10 novembre 2018

Con Pietro Greco e la sua Fisica per la pace (Cagliari FestivalScienza 2018)

Ho avuto il doppio onore di presentare l'intervento di Pietro Greco al Cagliari FestivalScienza 2018. Il primo motivo è che Pietro rappresenta per me il modello del giornalista scientifico: pronto a scavare in profondità nelle notizie, curioso, serio, ma anche in grado di svelare retroscena bizzarri o involontariamente comici. Lo so perché l'ho ascoltato spesso, a Radio Tre Scienza, ho letto molti suoi articoli e libri, tra cui Hiroshima. La fisica conosce il peccato e soprattutto lo considero il mio maestro di giornalismo scientifico, per i suoi insegnamenti al Master in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste.
Il secondo motivo è che l'intervento di Pietro aveva lo stesso titolo del libro Fisica per la pace. Tra scienza e impegno civile (edizioni Carocci).
Per me questo è un tema molto importante: la fisica non è solo uno strumento per vedere il mondo ma anche un metodo per viverlo meglio. Pietro lo spega mostrando alcuni esempi, come il Centro internazionale di Fisica teorica (ICTP) di Trieste, il SESAME (il Synchrotron-light for Experimental Science and Applications in the Middle East in Giordania), il CERN di Ginevra, l’organizzazione Pugwash per il disarmo nucleare, le Conferenze del gruppo di lavoro permanente per la Sicurezza internazionale e il controllo degli armamenti di Edoardo Amaldi. Ma c'è anche spazio per l'impegno di Einstein per il pacifismo e per la nascita degli Stati Uniti d’Europa, allo scoppio della Prima guerra mondiale. E ovviamente per il Manifesto di Einstein e Russell del 1955. 
In uno dei suoi articoli Pietro Greco, citando il sociologo Robert Merton (e il suo acronimo CUDOS: Comunitarismo, Universalismo, Disinteresse, Originalità e Scetticismo sistematico) indica i cinque valori che fanno della scienza un'attività profondamente democratica: il comunitarismo (comunicare tutto a tutti), l'universalismo (tutti possono concorrere a fare scienza), l'assenza di interessi particolari (perché la scienza come sosteneva Francis Bacon non deve essere a beneficio solo di alcuni, ma di tutta l’umanità), l'originalità (riconosciuta dai peer, dai colleghi) e lo scetticismo sistematico (tutto può e deve essere sottoposto a critica).
Durante la presentazione di Cagliari c'è stato anche lo spazio per una breve incursione nell'attualità, a partire dal capitolo "L'Europa nello spazio" in cui si parla della questione che si era posta negli anni Cinquanta "se accettare o meno la presenza dei militari nelle nascenti istituzioni spaziali", a fronte della rimozione del fisico Roberto Battiston dalla presidenza dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), per decisione del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) Marco Bussetti. 


Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 11 Novembre 2018


07 novembre 2018

L'astrofisica Marica Branchesi: «La Sardegna nel progetto ET» (7 novembre 2018)


