06 agosto 2011

Maleducazione e Spam: sorgenti di stress o fonti di stimolo?

spam Quanto può essere ivadente e irritante lo spam? Quando la posta elettronica viene invasa da messaggi inutili, dalle improbabili lotterie milionarie alle pomate dai poteri magici, la sensazione non è gradevole. Ma possiamo intervenire con un semplice gesto, cancellando la posta indesiderata. Qualcosa di simile accade con la maleducazione: comportameti sgradevoli entrano nella nostra esistenza e generano spesso disagio e stress. Ma la differenza rispetto allo spam è abissale. Contro le cicche di sigaretta in spiaggia, bicchieri di plastica in montagna o gli schiamazzi notturni vicio alle case dove altri dormono, giusto per limitarci a due soli esempi di cafonnaggine, le contromisure sono veramente scarse. Si può raccogliere la spazzatura che invade gli ambienti naturali oppure si possono chiudere le finestre? Ma perché si deve essere costretti a ripulire quando basterebbe poco per non sprecare? E poi per quale motivo se io scelgo di rinfrescare la mia casa aprendo le finestre devo subìre il sopruso di chi parla a voce alta, ride a squarciagola o suona il clackson ben oltre le due di notte? Possibile che non si riesca a insegnare a tutti la semplicissima (e sacrosanta) massima: la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri?
Non tutti i cafoni vengono per nuocere
Io non vorrei trovare più cicche di sigaretta nella sabbia. Non vorrei più svegliarmi alle 3 o alle 4 di notte per rumori molesti. Dallo spam ho imparato a difendermi. Dalla cafonaggine no. Tuttavia un pensiero mi attanaglia: ma non è che, alla stregua di mosche e zanzare, anche i cafoni hanno un ruolo nell'ecosistema? Forse servono a stimolarci: come a ricondurre l'azione di queste persone prive di rispetto per gli altri allo stello livello del la pressione evolutiva esercitata dalle specie viventi fastidiose da queste persone senza rispetto per gli altri? C'è addirittura chi pensa che senza maleducati il mondo sarebbe troppo monotono e molti film che immortalano una contemporaneità piena di maleducati apparirebbero irreali.
Ma perché?
L'unica cosa che mi resta da fare è cercare di capire i motivi che sono alla base di simili comportamenti. Ci penso da almeno due anni e ho individuato cinque filoni: un malinteso senso di libertà, il desiderio (tipicamente adolescienziale e forse antropologicamente rilevante) di farsi notare, la pigrizia (che spinge a ridurre gli sforzi), la voglia di sfogare frustrazioni (stile hooligan) e l'egoismo. Ora, se la pigrizia (cui attribuisco un ruolo nel determinare sprechi e cattivo uso delle risorse nel mio "Manuale di sopravvivenza energetica") a mio avviso svolge un ruolo determinante in gran parte di questi comportamenti, è l'egoismo a mio modo di vedere a scatenare "il bastardo che è in noi", intendendo con "bastardo" colui (o colei, essendo tale antipatica caratteristica dell'Homo Sapiens equamente distribuita fra donne e uomini). La varietà delle situazioni riconducibili sotto l'espressione "comportamento maleducato" è notevolissima e va dal mancato rispetto delle file d'attesa (il tipico comportamento italico del "furbo") alla scarsa gentilezza nei rapporti tra le persone, dalla scarsa attenzione alla sensibilità degli altri al non rispettare il codice della strada (per esempio negando la precedenza o non segnalando l'intenzione di svoltare). E molto probabilmente cercare di far riflettere i lestofanti sull'immoralità del loro comportamento sarebbe tempo perso.
Perché è più facile
A una spiegazione simile alla mia (un mix di egoismo e pigrizia) è giunta, attraverso un accurato studio, una psicologa canadese, Rimma Teper (University of Toronto). Sintetizzado molto, alla domanda "perché ci si comporta male?" la risposta è: "perché è più facile". I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Social Psychological and Personality Science con il titolo: Active Transgressions and Moral Elusions: Action Framing Influences Moral Behavior.
Effetti sgradevoli
In un articolo di Rhona Flin (docente di psicologia applicata) pubblicato sul British Medical Journal del 7 luglio 2010: Rude behaviour may impact on patient safety viene analizzata una situazione che si verifica spesso in ambito medico: tensioni fra personale sanitario (es. fra medici e infermieri o scarsa gentilezza nei confronnti dei pazienti) compromette a volte la qualità del lavoro e di conseguenza la salute del paziente: situazioni professionali che richiedono elevati livelli di concentrazione possono venire compromesse più o meno gravemente.
In un articolo dii un anno fa pubblicato su Scientific American The Impact of Rude Behavior on a Business (Christie Nicholson, 24 luglio 2010) vengono citate le ricerche (pubblicate sul Journal of Consumer Research) sull'impatto (negativo) di un comportamento poco gentile nei confronti dei clienti di un servizio.
Consiglio questa lettura: Comportamenti sociali contemporanei. La maleducazione dilagante (Kati Calà): Senza dubbio uno dei motivi per cui si è giunti alla totale mancanza di freni nei comportamenti della vita quotidiana odierna è stato il rifiuto globale dell’eccessiva quantità di precetti educativi che la società del Novecento –erede peraltro di quella ottocentesca- imponeva a tutti gli strati sociali, codificandone i rapporti con la stretta osservanza di regole complesse, che abbiamo in altra sede riconosciute come ereditate per molteplici e intricate vie dall’Inghilterra vittoriana.
Visto che abbiamo citato lo spam riporto di seguito il link a un mio articolo di quattro anni fa: E-mail. Tra vantaggi palesi e insidie nascoste (Andrea Mameli, Nae, 2008), nel quale spiego anche l'origine del termine spam.

