mandando segnalazioni a facebook, rispondendo alle chiamate, chattando con gli amici per avvertirli e rassicurarli che il clone sarebbe stato presto sgamato da Facebook. Così è stato. Facebook in meno di due ore ha chiuso il falso profilo. A fine mattina la tempesta in un bicchiere d'acqua era finita.
Nel frattempo ho fatto anche denuncia direttamente online alla Polizia postale. Basta entrare nel loro portale, accreditarsi e descrivere ciò che è successo. E' sempre importante segnalare anche alle autorità competenti, che per il web sono la Polizia postale appunto, ciò che ci succede su internet. Possiamo contribuire a sventare crimini, anche gravi, attraverso pochi click.»
Puoi raccontarci che sensazioni hai provato? 
«Frustrazione, senso di rabbia e incredulità. Perché questo clone ce l'aveva con me? Sappiamo che Internet è tutto e il contrario di tutto, che c'è il bene e il male. Questo tipo di hackeraggio, di pirateria è il male! E' molto più diffusa di ciò che non pensiamo. Ogni giorno milioni di pirati informatici tentano di insinuarsi nelle nostre vite, di rubarci password, dati sensibili e via discorrendo. Le truffe su Internet sono all'ordine del giorno. Nel mio caso si è trattato di “appropriazione indebita di identità”, di furto di identità. Da ciò che ho letto (nei giorni successivi mi sono informata, per capire meglio ciò che mi era successo) è un evento molto comune. Qualcuno si sostituisce a te, o tenta di farlo, per poi spillare informazioni, quattrini e chissà cos'altro ai tuoi amici! A quel che so nella legislazione italiana non esiste una normativa specifica sul furto di identità ma il reato è punibile con l’articolo 494 del Codice Penale sulla “Sostituzione di persona”. È un crimine penale, attenzione, lo dico a quei cretini (passami la parola) che clonano profili o peggio.»

Cosa ti ha insegnato quest'esperienza?
«L'esperienza mi ha insegnato che Internet non si conosce mai abbastanza, sono stata troppo self-confident, come dicono gli Inglesi, mi sono fidata troppo sia della mia conoscenza della rete, ci sto da così tanti anni! sia di Facebook, che èun social, come dicevo, molto utile, popolare e interattivo ma anche rischioso.
Il mio profilo è pubblico ma alcune impostazioni, come la lista degli amici e delle liste, ora l'ho resa privata, visibile solo a me. Spero così di tutelare maggiormente me stessa e gli amici, che approfitto qui per ringraziare per la loro comprensione e pazienza in quel brutto frangente.»


Andrea Mameli

Blog Linguaggio Macchina
14 Agosto 2014

Falso profilo su Facebook, un reato che può costare caro (Marisa Marraffino, il Sole 24 Ore, 22 Ottobre 2009)

 

13 agosto 2014

Montresta 16 Agosto laboratorio di cucina solare per bambini

Montresta 16 agosto 

Laboratorio per bambini 

LA CUCINA SOLARE

Conoscere, costruire e sperimentare i forni solari con Andrea Mameli

www.isoladelteatro.it


12 agosto 2014

Tra l'infinito di Giordano Bruno e il ricettacolo di barbarie: è La mia maledizione, di Alessandro De Roma