Lo scorso anno per il mensile Nature era tra le dieci personalità scientifiche più significative. Nell'aprile 2018 la rivista Time l'ha inserita tra le cento persone più influenti del mondo. Marica Branchesi, 41 anni di Urbino, astrofisica del Gran Sasso Science Institute, associata all'Infn e Inaf, sarà domani al Rettorato dell'Università di Cagliari per l'inaugurazione dell'undicesima edizione del FestivalScienza. Le abbiamo chiesto le origini della sua passione per la scienza.
Di cosa parlerà nell’Aula Magna dell'Università?
«Delle scoperte degli ultimi due anni. Scoperte emozionanti, che hanno fatto capire come funzionano molte cose che non riuscivamo ancora a spiegare. Ci sarà con me un collega, Ettore Majorana, nipote del famoso fisico siciliano. Parleremo delle nostre ricerche e cercheremo di trasmettere il nostro entusiasmo per il lavoro che facciamo. E parleremo di queste grandi scoperte, che riguardano i buchi neri e le stelle di neutroni. Sui primi ora sappiamo cose che fino a 5 anni fa non sapevamo spiegare: come si formano, come evolvono, come si trasformano. Mentre sulla fusione di stelle di neutroni abbiamo risolto enigmi che duravano da più di vent’anni, tra i quali la maniera in cui si formano i metalli pesanti nell’universo, compreso l’oro. Inoltre, ora abbiamo nuovi indizi sulla velocità di espansione dell’universo. Parleremo anche delle prospettive future, in particolare le nuove osservazioni che, a partire dal 2019, le antenne americane Ligo e il nostro interferometro Virgo compiranno nel cielo, il che porterà sicuramente tante nuove scoperte nei prossimi anni. Infine parleremo dei rivelatori che arriveranno dopo Virgo e Ligo e riguardano la Sardegna, dato che la vostra splendida isola è stata selezionata come possibile sede dei nuovi rivelatori, nel progetto ET: Einstein Telescope. Si tratterà di strumenti più sensibili, in grado di vedere un universo più grande che può arrivare più vicino al big bang. La Sardegna ha le carte in regola, anche perché dispone di uno strumento di eccellenza: il radiotelescopio SRT.»
Lei di che cosa si occupa?
«Io mi occupo di astronomia multi-messaggera, cioè quella branca dell’astronomia che osserva i fenomeni servendosi di più segnali “messaggeri”: le onde elettromagnetiche, le onde gravitazionali e, speriamo, anche i neutrini.»
Quale, tra i numerosi confini della scienza ancora inesplorati, la affascina di più? 
«Io penso che ora siamo come Galileo quando puntò per la prima volta il cannocchiale: iniziamo a vedere vediamo quello che prima era invisibile. Stiamo vivendo l’inizio di una nuova astronomia, è questo che mi affascina di più. Ma questi ultimi due anni sono stati due tanto eccitanti con talmente tante scoperte che non so bene cosa aspettarmi.»
Dal 1901 a oggi il Nobel per la Fisica è stato tributato a 201 uomini e solo a 3 donne. In che modo si potrebbe cambiare qualcosa?
«Sicuramente alle donne va riconosciuto il merito che hanno. E bisogna dare alle donne gli strumenti per emergere. Non voglio banalizzare ma gli asili vicino al lavoro sono uno strumento importante, che però può valere anche anche per i maschi. Di sicuro dobbiamo ridurre le barriere che legano la scienza, teorica e sperimentale, in particolare la fisica e l’astrofisica, a degli stereotipi difficili da abbattere. La scienza viene associata più ai bambini che alle bambine. Le donne devono sapere che la ricerca scientifica è un mestiere non solo da uomini. Inoltre non è solo una questione di Nobel: a livello dirigenziale le donne sono sempre meno degli uomini. E questo ha riflessi anche sulla media dei compensi, che risultano per noi più bassi.» 
È vero che quando è uscita la classifica del Time lei, che ritornava nel nostro Paese dopo una lunga esperienza professionale all’estero, ha detto che l'Italia dimentica la scienza?
«No, in realtà avevo detto che spesso i ricercatori italiani hanno riconoscimenti all’estero ma quasi mai in Italia. Come del resto è successo a me. Invece l’Italia è piena di ricercatori bravissimi.» 
Perché?
«All’estero gli stipendi sono mediamente più alti ed è più facile accedere ai finanziamenti. Inoltre Italia si fa più difficoltà a dare responsabilità scientifiche ai giovani. E poi l’Italia attira poche menti straniere.»
Cosa si può fare?
«Si potrebbe cercare di far venire in Italia più ricercatori, professori e studenti dall’estero, perché dove l’ambiente è più “internazionale” è più facile attirare finanziamenti e fare nuove scoperte. Dove lavoro, Al Gran Sasso Institute, ci sono molti professori e studenti stranieri e per certi aspetti è affascinante, perché è come essere all’estero.»
Pregi e difetti del suo lavoro?
«È molto bello lavorare nella ricerca anche perché si viaggia molto e si possono conoscere tante persone. E spesso si provano forti emozioni. Di negativo c’è la competizione, che a volte è difficile da gestire.»

ANDREA MAMELI

04 novembre 2018

«I sardi? Eccellenza del Cern» (3 novembre 2018)