05 agosto 2011

Rembrandt e Facebook hanno qualcosa in comune? Dall'arte del ritratto al sapersi ritrarre con arte.

Rembrandt Harmenszoon van Rijn Secondo Larry Friedlander, professor emeritus a Stanford, l'affinità esiste e risiede nella caratteristica fondamentale incarnata dal pittore olandese e dal social network: la capacità di intendere il ritratto come qualcosa di più della rappresentazione di un soggetto. Un simulacro dell'identità personale che si allarga a invadere la dimensione sociale, che si tratti di quadri o di profili fb.
Friedlander l'ha descritta in un articolo dal titolo "Friending the Virgin: some thoughts on the pre-history of Facebook". Lo studio, pubblicato dalla rivista dell'editore Sage di scienze sociali e umanistiche in peer review SAGE Open, mette in luce le complesse dinamiche di negoziazione e di sintesi che l'artista olandese doveva esercitare quando dipingeva i suoi più celebri lavori e, analogamente, le scelte che la gente compie quando seleziona immagini, quando esprime gradimento, quando commenta e quando tratteggia descrizioni per rappresentare se stessa e le proprie opinioni su Facebook.
Secondo Friedlander se oggi l'arte del saperci descrivere, multimedialmente parlando, è così raffinata (e popolare, aggiungo io) lo dobbiamo alla lunga evoluzione della cultura visiva. Un percorso evolutivo che affonda le radici nell'opera dell'artista anche più di ogni altro seppe rappresentarsi con un elevato numero di autoritratti. E proprio Rembrandt, paradossalmente, proprio in virtù di questo alto numero, non ci permette di conoscere il suo vero volto. Senza contare che l'autoritratto più celebre, quello degli Uffizi, non sarebbe autentico. Forse in questo l'artista olandese si avvicina ancor di più al social network.
Andrea Mameli www.linguaggiomacchina.it 5 agosto 2011
P.S. Aggiungo un link a una risorsa straordinaria, appena scoperta: Rembrandt Harmensz. van Rijn page (Cagliari, 2 aprile 2017)

Abstract
This article looks at how previous practice of portraiture prepared the way for self-presentation on social networking sites. A portrait is not simply an exercise in the skillful or “realistic” depiction of a subject. Rather, it is a rhetorical exercise in visual description and persuasion and a site of intricate communicative processes. A long evolution of visual culture, intimately intertwined with evolving notions of identity and society, was necessary to create the conditions for the particular forms of self-representation we encounter on Facebook. Many of these premodern strategies prefigure ones we encounter on Facebook. By delineating the ways current practices reflect earlier ones, we can set a baseline from which we can isolate the precise novelty of current practice in social networking sites.

