Triangolo delle Bermude: «Risolto il mistero. Anzi no» (5 Novembre 2016)
È il più grande pozzo dei misteri non svelati? O è la madre di tutte le bufale?
C'è poco da fare: il Triengolo delle Bemude è uno di quelle cose che dividono nettamente: o ci credi o non ci credi. Le posizioni sono sempre distanti: per i primi la cospirazione o la mano aliena sono cause lampanti; per i secondi il numero di incidenti nel presunto Triangolo maledetto non è per nulla superiore a quello di una qualsiasi altra regione a densità di traffico aeronavale molto elevata.
INTERESSE. Ma perché questa fetta di Oceano Atlantico situata tra le isole di Bermuda, Puerto Rico e Fort Lauderdale (Florida) suscita tanto interesse? L'infame zona ha goduto di enorme popolarità grazie al libro di Charles Berlitz “Bermuda, il triangolo maledetto” (titolo originale: “The Bermuda Triangle”) pubblicato nel 1974. Ma forse ancora di più è riuscito a fare Steven Spielberg nel 1977, in Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, facendo ricomparire i 5 motosiluranti della "Squadriglia 19” (sparita dai radar nel dicembre del 1945) e la nave da carico “SS Cotopaxi” (volatilizzata nel 1950) nel deserto. Tuttavia la storia, o meglio la leggenda, ebbe inizio con un articolo del 1950 comparso sul quotidiano The Miami Herald, dedicato alla sparizione dei 5 aerei. La scia mediatica prosegue con un servizio dedicato alla grande quantità di sparizioni che sarebbero avvenute in quella zona, pubblicato sulla rivista Fate (il nome della testata è tutto un programma dato che in italiano si traduce con Destino) e con un numero incalcolabile di articoli e servizi televisivi.
SPIEGAZIONE. Nei giorni scorsi pareva che fosse stata trovata una spiegazione razionale, molto distante dalle interpretazioni paranormali o complottiste. È quanto poteva sembrare ascoltando Randy Cerveny (docente di geografia della Arizona State University) e Steve Miller (metereologo della Colorado State University) in un servizio andato in onda nel programma “What On Earth?” del canale Science Channel, facilmente reperibile nel relativo canale Youtube. Gli incidenti sarebbero causati da venti in grado di sferzare la zona a 170 miglia orarie (273 chilometri all'ora). E all'origine di questi venti di straordinaria velocità, chiamati da Cerveny “air bombs” (“bombe d'aria”) ci sarebbero le “nubi esagonali” riprese dai satelliti e già note alla letteratura scientifica.
Le parole dei due ricercatori, riprese immediatamente dal Mirror (quotidiano inglese più vicino agli scandali che alla ricerca scientifica), sono poi rimbalzate in maniera acritica sui media di tutto il mondo. Ma non se ne trova alcuna traccia su riviste scientifiche e stampa specializzata. E quando il dubbio affiora in maniera prepotente, come in questo caso, è obbligatorio andare a vedere cosa ne pensa il cacciatore di bufale Paolo Attivissimo. E così dal suo blog apprendiamo che Cerveny e Miller hanno smentito la tesi a loro attribuita, contestando il modo in cui le loro parole sono state riassemblate forzatamente. In particolare http://attivissimo.blogspot.it/ rivela: «Miller ha detto che queste condizioni non possono essere incolpate delle sparizioni nel Triangolo delle Bermude, perché “avvengono ovunque... più generalmente alle latitudini medio-alte sugli oceani e solitamente nella stagione fredda”. Cerveny, in particolare, ha obiettato che “Hanno fatto sembrare che io stessi facendo una grande scoperta... Purtroppo non è così”».
BLOG. Sul blog pulseheadlines.com Elizabeth De Faria evidenzia poi che secondo Steve Miller alle nuvole esagonali non può essere attribuito il presunto potere catastrofico del Triangolo delle Bermude in quanto queste formazioni si presentano anche in altre parti del pianeta: «si tratta di un fenomeno comune, che si verifica a livello globale sopra gli oceani, di solito durante la stagione fredda».
Anzi, per Paolo Attivissimo non vi è proprio «nessuna anomalia statistica o misteriosa concentrazione di incidenti aerei e naufragi nella zona».
E allora, in fondo, la domanda forse è sempre la stessa: non se l'enigma del Triangolo è stato risolto, ma se tale enigma esiste.
