Strutture complesse sulla superficie polimeri contenenti azobenzene provano una teoria di Turing

Il 14 Agosto 1952 Alan Turing pubblicava "The Chemical Basis of Morphogenesis": il suo lavoro dedicato al modello intuitivo che spiega la formazione di strutture complesse natuali, come le striature della tigre.
Recentemente la rivista online PNAS (Proceeding of the National Academy of Science) ha pubblicato uno studio firmato tra gli altri da Antonio Ambrosio e Pasqualino Maddalena dell'Istituto superconduttori, materiali innovativi e dispositivi del CNR (Consiglio nazionale delle ricerche: Cnr-Spin), Federico Capasso della Harvard University e Henning Galinski, Iwan Schenker e Ralph Spolenak dell’Eth di Zurigo, nel quale si dimostra che le strutture complesse che si formano sulla superficie di una pellicola polimerica possono essere interpretate secondo il ragionamento di Turing.
Instability-induced pattern formation of photoactivated functional polymers (Henning Galinski, Antonio Ambrosio, Pasqualino Maddalena, Iwan Schenker, Ralph Spolenak, Federico Capasso).
Da sinistra a destra: Federico Capasso, Antonio Ambrosio e Henning Galinski. Harvard University

Turing sviluppò la sua idea principalmente per interpretare la formazione di strutture biologiche in cui un sistema, inizialmente omogeneo, a causa di "una perturbazione casuale" (che in realtà è spiegabile scientificamente) «può successivamente sviluppare una struttura complessa - spiega Antonio Ambrosio - dovuta ad instabilità nel suo equilibrio. I polimeri contenenti azobenzene sono speciali. Sono infatti polimeri smart che alterano la loro forma quando vengono illuminati da una luce di una opportuna lunghezza d’onda. In altre parole la morfologia della loro superficie cambia spontaneamente, in accordo con l’intensità e la polarizzazione della luce utilizzata. Questa particolare risposta può avere importanti applicazioni nell’area della nano-litografia ottica, nella quale sono stati utilizzati finora altri materiali fotosensibili».

Riorganizzazione della morfologia di un azo-polimero (sinistra) e distribuzione simulata (destra) a seguito dell’esposizione alla luce. Foto: Atomic Force Microscopy
La comprensione sulla risposta di quest’importante classe di polimeri agli stimoli della luce esterna, quindi, non rappresenta solo la prova sperimentale di una teoria di grande interesse, ma presenta alcune notevoli frontiere su lato applicativo.
«Il ruolo della luce nella strutturazione della superficie di questi azo-polimeri è quello di innescare un’instabilità in due fasi, dette cis- e trans- e nonostante siano due configurazioni della stessa molecola, queste forme sono differenti tra di loro in termini di proprietà chimico-fisiche. Pertanto, analogamente a quanto avviene con l’olio nell’acqua, queste due fasi non si mescolano tra loro e tendono a separarsi».

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