L’autoritratto come specchio di sé
Quel non luogo che è facebook, un walled garden, come è stato definito, un’agora virtuale dove intessere relazioni di vario genere e spesso incrociare vite, offre interessantissimi spunti di riflessione su una moltitudine di argomenti, uno dei quali è certamente il modo attraverso cui ogni persona decide di celebrare se stessa, le modalità che si scelgono per presentarsi verso l’esterno, che già contengono moltissimi elementi di come si è e di come si vuole che gli altri ci percepiscano. L’immagine che si sceglie per la propria pagina di facebook è già un indizio interessante dell’io: la maggior parte delle persone sceglie di solito fotografie in cui si è sorridenti, accattivanti, magari realizzate durante viaggi in luoghi pittoreschi o lontani, altri si raffigurano in momenti della loro giornata professionale, magari con un camice addosso se medici, o presa dal palcoscenico se si è attori, o mentre si parla ad una conferenza (e questo è abbastanza frequente per gli uomini), altri ancora danno di sé un’immagine volutamente non banale, bizzarra o seria, distaccata, o magari elaborando la fotografia con colori o con effetti grafici, alcuni optano per un’allusiva immagine di un animale nel quale si identificano, più o meno consciamente, altri ancora scelgono una rassicurante fotografia accanto al coniuge oppure abbracciati a un figlio, c’è poi chi, narcisisticamente, si raffigura sulla spiaggia, fiero della muscolatura accresciuta in estenuanti ore in palestra.(...)
di Roberta Bernabei

Rembrandt Self-Portraits
No artist has left a loftier or more penetrating personal testament than Rembrandt van Rijn. In more than 90 portraits of himself that date from the outset of his career in the 1620s to the year of his death in 1669, he created an autobiography in art that is the equal of the finest ever produced in literature even of the intimately analytical Confessions of St. Augustine.
By Susan Fegley Osmond



Artist Rembrandt Harmensz Van-Rijn

04 agosto 2011

Spaceland: anche una 72-enne in orbita

73-yr-old Gloria on SpaceLand's Space Shuttle MMU test.jpg Con i suoi 72 anni sarà la persona più anziana d'Europa - la seconda nel mondo - a partecipare a un volo aerospaziale. Quello di Gloria Coco sarà un volo suborbitale per scopi scientifici inserito nel progetto Spaceland.
Come spiega Carlo Viberti (comandante delle missioni Spaceland): ''Campioneremo le reazioni del suo cervello in diversi stati di gravità. Queste attività saranno utili anche nella ricerca contro l'Alzheimer".
Gloria Coco si è sottoposta a tre cicli di addestramento: immersioni, controlli medici, esercizi di orientamento."
I primi due in Sardegna, uno subacqueo e l'altro in grotta, il terzo a Bruxelles per la preparazione al lancio che avverà nel mese di ottobre di quest'anno.
Aldo during SpaceLand MMU test.jpg
Uno studio di D. Santucci (Section of Behavioural Neuroscience, Department of Cell Biology and Neuroscience, Istituto Superiore di Sanità, Rome) e altri evidenzia l'importanza per la medicina della presa di dati nel corso dei voli sbuorbitali.
Salivary NGF, BDNF and Cortisol levels during Parabolic Flight
Abstract
Nerve growth factor (NGF) is a well-studied polypeptide growth factor involved in the development and maintenance of specific peripheral and central populations of neuronal cells. In the central nervous system NGF acts as trophic factor for those neurons (mainly cholinergic and peptidergic) that are known to degenerate in disorders, such as Alzheimer’s disease, which is becoming progressively more frequent due to the longer lifespan of the western population. 73-yr-old Gloria and Aldo controlling Space Shuttle launch.jpg More recently, NGF target cells have been identified in the nervous, immune, and endocrine systems, and an increasing body of evidence suggest that NGF, in addition to its role as a neurotrophic agent, may operate through multiple paths to ultimately regulate physiological homeostasis and behavioural coping. In previous studies, we used a mouse model of social stress to demonstrate that NGF levels increase both in plasma and in the hypothalamus following intermale aggressive interactions and more recently, we found an increase in NGF levels both in plasma and in some brain areas, such as the frontal cortex, hippocampus and hypothalamus, of mice exposed to rotation-induced hypergravity (2g).
Conclusions
In agreement with previous studies on parachutists and on astronaut experiencing stress related to skydiving and space mission, experimental subjects showed an increase in salivary levels of NGF and BDNF only during specific phases of the flight. Moreover, individual as well as age-related differences have been observed. These data confirm the role of NGF and BDNF in the adaptative response to “extreme situations” involving psychological stress.

