Il segnale inviato dalla sonda Rosetta, dall'alto della cometa 67P/Churyumov Gerasimenko, è giunto forte e chiaro in Sardegna, grazie al radiotelescopio SRT.
Il risultato è stato possibile grazie a un ricevitore a microonde operante in banda X (8 GHz) e in banda Kα (30 GHz) e uno spettrometro digitale ad altissima risoluzione basato su schede “ROACH” e dispositivi FPGA di nuova generazione, messo a punto a Cagliari nell’ambito di una collaborazione internazionale denominata “CASPER”. Lo sviluppo di questo strumento costituisce il cuore di un Progetto “Tender” finanziato dalla Regione Autonoma della Sardegna, a cui partecipano l’INAF - OAC e il Dipartimento di Ingegneria Elettrica ed Elettronica (DIEE) dell’Università di Cagliari.
Per il Presidente dell’INAF, Nichi D’Amico: «Il radio telescopio SRT, oltre ad essere uno strumento di avanguardia della radio astronomia moderna, possiede grandi potenzialità in svariate applicazioni spaziali in cui la Sardegna può giocare un ruolo leader, e alle quali la Comunità Europea sta ponendo grande attenzione: per esempio il monitoraggio dei detriti spaziali e degli asteroidi in potenziale rotta di collisione con la Terra, una problematica in cui ci si gioca la sicurezza a livello planetario e l’utilizzo nel potenziamento della rete di antenne che possono operare in ricezione dei dati inviati da sonde interplanetarie, come Rosetta».
Le attività, promosse da Roberto Ambrosini, sono state condotte dalla Squadra Operativa di SRT, in collaborazione con l’Istituto di Radio Astronomia dell’INAF di Bologna, guidati da Tonino Pisanu, Tecnologo dell’INAF che coordina i laboratori Tecnologici della sede di Selargius e da Alberto Pellizzoni, Astronomo che ha curato la caratterizzazione astronomica del ricevitore. Hanno contribuito all’installazione e all'utilizzo del ricevitore: Giuseppe Valente, Pasqualino Marongiu, Enrico Urru, Marco Buttu, Raimondo Concu, Elise Egron, Francesco Gaudiomonte, Noemi Iacolina, Adelaide Ladu, Andrea Melis, Pierluigi Ortu, Mauro Pili, Sergio Poppi, Andrea Saba, Giampaolo Serra e Gian Paolo Vargiu. La Squadra Operativa di SRT è coordinata da Ettore Carretti.
14 novembre 2015
13 novembre 2015
Annabel, cervello artificiale che parla come un bimbo (13 Novembre 2015)
Per formare pensieri e parole la nostra mente esercita «un uso infinito di mezzi finiti», secondo l'immagine fornita due secoli fa dal filosofo e naturalista tedesco Karl Von Humboldt. Ma in che modo il cervello impara a elaborare e a gestire il lignuaggio?
Per trovare una risposta un gruppo di ricercatori delle Università di Sassari e Plymouth ha sviluppato al calcolatore un modello cognitivo, formato da 2 milioni di neuroni, al quale sono state “insegnate” 1587 frasi tipiche dello sviluppo del linguaggio infantile. Così Annabell (Artificial Neural Network with Adaptive Behavior Exploited for Language Learning), digiuno di conoscenze linguistiche, ha imparato a “parlare” con interlocutori umani e ha prodotto 521 frasi con nomi, verbi, aggettivi, pronomi. È emerso che i processi decisionali non si basano su regole precodificate ma sui meccanismi dell'apprendimento del cervello biologico. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, è stato presentato alla conferenza Bica 2015, a Lione dal 6 all'8 novembre. Lo firmano Bruno Golosio, Olesya Gamotina e Giovanni Luca Masala (Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e ingegneria dell'informazione dell'Università di Sassari) e Angelo Cangelosi (docente di intelligenza artificiale all'Università di Plymouth).
«Nel cervello umano - spiega Bruno Golosio - ogni neurone è connesso agli altri grazie alle sinapsi. Che trasmettono con un'efficacia che varia in relazione ai segnali emessi dal neurone posto prima della sinapsi con quello che viene dopo. L'efficacia sinaptica aumenta quando il neurone che precede produce un impulso elettrico in simultanea con quello che segue. Questa caratteristica, detta plasticità sinaptica, è alla base dell'apprendimento e della memoria a lungo termine. Ci sono poi i neuroni bistabili, aperti o chiusi, in base a un messaggio di controllo proveniente da altri neuroni. Se i gate sono aperti trasmettono il segnale da una parte all'altra del cervello. In caso contrario lo bloccano. Dato che neuroni si comportano come cancelli, la loro azione è stata chiamata “gating neurale”. Annabel ha imparato, grazie alla plasticità sinaptica, a controllare i segnali che aprono e chiudono i gate neurali, così da regolare il flusso dell'informazione tra aree diverse, dicendoci che la mente è in grado di sviluppare capacità cognitive più raffinate grazie all'interazione con l'ambiente esterno e pochissime conoscenze innate».
Il prossimo passo? «Incorporare il modello in un robot e capire il dialogo tra macchina e umani».
Per trovare una risposta un gruppo di ricercatori delle Università di Sassari e Plymouth ha sviluppato al calcolatore un modello cognitivo, formato da 2 milioni di neuroni, al quale sono state “insegnate” 1587 frasi tipiche dello sviluppo del linguaggio infantile. Così Annabell (Artificial Neural Network with Adaptive Behavior Exploited for Language Learning), digiuno di conoscenze linguistiche, ha imparato a “parlare” con interlocutori umani e ha prodotto 521 frasi con nomi, verbi, aggettivi, pronomi. È emerso che i processi decisionali non si basano su regole precodificate ma sui meccanismi dell'apprendimento del cervello biologico. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Plos One, è stato presentato alla conferenza Bica 2015, a Lione dal 6 all'8 novembre. Lo firmano Bruno Golosio, Olesya Gamotina e Giovanni Luca Masala (Dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e ingegneria dell'informazione dell'Università di Sassari) e Angelo Cangelosi (docente di intelligenza artificiale all'Università di Plymouth).
