Il verme tagliato perdona l'aratro. Ma non il trattore.

«Un contadino con un bue e un aratro ottiene, per unità di energia spesa, rese migliori che non le gigantesche fattorie meccanizzate dell’America dei nostri tempi».
Scriveva così Jeremy Rifkin nel 1980 ("Entropy, a new world view").
Un'affermazione di questo tipo, senza numeri, non mi convince. Ma mi serve come spunto. Teoricamente, con la laurea in fisica e il diploma dell'istituto tecnico agrario dovrei essere titolato a trarre adeguate conclusioni. Ma di fatto in un'analisi di questo tipo entrano in gioco nolti fattori per i quali sono richieste competenze specifiche e conoscenze aggiornare. Proviamo a partire dall'inizio.

L'agricoltura, fondamentalmente, consiste nell'intercettare il flusso di energia che proviene dal sole. Grazie a questa fonte illimitata di energia le piante trasformano sali minerali, acqua e anidride carbonica in biomasa e ossigeno. Praticamente un'industria gratis. E non solo: l'energia del sole garantisce ache lo spostamento di grandi masse d'acqua, a sua volta indispensabile all'agricoltura e a sua volta gratis.
Inoltre quella che proviene dal sole è un'energia a bassa entropia. Per capire cos'è l'entropia pensiamo a una scatola di carte da gioco. Al momento dell'acquisto le carte sono in perfetto ordine. Ora, proviamo a mischiarle. Se le rimischiamo, casualmente, la probabilità di rimetterle a posto è tanto prossima allo zero che possiamo ritenere impossibile ricreare le condizioni iniziali in maniera spontanea.
Le piante verdi svolgono un ruolo molto importante rispetto all'entropia: immagazzinano le radiazioni solari attraverso le trasformazioni chimiche e fisiche connesse con la fotosintesi clorofilliana. In questo modo una parte dell'energia solare non si disperde, in entropia elevata.
Ecco perché bruciare combustibili fossili, oltre a liberare in atmosfera l'anidride carbonica che si trovava conservata per centinaia di milioni di anni, comporta anche un aumento di entropia.
Nei campionati del mondo di aratura meccanica (link in basso) un ettaro di terreno viene arato in meno di 5 minuti. E questo è un altro fatto.
L'esempio del trattore da 500 cavalli, campione del mondo 2008 è illustrato molto bene da Marco Pagani nel blog EcoAlfabeta: 
Trattore da record e pio bove: «La velocità media di aratura è stata di un ettaro (superficie di poco più grande di un campo di calcio) ogni quattro minuti e mezzo, alla velocità di 12,7 km/h» e allora Marco si pone la fatidica domanda : a quale prezzo è possibile arare così in fretta?

Ecco la risposta: «durante tutta la performance sono stati consumati ben 2722 litri di benzina super! Il mostro da 500 cavalli beve qualcosa come 70 litri all’ora e quasi 9 litri per ogni ettaro.
Un aratro tradizionale trainato dai buoi o da cavalli si muove molto più lentamente (circa a 2,5 km/h secondo i dati della FAO) ed ha un vomere solo; tuttavia esso dipende da fonti di energia rinnovabile (il foraggio per gli animali da traino). Il trattore viceversa consuma petrolio, energia per eccellenza non rinnovabile e soggetta ad esaurimento».
Ma io vorrei capire una cosa: aumentare la potenza delle macchine garantisce un incremento della produzione agricola? Immagino che la risposta possa essere affermativa fino al raggiungimento di un punto critico e che poi diventi largamente negativa. Allora ho cercato in rete e ho trovato uno studio del Ministero dell'Industria (riportato nel volume "Bilanci energetici in agricoltura", T. Volpi, Laruffa Editore, 1992) secondo il quale nel periodo 1955-1989, in in Italia, la quantità di energia utilizzata in agricoltura è cresciuta di 11 volte. a fronte di un incremento della produzione (espressa in grano equivalente) di appena 2,6 volte.

La sostituzione degli animali da lavoro e delle pratiche fertilizzanti naturali con le macchine e i fertilizzanti artificiali comporta, secondo Nicholas Georgescu-Roegen, uno sperpero di bassa entropia terrestre. In "Energia e miti economici" (Torino 1998) l'economista rumeno spiegava: «quel che fa la moderna tecnica agricola è aumentare la quantità di fotosintesi su un dato pezzo di terreno coltivato. Ma è un aumento che si ottiene con un aumento più che proporzionale del consumo di bassa entropia di origine terrestre, la sola risorsa criticamente scarsa».
Ma allora cosa c'entra la fisica con la saggezza contadina? C'entra, perché una gran parte delle metodologie e delle tecniche tipiche dell'agricoltura pre-industriale erano più sostenibili, sotto il profilo puramente entropico, di quelle moderne.
Sia chiaro, a scanso di equivoci: qui nessuno invoca il ritorno all'aratura tradizionale, alle lampade a olio e alla tinozza con l'acqua scaldata sul focolare. Si cerca solo di capire cosa stiamo facendo, per garantire il nostro tenore di vita. Ricordando sempre, con Georgescu-Roegen, che «la legge dell'entropia costituisce la radice della scarsità economica. Se non fosse per questa legge, potremmo continuare a riutilizzare l'energia di un pezzo di carbone, trasformandola in calore, il calore in lavoro, e il lavoro di nuovo in calore».

Per il titolo ho preso in prestito "Il verme tagliato perdona l'aratro" ("The cut worm forgives the plow") del pota inglese William Blake, cui ho ritenuto necessario apportare una piccola aggiunta: "Ma non il trattore". Sperando di non aver aumentato, con questo, l'entropia dell'informazione.
Andrea Mameli www.linguaggiomacchina.it 30 Marzo 2013
Questo post partecipa al Carnevale della Fisica n°41 "La fisica e la saggezza contadina"
Approfondimenti:

Le foto delle erbette che crescono tra pietre, asfalto e aghi di pino le ho scattate a Cagliari e a Pula. 
Il trattore nella foto non partecipa alle competizioni: è quello di Zio Cenzo (Serri).

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