L'attrazione fatale della gravità (L'Unione della Scuola, 23 aprile 2000)

Fu la fantascienza, per la precisione con le prime puntate di "Star Trek", che il grande pubblico si avvicinò a uno dei più impegnativi concetti della scienza moderna: il cosiddetto buco nero. Era il 1967. Solo gli addetti ai lavori sapevano che appena quattro anni prima il matematico neozelandelandese Roy Patrick Kerr aveva annunciato la soluzione delle equazioni di Schwarzschild.
Di cosa si tratta? In base alle leggi di Newton le orbite intorno ai corpi sferici descrivono traiettorie ellittiche. La teoria di Albert Einstein aggiunge un nuovo elemento, la curvatura dello spazio, descritta dalle equazioni di Karl Schwarzschild, la cui soluzione, dovuta appunto a Kerr, ha acquistato un'importanza straordinaria perché descrive le distorsioni dello spazio e del tempo attorno ad ogni buco nero.
Ma cos'è il buco nero? Essenzialmente si tratta dello stadio finale dell'evoluzione di una stella, di massa almeno tripla di quella del Sole, ridotta a dimensioni minime dal cosiddetto collasso gravitazionale. La densità diviene tanto grande da generare un campo di attrazione gravitazionale in grado di catturare qualsiasi cosa, compresa la luce.
Due astrofisici dell'Università del Colorado, Mitchell Begelmane e Martin Rees, si sono cimentati con successo nel difficile tentativo di rendere comprensibile la materia. Zanichelli pubblica L'attrazione fatale della gravità. I buchi neri dell'Universo (Pagine 250, Lire 44.000), traduzione del volume originale Gravity's Fatal Attraction: Black Holes in the Universe con cui i due autori hanno vinto il premio AIP 1996 per la divulgazione della scienza. «Non c'è nulla di misterioso attorno alle origini dei buchi neri stellari rappresentano il destino inevitabile di stelle troppo massicce per potersi stabilmente congedare come nane bianche o stelle di neutroni».
Il libro, splendidamente illustrato, ci conduce alla scoperta delle meraviglie dell'astrofisica passando per i fenomeni gravitazionali, la relatività generale, le stelle, le galassie e, appunto, i buchi neri. Lo fa senza annoiare il lettore e senza tramortirlo con formule e termini complessi, grazie a una prosa divulgativa, ad un tempo accattivante e priva di fronzoli.

Andrea Mameli

L'Unione Sarda, pagina della Scuola, 23 aprile 2000




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