Il fotografo e il medico. Eroi dell’era nucleare
Il 10 agosto 1945 Yosuke Yamahata fu incaricato dal comando militare nipponico di fotografare una città bombardata. Non era un evento raro, di quei tempi, ma la distruzione che restò impressa in quelle foto aveva qualcosa di eccezionale. Del resto erano passati solo tre giorni dalla distruzione di Hiroshima e pochi giapponesi sapevano cosa stava succedendo. Yosuke Yamahata attraversò a piedi Nagasaki in lungo e in largo, per 8 ore di fila. E nel primo pomeriggio consegnò 117 scatti. Quel Torii, il portale del tempio scintoista, che si staglia sopra la sterminata distesa di macerie è diventato uno dei simboli della devastazione atomica. Il nome della bomba al plutonio fatta esplodere 2 minuti dopo le 11 del 9 agosto era “Fat Man” (“Ciccione”) in base alla regola non scritta secondo la quale più la bomba era distruttiva e più il suo nome deve essere spiritoso. I suoi effetti furono devastanti: 73.884 morti, 74.909 feriti, 1.929 dispersi, come recita il bollettino di guerra defininivo,