ANDREA MAMELI
Articolo pubblicato il 5 Novembre 2016 nella pagina della Cultura del quotidiano L'Unione Sarda
C'è poco da fare: il Triengolo delle Bemude è uno di quelle cose che dividono nettamente: o ci credi o non ci credi. Le posizioni sono sempre distanti: per i primi la cospirazione o la mano aliena sono cause lampanti; per i secondi il numero di incidenti nel presunto Triangolo maledetto non è per nulla superiore a quello di una qualsiasi altra regione a densità di traffico aeronavale molto elevata.
INTERESSE. Ma perché questa fetta di Oceano Atlantico situata tra le isole di Bermuda, Puerto Rico e Fort Lauderdale (Florida) suscita tanto interesse? L'infame zona ha goduto di enorme popolarità grazie al libro di Charles Berlitz “Bermuda, il triangolo maledetto” (titolo originale: “The Bermuda Triangle”) pubblicato nel 1974. Ma forse ancora di più è riuscito a fare Steven Spielberg nel 1977, in Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, facendo ricomparire i 5 motosiluranti della "Squadriglia 19” (sparita dai radar nel dicembre del 1945) e la nave da carico “SS Cotopaxi” (volatilizzata nel 1950) nel deserto. Tuttavia la storia, o meglio la leggenda, ebbe inizio con un articolo del 1950 comparso sul quotidiano The Miami Herald, dedicato alla sparizione dei 5 aerei. La scia mediatica prosegue con un servizio dedicato alla grande quantità di sparizioni che sarebbero avvenute in quella zona, pubblicato sulla rivista Fate (il nome della testata è tutto un programma dato che in italiano si traduce con Destino) e con un numero incalcolabile di articoli e servizi televisivi.
SPIEGAZIONE. Nei giorni scorsi pareva che fosse stata trovata una spiegazione razionale, molto distante dalle interpretazioni paranormali o complottiste. È quanto poteva sembrare ascoltando Randy Cerveny (docente di geografia della Arizona State University) e Steve Miller (metereologo della Colorado State University) in un servizio andato in onda nel programma “What On Earth?” del canale Science Channel, facilmente reperibile nel relativo canale Youtube. Gli incidenti sarebbero causati da venti in grado di sferzare la zona a 170 miglia orarie (273 chilometri all'ora). E all'origine di questi venti di straordinaria velocità, chiamati da Cerveny “air bombs” (“bombe d'aria”) ci sarebbero le “nubi esagonali” riprese dai satelliti e già note alla letteratura scientifica.
Le parole dei due ricercatori, riprese immediatamente dal Mirror (quotidiano inglese più vicino agli scandali che alla ricerca scientifica), sono poi rimbalzate in maniera acritica sui media di tutto il mondo. Ma non se ne trova alcuna traccia su riviste scientifiche e stampa specializzata. E quando il dubbio affiora in maniera prepotente, come in questo caso, è obbligatorio andare a vedere cosa ne pensa il cacciatore di bufale Paolo Attivissimo. E così dal suo blog apprendiamo che Cerveny e Miller hanno smentito la tesi a loro attribuita, contestando il modo in cui le loro parole sono state riassemblate forzatamente. In particolare http://attivissimo.blogspot.it/ rivela: «Miller ha detto che queste condizioni non possono essere incolpate delle sparizioni nel Triangolo delle Bermude, perché “avvengono ovunque... più generalmente alle latitudini medio-alte sugli oceani e solitamente nella stagione fredda”. Cerveny, in particolare, ha obiettato che “Hanno fatto sembrare che io stessi facendo una grande scoperta... Purtroppo non è così”».
BLOG. Sul blog pulseheadlines.com Elizabeth De Faria evidenzia poi che secondo Steve Miller alle nuvole esagonali non può essere attribuito il presunto potere catastrofico del Triangolo delle Bermude in quanto queste formazioni si presentano anche in altre parti del pianeta: «si tratta di un fenomeno comune, che si verifica a livello globale sopra gli oceani, di solito durante la stagione fredda».
Anzi, per Paolo Attivissimo non vi è proprio «nessuna anomalia statistica o misteriosa concentrazione di incidenti aerei e naufragi nella zona».
E allora, in fondo, la domanda forse è sempre la stessa: non se l'enigma del Triangolo è stato risolto, ma se tale enigma esiste.
ANDREA MAMELI
Articolo pubblicato il 5 Novembre 2016 nella pagina della Cultura del quotidiano L'Unione Sarda
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