Come un'isola nell'isola. È la Sardegna dentro il Cern, il più grande laboratorio del mondo di fisica delle particelle che si trova al confine tra Svizzera e Francia alla periferia ovest della città di Ginevra. Un’isola, per niente isolata, composta dalle ricercatrici e dai ricercatori sardi che popolano la comunità internazionale impegnata a scavare nei più profondi segreti dell'atomo.
Ne abbiamo parlato con Alessandro Cardini, Primo Ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) Sezione di Cagliari e responsabile, per Cagliari, dell'esperimento LHCb, che si svolge nell’acceleratore installato nel sottosuolo di Ginevra, il Large Hadron Collider.
Cardini il 6 novembre alle 20 terrà una conferenza, organizzata dal Rotary Club Quartu Sant’Elena, al Caesar’s Hotel: “La Sardegna al CERN - Storie e attività degli scienziati sardi nel più grande laboratorio di ricerca del mondo”.
Cardini, quanta Sardegna c'è al CERN?
«Parecchia. Grazie all'Università di Cagliari e alla locale Sezione dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare c'è una partecipazione importante a due grandi esperimenti, LHCb e ALICE, che sfruttano la collisione tra particelle di altissima energia nel Large Hadron Collider. Questa "Scuola Cagliaritana" ha preparato molti giovani che ora hanno un posto di lavoro nella Ricerca in varie parti d’Europa: Gran Bretagna, Francia, Svizzera e Italia.»
Che cosa fate al Cern?
«I ricercatori Sardi hanno costruito componenti importanti degli esperimenti LHCb e ALICE: rivelatori di particelle, circuiti integrati necessari per l'acquisizione dei dati, schede di elettronica per il controllo dei rivelatori e per l'elaborazione degli stessi dati. Abbiamo poi contribuito alla scrittura del software necessario per fare funzionare questi esperimenti. Inoltre ci occupiamo di analizzare i dati che acquisiamo dal 2009 e che continuiamo a raccogliere. Nel 2019 e nel 2020 i nostri ricercatori saranno impegnati nella realizzazione di importanti migliorie nei rispettivi apparati sperimentali.»
Quanti siete?
«Siamo 30 fisici e ingegneri e 5 tecnici. E da qualche anno siamo in leggera crescita. L’anno scorso l'INFN di Cagliari ha assunto due nuovi ricercatori: una ragazza e un ragazzo, tutti e due bravissimi, che alcuni anni fa erano studenti della nostra Università. Dopo il Dottorato all'estero, in Germania e Gran Bretagna hanno partecipato a un concorso nazionale indetto dall’INFN e sono risultati tra i vincitori, poi hanno scelto di tornare a Cagliari a lavorare con noi. Voglio far notare che avrebbero potuto prendere servizio in qualsiasi altro posto in Italia dove c'è l'INFN, ma sono voluti tornare a Cagliari perché qui hanno visto delle importanti possibilità per la loro crescita scientifica. Una grande soddisfazione per tutti noi.»
Un giorno avremo un Nobel per la fisica sardo?
«Perché no? I nostri giovani sono bravissimi e estremamente ben preparati. I nostri colleghi stranieri ce li invidiano e spesso ce li "prendono" al Dottorato o con un posto di lavoro subito dopo. Ma ogni tanto riusciamo a offrir loro la possibilità di tornare. In ogni caso lavoriamo in un ambiente, quello del CERN, in cui tutti hanno uguali probabilità di successo scientifico.»
Quante cose sono nate al Cern, come il World Wide Web, in cui il primo sito italiano fu creato nel 1993 proprio a Cagliari, al CRS4?
«Si, il CERN aveva sviluppato il WEB nei primi anni 90 per uso interno - per permettere ai componenti di un gruppo di lavoro di scambiarsi le informazioni - e ricordo infatti che lo usavamo già nell'esperimento al quale ho lavorato dal 1990 al 1994 (“NOMAD”: esperimento per la ricerca delle oscillazioni dei neutrini). Ora tutti usiamo il WEB. Un altro dispositivo nato al CERN sono i touchscreen, sviluppati per il controllo di uno degli acceleratori. Anche quelli li usiamo tutti ora, negli smartphone? E ancora, la tecnologia degli acceleratori di particelle, sviluppata anche al CERN, ci ha anche permesso di costruire il Centro Nazionale di Terapia Oncologica di Pavia, dove si curano i tumori bombardandoli con fasci di protoni e ioni. E tante altre cose ancora...»
Quali saranno le prossime scoperte in cui saranno coinvolti dei sardi?
«I ricercatori dell'esperimento Alice cercano un nuovo stato della materia chiamato Quark-Gluon Plasma. In LHCb vogliamo comprendere le differenze tra la materia e l’antimateria e vedere se esistono dei nuovi fenomeni che vanno oltre quello che conosciamo oggi, il cosiddetto "Modello Standard". Stiamo continuando a lavorare all'analisi dati raccolti dal 2009. Con l'upgrade che faremo nel 2019 e nel 2020 riusciremo a raccogliere dati più accurati e sempre più velocemente per fare misure sempre più precise. Come si dice in inglese stay tuned: restate in ascolto!»

Andrea Mameli