03 agosto 2011

Un piccolo Stirling gira con un delta T di venti gradi centigradi. Ad esempio riscaldandolo con un motore Diesel...

stirling on diesel Questo piccolo motore Stirling gira quando la differenza di temperatura fra i due piatti supera i venti gradi centigradi.

Riscaldando il piatto inferiore e abbassando simultaneamente la temperatura del piatto superiore otteniamo la differenza di temperatura necessaria a far girare lo Stirling. Abbiamo sfruttato il calore prodotto da un motore Diesel e accumulato nel liquido di raffreddamento posandoci sopra il nostro Stirling.

Per garantire il delta T ho posato un siberino freddo sulla superficie del piatto superiore.

In questo modo per far girare il motore a combustione interna stiamo sfruttando una parte del calore prodotto dal motore Diesel e così abbiamo realizzato un piccolo cogeneratore.

La cogenerazione consiste proprio nello sfruttare l'energia (in questo caso sotto forma di calore) per scopi diversi da quelli per i quali viene azionato il motore principale.

Tipicamente al motore Stirling può essere associata una dinamoper l'ottenimento di energia elettrica.
Il piccolo esperimento che mostro nei due video è puramente simbolico, non è ovviamente una proposta reale di cogenerazione!

Testo, foto, video: Andrea Mameli 
3 Agosto 2011 
www.linguaggiomacchina.it

02 agosto 2011

Concorso per 20 diplomati: Tecnico Superiore Efficienza Energetica (ITS Amaldi, Macomer)

ITS Bando per l'ammissione al percorso formativo per “TECNICO SUPERIORE PER L'APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO E LA COSTRUZIONE DI IMPIANTI”; concorso per l’ammissione di 20 diplomati. Informazioni al sito www.fondazioneitsmacomer.it [sezione: Bandi e Selezioni]
I posti disponibili sono 20 e il corso si articola in 2000 ore divise in 4 semestri per cinque giorni settimanali. L’attività d’aula sarà integrata con il laboratorio e con i tirocini in imprese del settore.
Le domande di partecipazione dovranno essere presentate entro le ore 13:00 del 30 agosto 2011 a mezzo raccomandata A/R o recapitate a mano a: ITS, presso Istituto Professionale “Amaldi” Viale Nenni 55, 08015 Macomer.
La Fondazione ITS “Amaldi” organizza il primo percorso biennale post diploma dedicato all’efficienza energetica in Sardegna, che fornisce il diploma di tecnico superiore con l'indicazione dell'area tecnologica e della figura nazional di riferimento (V livello del Quadro euro-peo delle qualifiche - EQF). L’ITS opera per la formazione degli operatori e il trasferimento di nuove tecnologie verso le PMI del territorio anche tramite attività di sperimentazione e di ricerca.

ENERGIA: IN SARDEGNA PRIMO ITS PER TECNICI SPECIALIZZATI (AGI 2 agosto 2011).

01 agosto 2011

Tra i fossili di Zoe (Andrea Mameli intervista Arianna Dagnino, L'Unione Sarda 1/8/2011)

Zoe Arianna Dagnino Fossili La paleoantropologa sudafricana Du Plessis protagonista del libro di Arianna Dagnino che ora si racconta tra finzione e realtà

Da anni Zoe Du Plessis cerca ossa. E non ossa qualunque: alla paleoantropologa sudafricana interessano i primi reperti del genere Homo, le testimonianze dei nostri più remoti progenitori. Poi arrivano le sorprese, l'accorgersi dell'esistenza di un mondo esterno, prima sconosciuto. E la constatazione che non tutto si esaurisce nella scienza: «Tracce, tracce. Non aveva fatto che cercae tracce. Ma quanti miliardi di essereri umani erano già scomparsi senza lasciare traccia? Avrebbe veramente fatto una qualche differenza? Forse avevano ragione loro, gli umili della terra. I dimenticati». Zoe è la protagonista di Fossili. Una storia d'amore in Sudafrica , romanzo d'esordio della giornalista genovese Arianna Dagnino: una protagonista che incarna la figura della scienziata moderna, attenta alla sua disciplina ma non distaccata dal resto del mondo, alla ricerca dell'origine della vita del genere Homo in Sudafrica, e capace di vergognarsi per aver assistito silenziosamente al dramma dell'apartheid.

