Le frontiere della ricerca: far luce sulla materia oscura (17 giugno 2014)
L’Unione Sarda 17 giugno 2014 Cultura (Pagina 15)
Istituto di Fisica nucleare
I 25 anni della sezione sarda: il presidente Ferroni a Cagliari
Le frontiere della ricerca: far luce sulla materia oscura
Di fronte ai lingotti di piombo di epoca romana, custoditi dal mare
del golfo di Oristano per 2 mila anni e ora utilissimi nelle ricerche
dei laboratori del Gran Sasso, il presidente dell’Istituto nazionale di
Fisica Nucleare, Fernando Ferroni, esalta il lavoro dei ricercatori
sardi. «La sezione di Cagliari dell’Istituto - dice - è una scommessa
che riteniamo di aver vinto: impegnata con ottimi risultati negli
esperimenti del Cern e con proiezioni nella fisica medica e nei beni
culturali, meriterebbe di crescere. Purtroppo patisce il blocco delle
assunzioni».
A Monserrato Ferroni ha partecipato ieri alla cerimonia dedicata ai
primi 25 anni della sezione di Cagliari dell’Istituto, guidata da
Biagio Saitta, e ha ricordato il contributo della fisica alla crescita
dell’Italia. Resta invariato l’impegno di continuare a far funzionare
l’istituto e di collaborare con le università, anche riprogettando i
rapporti e ridisegnando le convenzioni.
Se si conta tutto quello che, direttamente e indirettamente, ha a
che fare con la fisica, si arriva a 118 miliardi di euro (dati 2011) con
un apporto al Pil italiano del 7,4 per cento e circa un milione e
mezzo di posti di lavoro, circa il 6 per cento della forza lavoro del
nostro Paese.
«Il modello dell’istituto - ha spiegato Ferroni, collegato da
Cagliari in videoconferenza con Ferrara, Lecce, Perugia e Roma Tor
Vergata, le altre sezioni nate 25 anni fa - è quello di una grande
interazione con i Dipartimenti di Fisica. Abbiamo centri di calcolo
nelle università e benificiamo di numerosi dottorandi.Tuttavia ci
aspettavamo una crescita e invece abbiamo dovuto subire una forte
decrescita, e neanche felice. Oggi è un giorno di festa ma su di noi
incombe una riforma, misteriosa. Presto il Governo pubblicherà un
provvedimento sugli enti di ricerca che conterrà diverse linee di
discussione tra le quali l’alleggerimento le norme della Pubblica
amministrazione sugli enti di ricerca e la gestione dei fondi. Se
continueremo a fare ricerca di eccellenza a nessuno verrà in mente di
toccarci».
Professore, come possiamo spiegare al contribuente a che cosa serve la porzione delle sue tasse dedicata alla ricerca?
«Si può spiegare solo se le tasse vengono impegnate per la ricerca e
non solo per colmare buchi e a risolvere emergenze. Usa e Germania
dedicano una parte consistente del loro Pil alla ricerca. Le ricadute ci
sono e sono numerose: più si fa ricerca e più c’è la probabilità che
una parte dei risultati possano tradursi in innovazione e posti di
lavoro. L’Italia è del resto all’avanguardia nel mondo per le
applicazioni relative alla cura dei tumori e ai supercoduttori, grazie
alla ricerca dell’Istituto di Fisica Nucleare».
Ci sono dei modelli vincenti?
«Il ricercatore non è formato per avere relazioni con l’industria
serve perciò una struttura di trasferimento tecnologico. Il modello è
quello della Germania, dove l’istituto Fraunhofer fornisce un contributo
rilevante all’economia. I risultati delle ricerche condotte al
Fraunhofer sono a beneficio delle società pubbliche e private tedesche,
inoltre eroga attività di formazione per l’industria. Questa struttura
vive con 2 miliardi di euro all’anno: di questa cifra lo stato tedesco
investe solo 300 milioni, mente il resto arriva da contratti con enti
locali e industrie. Una struttura di questo tipo sarebbe utile agli enti
di ricerca di base che producono innovazione tecnologica ma non sono
in grado di arrivare alle industrie».
Quali sono le sfide della fisica ancora aperte?
«Molte, anzi moltissime, considerando che resta da capire il 96 per
cento dell’universo. Il Bosone di Higgs ha completato il quadro della
fisica del secolo scorso. Ora dobbiamo esplorare e spiegare tante altre
cose, come l’energia oscura e la materia oscura, che rappresentano le
nuove, eccitanti, frontiere della ricerca. Ci sarà anche da chiedersi
se la sofisticata strumentazione servita a scoprire il Bosone di Higgs
sarà ancora utile alle ricerche del futuro o se sarà necessario
adottare qualcosa di nuovo».
Andrea Mameli
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