Accompagnare i bambini nel pianeta programmazione: Linguaggio Macchina intervista Agnese Addone (Coder Dojo Roma)

«La metodologia che si usa nei CoderDojo è quella che uso da anni a scuola e in cui credo fermamente: il learning by doing, che a mio avviso rappresenta l'unico modo davvero efficace per sviluppare le competenze dei bambini. Credo che ogni docente dovrebbe "assaggiare" un dojo almeno una volta nella vita, perché vale più di mille corsi di formazione». 
(Agnese Addone)

Il blog Linguaggio Macchina, coinvolto nell'organizzazione del Coder Dojo Cagliari, inizia una serie di approfondmenti sul tema. Partiamo con l'intervista a Agnese Addone, mentor del Coder Dojo Roma.  Agnese fa un bellissimo lavoro (insegna in una scuola primaria) e da anni segue progetti nati per motivare i bambini all'uso consapevole delle tecnologie: la posta elettronica, la costruzione di blog e siti web, l'uso consapevole della ricerca in rete e dei social e ovviamente l'utilizzo di Scratch.
Agnese con bambini di 5 e 6 anni. Coder Dojo Roma, lab CoderKids.
Cosa significa introdurre la prograzione nei bambini di età inferiore a i 12 anni?
«Insegnare a programmare ai bambini è davvero una sfida. In realtà la programmazione utilizzando Scratch è molto semplificata dalla struttura a blocchi, che aiuta i bambini nel processo creativo. Un bambino impegnato a programmare si trova a dover risolvere un problema, è di fronte ad una prova di matematica. Per questo motivo molti insegnanti stanno sperimentando l'educazione alla programmazione anche a scuola. Per me è stata ed è una grande opportunità formativa: ho imparato e imparo ogni giorno moltissimo. I mentor che ho conosciuto tramite CoderDojo sono persone davvero speciali, con le quali ho un continuo scambio su temi di metodo e obiettivi».

Come si organizza un Code Dojo?
«Il CoderDojo si organizza quando c'è un gruppo di mentor motivati a prestare il loro tempo gratuitamente per circa tre ore. Non è necessario avere competenze informatiche ma tanta voglia di darsi da fare. È necessario disporre di una sala con prese multiple di corrente e possibilmente una rete wifi, un videoproiettore e uno schermo per mostrare il tutorial iniziale nel quale si danno le prime informazioni per cominciare. Ogni bambino deve portare con sé un PC, la merenda e un genitore, che rimane con lui, a distanza, per tutta la durata del dojo».

Qual è il ruolo del mentor?
«Il mentor aiuta i bambini a trovare le soluzioni da soli e a cercare in se stessi le risorse creative. Non interviene mai direttamente dicendo cosa fare o come risolvere un problema; non mette mai le mani sulla tastiera o sul mouse, ma fa in modo che il bambino, poco alla volta, riesca da solo a realizzare il proprio progetto».

Avete scelto fasce d'età ristrette?
«Inizialmente sì, avevamo un certo timore di tenere insieme età diverse. il problema principale che ci si poneva era quello degli obiettivi: creare un videogioco, una presentazione, un'animazione... ma far combaciare le richieste e i desideri di bambini di età diverse ci sembrava impossibile. Di fatto, all'ultimo dojo, e così forse sarà anche per il prossimo, abbiamo deciso di tenere tre diversi laboratori in cui i bambini sono stati divisi nelle tre fasce 5-6 anni, 7-11 e 12-14. Purtroppo anche questo si è rivelato solo in parte utile: alcuni bambini più piccoli in realtà sono molto avanti, alcuni più grandi non avevano mai partecipato ad un dojo. Per il prossimo dojo ragioneremo piu' sui livelli di competenza che non sulla fascia d'età. Fermo restando il lab per i piccolissimi, che essendo unplugged non comporta conoscenze specifiche su scratch».

I bambini erano seguiti da un programmatore con ruolo di docente e altri come tutor in giro per la sala?
«I nostri mentor sono quasi tutti programmatori o comunque ingegneri, maker ecc. Io e Caterina Moscetti, una cara amica umbra che mi sostiene e mi aiuta ad organizzare e gestire il lab dei piccoli, siamo gli unici mentor provenienti dal mondo scuola. Generalmente un mentor "anziano" propone ai bambini un tutorial di circa mezz'ora per presentare le funzioni principali di scratch e poi i bambini iniziano a dedicarsi ai singoli progetti con l'aiuto dei mentor. Nel nostro caso il rapporto mentor bambini e' altissimo. e' una scelta che ci permette di seguirli molto bene e di fara arrivare tutti alla conclusione del progetto senza frustrazione. Io sono la docente del lab piccolissimi, che ha pochi iscritti, con fascia 7-8 anni e 3 mentor».

Coder Dojo Roma
Quali sono generalmente le reazioni dei bambini?
«I bambini sono entusiasti: anche se alcuni all'inizio faticano un po' e procedono per tentativi, alla fine sono sempre tutti molto soddisfatti dell'esperienza. Qui a roma fatichiamo a contenere le richieste e ci capita di dover chiudere le iscrizioni con una waiting list ancora aperta. Anche i genitori sono molto contenti e raramente esprimono parere negativo: solitamente sono quelli i cui figli hanno avuto difficoltà a realizzare il progetto che avevano in mente nel tempo a disposizione».

Quali sono le principali difficoltà?
«Le difficoltà, almeno qui a Roma, sono soprattutto sul piano organizzativo. La città è grande e a volte capita di dover gestire all'ultimo momento le rinunce dei mentor, dei ragazzi, i disguidi dovuti al traffico...finora non abbiamo avuto particolari difficoltà, e abbiamo avuto fino a 60 bambini contemporaneamente! È necessario definire una liberatoria per l'utilizzo delle fotografie scattate durante i laboratori, dato che si tratta di minori».

A che tipo di spese si deve far fronte?
«Finora siamo in autofinanziamento, con collette e buona volontà. I docenti/tutor prestano il loro tempo a titolo gratuito. E il charter che Doder Dojo ci ha chiesto di sottoscrivere e che io ho firmato per Roma ci impegna a rimanere non profit».

Nuove idee?
«All'interno di CoderDojo Roma a dicembre 2013 durante la HourOfCode ho promosso un collegamento hangout tra i dojo italiani - Come nasce un hangout Dojo - e alcune scuole in cui si lavora con Scratch per dimostrare ai bambini che l'interesse per la programmazione è condiviso da altri bambini in Italia».


Andrea Mameli, Blog Linguaggio Macchina, 11 Febbraio 2014



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