L'invasione degli Ultra-Film

Intervento pubblicato nella guida al ciclo "Il cinema di Fantascienza. Dai classici alla rivoluzione di 2001 odissea nello spazio" (Società Umanitaria, Cineteca Sarda, 2011)


L'invasione degli Ultra-Film
Andrea Mameli

Fantascienza. In futuri ipotetici, in genere distopie tecnologiche di tirannia e caos, l'autore di fantascienza spesso si sposa con l'uomo anti-stato dell'epica moderna, con l'azione e con l'avventura.
Robert McKee in Story. Substance, structure, style, and the principles of screenwriting, 1997.

L'invasione è iniziata molto tempo fa. Forse proprio con quella locomotiva a vapore che si avvicina al pubblico terrorizzato (L'Arrivée d'un train en gare de La Ciotat, 1896) frutto di due menti creative (Auguste e Louis Lumière). La scienza a vapore e il cinema muto, anche se non sembra, sono la vera incubatrice della cosidetta Sci-Fi.
Ma, andando ancora indietro nel tempo, notiamo che la specie Homo Sapiens ha avuto bisogno da sempre di nutrire la dimensione del fantastico e del mito, miscelando forza e bellezza, emozione e razionalità. E non è questo il nutrimento della Fantascienza? Un modo per sollevarsi dai problemi dell'oggi guardando al domani? Per fuggire dal quotidiano e evadere nell'immaginario? Certo, ma non solo: anche per capirsi meglio, per pensare a qualcosa che non abbiamo (ancora) o per tentare di conservare i sogni. Scenari in contraddizione tra loro? Certo, e a volte le contraddizioni sono tali da portare al successo una cosa e il suo opposto: la paura per il diverso, e qui sveliamo subito una delle più feconde chiavi della Sci-Fi, ma anche l'immedesimazione nell'altro. È quello che accade, per iniziare con qualche esempio, con i vampiro, nel caso di Twilight, o i mutanti di X-Men o Hellboy, in una continua riproposizione della lotta del bene contro male, del divino contro il demoniaco.
Forse, via via che la scienza soppianta il pensiero magico, giungendo a spiegare ogni cosa, l'effetto della Fantascienza non è più, o non è tanto, quello di anticipare o prevedere, quanto quello di far riprendere alle nostre menti quei percorsi che razionalmente abbiamo imparato a mettere da parte. E, come vale per la lettetura di genere, anche il cinema di fantascienza non è più (forse) una risposta alle sollecitazioni delle scoperte scientifiche quanto l'adattamento attuale all'esigenza di fantastico.
Ma in quel suo continuo sforzo, non sempre riuscito, di rappresentare il pensiero umano e di tramandarlo, di rendere in immagini la conoscenza consapevole del Sé, si nasconde tutto il fascino della Fantascienza e, ancora una volta, tutte le sue contraddizioni. Se è vero che il cinema rappresenta la sintesi delle realtà osservabili, e osservate, è anche vero che la pellicola riesce a dar vita a stravolgimenti del senso comune delle cose e a far vedere l'invisibile. E non sempre questo stravolgimento è distante dal reale, come accade nei casi in cui la spiegazione scientifica si discosta dal senso comune: la dimensione quantistica e la dimensione astronomica, o la relatività,
L’arte filmica è così diventata un potente (per alcuni il più potente) alleato della narrazione fantastica. Una rarrazione inestricabilmente connessa con la ricerca di spunti scientifici e tecnologici. Ma a volte la connessione è solo apparente. L'esempio classico di questa dimensione primordiale, di sospensione dell'incredulità, è Viaggio sulla luna (Le Voyage dans la Lune) del 1902 di Georges Mélies.
La celebre pellicola ispirata a Verne colpisce per la facilità con la quale i protagonisti affrontano il viaggio verso la Luna. E questo tratto accentua la difficoltà che allora gli uomini incontravano solo a immaginare quel viaggio come possibile. Questa considerazione ci porta a sottolinerare anche un altro aspetto: l'opera filmica classificata come Sci-Fi (le classificazioni spesso sono odiose ma in questo caso aiutano nel ragionamento) ha un impatto decisamente diverso a seconda del periodo in cui viene visionata. D'altronde, se è vero che con la tecnologia evolve anche la stessa diffusione della conoscenza scientifica, è anche vero che parallelamente evolvono le tecnche cinematografiche e il gusto degli spettatori.
Quante volte un vecchio film di fantascienza mostra, se visto alcune decine d'anni dopo la sua uscita, ingenuità e grossolanità? E quante volte le previsioni non si avverano (o non si avverano ancora)? Talvolta l'intento è stato dichiarato esplicitamente: è il caso di Viaggio allucinante
(“Fantastic Voyage”, Richard Fleischer, 1966). Il libro di James Kakalios “La fisica dei superoi” ci ricorda che all'inizio del film compare la scritta:
Questo film vi porterà in un luogo dove nessuno è mai stato prima, nessun testimone ocupare ha effettivamente visto ciò che state per vedere. Ma in questo nostro mondo, dove i viaggi sulla Luna saranno presto una realtà e dove intorno a noi accadono le cose più incredibili, un giorno, forse domani, gli eventi fantastici che state per vedere potranno accadere, e lo faranno”.
Forse è per questo che uno dei più prolifici autori di Sci-Fi, Theodore Sturgeon, dichiarava sprezzante: “Il 90 per cento della science-fiction è spazzatura, ma del resto il 90 per cento di ogni cosa esistente è spazzatura".