Arianna Dagnino, la paleontologia è anche metafora di una verità da ricercare dentro e oltre le divisioni politiche e sociali che animano il Sudafrica...
«Sì, ci insegna ad andare a fondo nelle cose, a non accontentarci di quello che appare in superficie. Allo stesso modo, bisogna scavare nel passato che non si vede per capire da dove nascono certi comportamenti individuali e collettivi. Ma la paleontologia, coadiuvata dalle ultime scoperte della genetica umana, ci insegna anche che siamo tutti discendenti da un'unica Eva, e che forse visse lungo le coste del Sudafrica, lì dove ho ambientato parte del romanzo».
Nel suo libro del 1996 “I Nuovi Nomadi” ha contribuito alla definizione del concetto di neo-nomadismo. Oggi vive in Australia e sta completando un PhD dedicato al romanzo transculturale. Di cosa si tratta?
«Lo considero il romanzo più aderente alla nuova era della mobilità globale, quella appunto del neonomadismo fisico e psicologico. Il romanzo transculturale riflette nelle sue tematiche, nelle attitudini e nelle vite dei suoi personaggi quelle dei suoi stessi autori, che si sono trovati a immergersi e confrontarsi con più culture. Fossili rappresenta per me già un tentativo, all'epoca della sua scrittura del tutto inconscio, di romanzo transculturale, in cui uno scienziato italiano, una paleoantropologa Afrikaner, un imprenditore Xhosa, un ex-soldato Zulu, un cercatore di fossili Shangaan, uno sciamano Boscimane intrecciano le loro vite e le loro culture nel complesso arazzo interrazziale e multiculturale del Sudafrica pre - e post-apartheid. Il dottorato di ricerca che mi è stato offerto all'Università del South Australia insieme a una borsa di studio mi ha permesso di elaborare in maniera più sistematica quelle intuizioni iniziali».
Il romanzo “Fossili” rappresenta forse un modo per avvicinare alla paleoantropologia. Com'è nata l'idea di questo libro?
«Per quattro anni, dal 1997 al 2000, io e mio marito Stefano Gulmanelli abbiamo fatto base a Johannesburg scrivendo corrispondenze e reportage per la stampa italiana. Durante quel periodo abbiamo avuto la possibilità di seguire gli scavi di diversi paleoantropologi sudafricani, inclusi quelli compiuti dal Professor Clarke nelle grotte di Sterkfontein, Patrimonio dell'Umanità dal 2000. Per quarant'anni, per 48 settimane all'anno, cinque giorni alla settimana, dalle cinque alle otto persone hanno scavato e studiato in queste grotte; sono stati raccolti oltre 600 resti fossili di ominide, il che fa di Sterkfontein il più ricco deposito singolo di resti di ominidi del mondo. Noi abbiamo avuto il privilegio di essere i primi giornalisti a vedere i resti dello scheletro di ominide rinvenuti dal team del professor Clarke nel 1998. “Fossili” nasce da quella prima emozione, in quella caverna sotterranea, quando vidi Clarke rannicchiarsi in posizione fetale sulla nuda roccia per dimostrarci in che modo era morto, ed era rimasto sepolto per due milioni di anni, il suo ominide».
Come è stato accolto il libro?
«È troppo presto per tirare le somme. Spero che anche “Fossili” duri nel tempo. Non l'ho scritto con l'intenzione di diventare famosa come scrittrice ma per lasciare una traccia di quello che avevo vissuto e appreso in quegli anni africani, che hanno lasciato un segno indelebile. Una lezione di vita che volevo trasmettere ai miei figli. Per questo sono riuscita a concludere il libro solo dopo la nascita dei nostri bambini, quasi dieci anni dopo averlo iniziato. Quello che è certo è che non è un libro a prova di critico. Quando l'ho scritto ho pensato ai libri che mi sarebbe piaciuto leggere, non a quelli che ero costretta a studiare. Ho scritto il mio libro per i tanti lettori comuni; per aiutarli a vivere, non a scrivere una dotta dissertazione»
Andrea Mameli
L'Unione Sarda, inserto estate, Cultura, pag. X, primo agosto 2011

31 luglio 2011

Pedal powered farms and factories: the forgotten future of the stationary bicycle

pedal energy Pedal powered farms and factories: the forgotten future of the stationary bicycle If we boost the research on pedal powered technology - trying to make up for seven decades of lost opportunities - and steer it in the right direction, pedals and cranks could make an important contribution to running a post-carbon society that maintains many of the comforts of a modern life. The possibilities of pedal power largely exceed the use of the bicycle.
From the blog lowtechmagazine