Ada Lovelace Byron e le studentesse del Liceo artistico al TIMgirlsHackathon di Cagliari

“Dobbiamo far bene le cose e farlo sapere”
 (Adriano Olivetti)


Chiamato a giudicare le app realizzate da una cinquantina di studentesse di licei e istituti tecnici di Cagliari, in tema "Cyberbullismo e uso consapevole del web", non ho potuto resistere al fascino immortale di Ada Lovelace Byron. Ma non è solo per questo che ho apprezzato il lavoro della squadra che ha vinto la TIMgirlsHackathon 2016 a Cagliari, composta da: Francesca Cannalire, Marta Deias, Noemi Maini, Virginia Matta e Federica Mura (classe 4I Design, Liceo Artistico e Musicale Foiso Fois di Cagliari). Per trionfare in una competizione come TIMgirlsHackathon non basta ispirarsi a una grande donna: servono idee, capacità di lavorare in gruppo e facilità nel progettare e grande voglia di imparare. Proprio gli ingredienti di cui queste ragazze si sono alimentate, il 6 Aprile 2016 (nella sede TIM di Via Calamattia a Cagliari).
Introdotte nell'ambiente di sviluppo Android App Inventor dai mentor di CodeMotion e dopo aver scelto quale idea sviluppare, le studentesse si sono messe all'opera per iniziare a realizzare la app ("Let's stop").
Per la giuria del TIMgirlsHackathon, composta da Alessandra Spada, Serena Orizi e me, non è stato facile scegliere tra i 10 gruppi che hanno preso parte alla competizione: tutte le ragazze hanno dimostrato notevole impegno e grande entusiasmo.
Io sono rimasto favorevolmente impressionato da due aspetti, nella squadra intitolata alla prima programmatrice della storia: la serenità con la quale hanno illustrato il loro progetto e il fatto che si trattava, chiaramente, di un progetto. Non hanno assemblato due immagini pescate dal web con un paio di testi scritti in fretta e tre bottoni più o meno cliccabili. Hanno progettato, in gruppo, analizzando le varie scelte possibili, fino a elaborare la serie di tavole. Un modello di lavoro professionale, non c'è che dire. E un incoraggiante esempio di capacità progettuale, dote assai rara (e non solo nei giovani).

E di fronte alla giuria le ragazze hanno descritto dettagliatamente ogni fase del loro lavoro.
Ascoltando la loro spiegazione e osservando (anzi, ammirando) le tavole, ho colto in queste ragazze il senso del credere in quello che si fa e di volerlo fare serenamente. E non mi sembra poco.

Mi auguro che possano mantenersi sempre così appassionate, felicemente, al fare, come le ho viste quel giorno.

Ecco la schermata iniziale della loro app:

Ho chiesto alla Professoressa Bix Beatrice Artizzu, che accompagnava le ragazze del Liceo Artistico Musicale Foiso Fois di Cagliari, se sono abituate a laorare in gruppo: «Lavorano sia individualmente che in gruppo, come è nella natura di uno studio professionale di architettura o design; hanno maturato una certa consapevolezza nelle loro capacità e una buona conoscenza delle tecnologie. Ma anche uno spirito critico».

E le studentesse cosa pensano della loro impresa? Mi rispondono in chat, quindi non so chi di loro esattamente: «Siamo sicuramente abituate a progettare, per questo siamo riuscite in breve tempo a realizzare un progetto per la nostra app. E per "deformazione professionale" siamo state portate a ragionare prima per mezzo delle bozze... ormai abbiamo imparato che è da quello che parte tutto, è dalle bozze che inizia un progetto e si costruisce un'idea».

Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, Domenica 10 Aprile 2016
Per le fotografie che compaiono sopra ringrazio la professoressa Beatrice Artizzu e le sue gentili allieve. 

http://ischool.startupitalia.eu/coding/53186-20160404-tim-girls-hackathon-coding

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