Ed è per questo che io parlo di invasione degli ultra-film: invasione, in quanto produzione copiosa, di film che desiderano andare oltre, ma spesso non ci riescono, o ci riescono solo a tratti.
Ma qualche capolarovo esiste. Penso a L'invasione degli ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers, 1956). Questo film infrange i canoni in uso fino a quel momento: non ci sono i mostri, gli alieni, le astronavi. La regia di Siegel materializza il terrore di una minaccia ancestrale, che arriva la notte, mentre si dorme. Il titolo scelto dal regista era “No sleep more” (“Non dormire più”) ma per la produzione sarebbe stato troppo. E quel grido del dottor Bennel (Kevin McCarthy): "Voi siete i prossimi! ("You're the nex!") è un urlo senza tempo. La paura dell'ignoto è esaltata al massimo in questo film diretto da Don Siegel, senza effetti speciali. E proprio questo lo rende intramontabile: a differenza delle pellicole che prima dicevamo ingenue e grossolane qui non ci sono tecniche filmiche destinate a tramontare. Vi sono però altri aspetti che cambiano: muta la percezione del significato, che si ritiene nascosto dietro la pellicola. L'invasione degli ultracorpi è stato considerato di volta in volta uno strumento di critica al comunismo e poi al fascismo. Ma Siegel aveva altro in mente, come disse lui stesso nelle ultime interviste: “Quando la pellicola fu pronta né lo sceneggiatore né io, tantomeno, pensavamo a un qualsiaasi simbolismo politico. La nostra intenzione era di attaccare una concezione della vita abulica”. Quella di Siegel è una difesa della libertà delle persone. Una difesa controcorrente, anarchica, sovversiva.
Come scrive Daniele Barbieri (autore dell'antologia “Immaginare futuri”): “il pregio della fantascienza è un altro: costringerci a pensare che possano esistere sentieri diversi, visioni pericolose, ragionamenti laterali, culture altre, alienità in noi e negli altri, infinite probabilità, ricchezze perdute, nuove umanità, soprattutto nel senso in cui Dick usa questa parola nel racconto Umano è, magari metalli urlanti e umanoidi associati.”
Alcuni registi hanno tentato di ripetere, a mio modo di vedere maldestramente, la sottilie alchimia che ha portato a creare L'invasione degli ultracorpi.
Solo nel 1988 qualcosa di simile è riuscito a John Carpenter con Essi vivono (They live). 
Liberamente ispirato al racconto del 1963 Eight O'Clock in the Morning di Radell Faraday Nelso, Essi vivono sembra riportare l'alieno al rango di nemico pubblico numero uno. Ma è tutto qui? O c'è qualcosa di più?
Questo film è stato disprezzato perché sembra un “B movie”, con tanto di lunghe scazzottate e varie ingenuità. Alla fine sembra dire esattamente quello che ci mostra: se ci lasciamo omologare saremo schiavi della civiltà dei consumi. Se invece ci destiamo, con la metafora del guardare attraverso gli occhiali svela-alieno, alla paura per gli invasori possiamo sostituire il disprezzo per la nostra stessa idiozia.
È qui che “Essi vivono” sembra cogliere l'eredità di Don Siegel: al posto del grido "Voi siete i prossimi!”, in questo caso il protagonista, l’operaio interpretato dall'ex wrestler "Rowdy" Roddy Piper, punta la pistola contro l’obiettivo della macchina da presa e pronuncia il faticido: “Ora tocca a voi!”. Ma John Carpenter secondo me aveva in tasca un doppio trucco: ha girato un film di serie A mascherato da film di serie B. E il suo intento era (anche) mettere alla prova i critici di cinema.
Ma se il cinema di fantascienza non è solo intrattenimento attenzione a non cadere dal lato opposto, come sembra fare Roberto Pinotti, sociologo e ufologo, autore del libro “Fantacinema, effetto UFO. Hollywood, la Cia e la prospettiva del contatto alieno. Storia di un complotto mediatico” (Editoriale Olimpia, 2006). L'immaginario collettivo fantascientifico, è la tesi di Pinotti, sarebbe stato costruito apposta allo scopo di prepararci all'arrivo degli extraterrestri. Messaggi subliminali organizzati dagli Usa per la più grande operazione camomilla: evitare il panico dell'incotro ravvicinato del terzo tipo.
In conclusione, lasciatemelo scrivere, cosa sarebbe stato il film di fantascienza senza il romanzo di fantascienza? Un esempio su tutti: Philip K. Dick. La straordinaria forza, la capacità visionaria, la carica sovversiva, di questo scrittore hanno regalato al cinema il nutrimento per alcuni film divenuti, nel bene e nel male, indimenticabili. In particolare, da Cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?, 1968) è nato Blade runner (regia di Ridley Scott, 1982). Dal racconto Memoria totale Paul Verhoeven ha creato Atto di forza (“Total Recall”, 1990). Urla dallo spazio (Screamers, 1995) è basato sul racconto Modello Due (Second Variety), mentre Minority Report (Steven Spielberg, 2002) è basato sul racconto Rapporto di minoranza (The Minority Report, 1956). Ma a volte non è tutto così palese: molti elementi portano a ricondurre la sceneggiatura di The Truman Show (Peter Weir, 1998) al romanzo Tempo fuor di sesto (Time Out of Joint, 1959), ma Dick non viene mai citato nel film. Così come brandelli di ispirazioni dickiane sono rintracciabili in Apri gli occhi (Abre los ojos, Alejandro Amenàbas, 1997) e L'esercito delle 12 scimmie (Twelve Monkeys, Terry Gilliam, 1995).