«Nel cervello umano - spiega Bruno Golosio - ogni neurone è connesso agli altri grazie alle sinapsi. Che trasmettono con un'efficacia che varia in relazione ai segnali emessi dal neurone posto prima della sinapsi con quello che viene dopo. L'efficacia sinaptica aumenta quando il neurone che precede produce un impulso elettrico in simultanea con quello che segue. Questa caratteristica, detta plasticità sinaptica, è alla base dell'apprendimento e della memoria a lungo termine. Ci sono poi i neuroni bistabili, aperti o chiusi, in base a un messaggio di controllo proveniente da altri neuroni. Se i gate sono aperti trasmettono il segnale da una parte all'altra del cervello. In caso contrario lo bloccano. Dato che neuroni si comportano come cancelli, la loro azione è stata chiamata “gating neurale”. Annabel ha imparato, grazie alla plasticità sinaptica, a controllare i segnali che aprono e chiudono i gate neurali, così da regolare il flusso dell'informazione tra aree diverse, dicendoci che la mente è in grado di sviluppare capacità cognitive più raffinate grazie all'interazione con l'ambiente esterno e pochissime conoscenze innate».
Il prossimo passo? «Incorporare il modello in un robot e capire il dialogo tra macchina e umani».
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12 novembre 2015
Pietro Greco in posa nello studio di Albert Einstein
Ieri al Cagliari FestivalScienza ho trovato una persona che è nata
due giorni dopo la morte di Einstein, Pietro Greco, giornalista e
scrittore. Ho scattato questa foto accanto alla riproduzione dello
studio di Einstein che impreziosisce il festival di Cagliari:
Pietro Greco, di cui mi onoro di essere stato allievo (al Master in Comunicazione della Scienza, alla Sissa si Trieste) nei suoi due seminari a Cagliari ha illustrato molto bene, da grande giornalista e scrittore, il tentativo che la scienza conduce, da secoli, di spiegare, classificare, ordinare la conoscenza.
Quella che lo storico della scienza Gerald Holton ha definito la Sindrome Ionica, perché colpisce tutti coloro, a partire dai filosofi greci, che cercando di unificare lo scibile umano.
Sempre Holton, ha raccontato Pietro Greco agli studenti liceali sardi che hanno riempito la sala conferenze dell'ExMà, è riuscito a enumerare 100 "pregiudizi filosofici" che sono stati a volte utili e a volte di ostacolo all'evoluzione del pensiero scientifico. Così oggi abbiamo due grandi famiglie di concetti descrittori della natura fisica delle cose e dei fenomeni: da una parte la gravità e dall'altra tutto il resto. Oggi si cerca la grande teoria unificatrice, la teoria del tutto. Ma la domanda ultima è: esisterà davvero?
E comunque, ha concluso Greco citando ancora una volta Albert Einstein, la cosa più importante da cercare è un futuro desiderabile per la specie umana, attraverso un processo di unificazione rispettoso delle diversità.
Andrea Mameli blog Linguaggio Macchina 12 Novembre 2015
Intervista al Professor Greco - Marmo pregiato e legno scadente [di S.Cavagnino, Unica Radio]
P.S. Questa foto è stata scattata da Ralph Morse, fotografo della rivista Life, il 18 aprile 1955, poche ore dopo la morte di Albert Einstein, nel suo studio all'università di Princeton. Che dire. Un bravo fotografo non è solo quello che sa "fare" gli scatti, ma quello che li sa anche "pensare":
Pietro Greco, di cui mi onoro di essere stato allievo (al Master in Comunicazione della Scienza, alla Sissa si Trieste) nei suoi due seminari a Cagliari ha illustrato molto bene, da grande giornalista e scrittore, il tentativo che la scienza conduce, da secoli, di spiegare, classificare, ordinare la conoscenza.
Quella che lo storico della scienza Gerald Holton ha definito la Sindrome Ionica, perché colpisce tutti coloro, a partire dai filosofi greci, che cercando di unificare lo scibile umano.
Sempre Holton, ha raccontato Pietro Greco agli studenti liceali sardi che hanno riempito la sala conferenze dell'ExMà, è riuscito a enumerare 100 "pregiudizi filosofici" che sono stati a volte utili e a volte di ostacolo all'evoluzione del pensiero scientifico. Così oggi abbiamo due grandi famiglie di concetti descrittori della natura fisica delle cose e dei fenomeni: da una parte la gravità e dall'altra tutto il resto. Oggi si cerca la grande teoria unificatrice, la teoria del tutto. Ma la domanda ultima è: esisterà davvero?
E comunque, ha concluso Greco citando ancora una volta Albert Einstein, la cosa più importante da cercare è un futuro desiderabile per la specie umana, attraverso un processo di unificazione rispettoso delle diversità.
Andrea Mameli blog Linguaggio Macchina 12 Novembre 2015
Intervista al Professor Greco - Marmo pregiato e legno scadente [di S.Cavagnino, Unica Radio]
P.S. Questa foto è stata scattata da Ralph Morse, fotografo della rivista Life, il 18 aprile 1955, poche ore dopo la morte di Albert Einstein, nel suo studio all'università di Princeton. Che dire. Un bravo fotografo non è solo quello che sa "fare" gli scatti, ma quello che li sa anche "pensare":
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La scrivania di Albert Einstein il 18 Aprile 1955. Foto: Ralph Morse/Life |
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