Una storia ambientata a Nuoro, con qualche incursione a Cagliari e Oristano. Ma non è una storia "sarda": l'ultimo romanzo di Alessandro De Roma "La mia maledizione" (Einaudi, 2014) racconta un'amicizia impossibile che si potrebbe  ambientare in qualsiasi città del mondo. Però la Sardegna c'è, con le sue contraddizioni e i suoi miti, la sua bellezza e i suoi orrori. Ma è una Sardegna universale, che fa da sfondo a una vicenda complessa e avvincente. Il romanzo segue in prima persona la vita di Emilio Corona, perennemente a disagio («creatura di un mondo diverso gettata per palese ingiustizia in un ricettacolo di barbarie»), e il suo rapporto conflittuale con Pasquale Cosseddu: uno che per i compagni di classe è «la Fogna» ma è l'unico con cui Emilio riesce in qualche modo a instaurare un dialogo. Ma quando il protagonista riflette sulla condizione di entrambi emerge l'insanabile discordanza: "quello che per lui era il riscatto, ossia essere come tutti gli altri, si rivelava per me la sua più piena decadenza". Una storia fatta di particolari, a tratti geniali, e di una robusta intelaiatura narrativa. La sintesi estrema di questo libro è racchiusa in un pensiero di Emilio: "accade che certi momenti di per sé insignificanti diventino un groviglio che raccoglie, quando meno te l'aspetti, mille altre cose, se non l'esistenza intera".
Ma per capire meglio cosa c'è dietro questo libro ho interpellato direttamente l'autore.
Alessandro, come hai costruito la storia di Emilio Corona e di Pasquale Cosseddu? Un pezzo alla volta, in anni di meditazioni, oppure una fulminante intuizione alla quale hai agganciato dettagli su dettagli?
«È stata più un'intuizione, sulla quale ho lavorato poi soprattutto per eliminare certe questioni inutili: nella prima versione del libro ci si dilungava assai anche sulla famiglia della moglie di Emilio, mentre il nucleo originario dei Corona è nato più o meno così come lo si legge adesso.»
Avevi in mente qualche significato particolare per quel "senza confini" pronunciato nel romanzo da Cosseddu ?
«Diciamo che ho cercato di immaginare un argomento che tra tutti quelli studiati a scuola potesse "infiammarlo" e l'infinito di Bruno mi pareva l'ideale, se questa è la storia di due ragazzi che hanno il sogno impossibile di essere belli e forti come alberi allora bisogna poter sognare di fondersi con tutto e trovare nella natura l'antidoto ai piccoli interessi privati che in questo libro costruiscono una gabbia: i rapporti sociali, gli sguardi degli altri, le parole, perfino gli odori percepiti. Senza confini, per Cosseddu, vuol dire libero di amare, libero di fondermi con il mondo, accettato, anzi amato.»
C'è un passaggio del libro - "sarebbe la vera svolta per l'umanità se ogni uomo riuscisse a creare qualcosa di suo dal di dentro, come fanno gli alberi e non a consumare e consumare e basta?" - che ai miei occhi appare come la sintesi estrema della condizione umana: costruisce mettendo insieme materiali di origine vegetale, animale e minerale e di proprio mette solo due cose: il pensiero e il lavoro muscolare. Cosa racchiude questo auspicio?
«Il sogno di poter stare al mondo senza consumarlo, lasciarlo più ricco di come lo abbiamo trovato. è la nuova sfida per il genere umano: o si trova un modo per vincerla o non si può stare al mondo. è forse la fase cruciale della nostra evoluzione, lo stadio morale: o impariamo a diventare "migliori" o non potremo più stare al mondo.»
A volte il sardo si lascia travolgere dalla "retorica della nostalgia della Sardegna autentica". Secondo te è una malattia inguaribile o esiste qualche rimedio?
«Il rimedio forse è viaggiare con curiosità, non con l'astio di chi cerca altrove sempre una sfida da vincere, quasi in un concorso di bellezza etnico-turistico. Viaggiare per vedere altre cose e poi tornare per vedere meglio se stessi, con occhi puliti. Si può viaggiare anche stando in casa: chiedere ai forestieri, ascoltare chi è stato in altri luoghi, farsi raccontare altre soluzioni e altri problemi, senza il preconcetto di considerarsi sempre migliori (o anche peggiori) prima di aver davvero ascoltato.»
Che tipo di riscontri hai avuto dai tuoi ex alunni di Nuoro?
«Che io sappia non molti. Ho ricevuto qualche messaggio di ex-alunni che lo hanno acquistato e presumo anche letto. A Nuoro ho fatto una sola presetazione, ma c'era pochissima gente e una mia ex-alunna tra gli altri. Credo per la verità che la gran parte dei miei ex-alunni siano in giro per il mondo a studiare o lavorare o cercare lavoro. Ho comunque un bellissimo ricordo di loro.»

Andrea Mameli
blog Linguaggio Macchina
12 Agosto 2014

11 agosto 2014

Il paradiso può attendere (il cassonetto giusto)

In paradiso senza passare dal cimitero. Solo una breve attesa in bare di fortuna. Nessun rito funebre, neanche una lacrima, ma una sepoltura in bare di gruppo, divisi per classe sociale. Separati in base al materiale di cui son fatti. È la sorte dei riufiuti nebluoghi di villeggiatura con pochi alberghi e molte case per le vacanze. Accanto a umani che si riposano (o sperano di farlo) ci sono oggetti, parti di oggetti, sostanze, frammenti che iniziano il loro trapasso pronti a reincarnarsi in nuovi oggetti. E il paradiso degli scarti, meglio noto come oasi ecologica, offre il posto giusto a tutti i tipi di quella che un tempo si chiamava immondezza e terminava il suo ciclo terreno in enormi, tristi, orribili fosse comuni. Ma anche allora succedeva qualcosa: quella trasformazione post mortem delle sostanze organiche spiegata magistralmente da Primo Levi (La tavola periodica) con la storia di un atomo di Carbonio.
Chissà quanti di quei turisti che conferiscono i sottoprodotti delle loro vacanze, scegliendo accuratamente il giusto cassonetto, pensano alla sorte delle loro scorie.
Di certo non ci pensano coloro che depongono le bottiglie di pet senza prima staccare l'etichetta di carta o quelli che lasciano la finestrella di plastica trasparente attaccata alla scatola di cartone della pasta. O peggio gli sciagurati che vestono i loro residui organici con le buste di plastica nera, manco fossero salme da portare in obitorio.

Andrea Mameli. Blog Linguaggio Macchina, 10 Agosto 2014
Un cassonetto dell'oasi ecologica di Villasimius