Finisco con una bufala.

Il cacciatore di bufale Paolo Attivissimo ha scoperto che la presunta classifica dei peggiori film di fantascienza che parrebbe (stando a decine di articoli reperibili nel web) frutto della NASA e del Science and Entertainment Exchange, non esiste proprio. È tutta inventata. Ma vediamola lo stesso, questa classifica fantasma, perché qualcuno o qualcuna lo sforzo di redigerla deve averlo compiuto, NASA o non NASA.

Questa è la lista dei peggiori film di fantascienza, secondo il Sunday Times
  1. 2012 (2009)
  2. The Core (2003)
  3. Armageddon (1998)
  4. Volcano (1997)
  5. Chain Reaction (1996)
  6. The 6th Day (2000)
  7. What the #$*! Do We Know? (2004).
E la lista dei migliori? Eccola:
  1. Gattaca (1997)
  2. Contact (1997)
  3. Metropolis (1927)
  4. The Day the Earth Stood Still (1951)
  5. Woman in the Moon (1929)
  6. The Thing from Another World (1951)
  7. Jurassic Park (1993).

    Letture consigliate
  • Teresa Biondi, La fabbrica delle immagini. Cultura e psicologia nell'arte filmica. Edizioni Magi, 2007
  • Lawrence M. Krauss, La fisica di Star Trek. Longanesi, 1996
  • Paul A. Woods, Il pianeta delle scimmie. La guida ufficiale alla saga. Hobby & Work Publishing, 2001
  • James Kakalios, La fisica dei supereroi. Einaudi, 2005
  • Daniele Barbieri, Riccardo Mancini, Immaginare futuri. Racconti di fantascienza. La Nuova Italia, 1992
  • Il blog antibufale di Paolo Attivissimo http://disinformatico.info


Andrea Mameli si sente attratto dalla Fantascienza fin dalla più tenera età e vi sono probabilità che prosegua su questa strada. Ha una laurea in Fisica e un Master in Comunicazione della Scienza, si occupa di innovazione, sostenibilità e relazioni tra scienza e altri campi dello scibile. Affronta queste tematiche nelle collaborazioni giornalistiche e con il blog www.linguaggiomacchina.it

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