Gerolamo Spreafico e le fotografie di Francesco Mugheddu.

Girolamo Spreafico è intervenuto alla presentazione del libro di Francesco Mugheddu, ieri sera. Anzi, è venuto appositamente da Milano per questo. Mi piace sottolinearlo.

Spreafico non ha parlato di quell'aspetto che mi ha particolarmente colpito nella sua postfazione ("Cosa può dare un uomo-malato alla società? Può dare molto, anzi moltissimo") ma ha parlato del valore documentale, informativo, didattico delle foto scelte dall'autore. E si è soffermato sulla fotografia, a pagina 159 del libro di Francesco, che reca la seguente didascalia: "Membri della comunità di Arque, Bolivia", scattata durante la sua ultima missione.

«La foto è piena di significati: un neonato in braccio a una bambina vicino a un cooperante internazionale non militare, non armato, che sorride sereno. Il grosso fuoristrada alle loro spalle rinforza il senso di una missione di pace. Sono tre vite che stanno insieme. Che la pace esiste e non solo la guerra. Basta volerla e volerla vedere. Oppure è l'umiltà di Francesco a colpirmi: lo vediamo quasi sempre a fianco di bambini e si capisce che non è un turista. Si capisce anche che non sono in posa. Che c'è fiducia. L'adulto che va lì lo fa per dare fiducia. Non è poco come lavoro. È una vita piena come lo è il filo narrativo del libro. Non un po piena... ma molto piena. Un libro che fa bene».

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