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Dietrich Steinmetz all'inaugurazione dell'Open Campus Tiscali [Foto: Andrea Mameli] |
Secondo: sono immersi in una storia, anzi in più storie: quella della loro presenza sul mercato come oggetti commerciali, quella del loro utilizzo, quella del guasto che li aveva condotti da Dietrich Steinmetz e quella della loro esposizione, che è in qualche modo una resurrezione.
Terzo: non sono chiusi dentro teche ma sono inseriti nelle pareti, nelle quali non sono poggiati ma dalle quali sporgono, si possono toccare e si possono fotografare (peraltro senza gli odiosi riflessi tipici delle teche trasparenti).
Quarto: sono immersi in un ambiente di lavoro e non collocati nelle stanze di un museo dove sarebbero accessibili solo per essere ammirati.
Quinto: la loro disposizione e le decorazioni delle pareti soddisfano la duplice esigenza di dare un senso alla loro presenza e di darlo con una scelta estetica originale, grazie agli artisti Tellas e Campidarte.
Sesto: questi oggetti, presi uno alla volta, non sarebbero altro che vecchi computer, rottami, hardware obsoleto, ferraglia e plastica, chiamateli come volete, mentre vederli insieme li rende parte di un segmento di conoscenza.
Dietro un'operazione come questa (che tecnicamente si chiama retrocomputing) sono nascoste tracce che chiedono solo di essere decifrate. Tracce di conoscenza, d'ingegno, di design. Detto con una parola grossa: cultura.
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 10 Febbraio 2014
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Open Tiscali Campus: il Commodore social |
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Open Tiscali Campus: la parete dei Sinclair e dei Commodore |
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Sinclair ZX81. Open Campus Tiscali. |
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