Come Anime Fragili, erranti, tra le storie di Villa Clara
Una performance come Anime Fragili, che tu la viva dalla parte dello spettatore o dall'altra, non ti lascia indifferente. Gli spettatori, come era già successo per Storie di naturale follia, entrambi con la regia di Karim Galici, vivono per qualche minuto una immersione quasi totale nell'ambiente dell'ospedale psichiatrico, con un approccio sensoriale che affianca con forza l'immaginazione. Da performer sono entrato nella storia di Luigi, contadino di Osilo, ricoverato il 10 settembre 1898, una delle 19.046 persone che hanno vissuto veramente Villa Clara sulla loro pelle. Un uomo rinchiuso a Villa Clara, il manicomio di Cagliari, perché credeva di essere il Conte di Osilo e il Duca di Sassari. La mia parte, così come tutto lo spettacolo, si è arricchita, rispetto a quello di luglio, di un approfondimento dell'espressione corporea, grazie alla Master Class di danza a cura della performer Caterina Genta.
Se per me l'esperienza precedente - che ho raccontato il 24 luglio su Linguaggio Macchina «Storie di naturale follia» a Cagliari (50 anni dopo che Marco Cavallo varcava il recinto dell’Ospedale Psichiatrico di Trieste) - era stata formidabile (con la Master Class di teatro sensoriale guidata dall'attrice e regista spagnola Rocío Herrera), questa mi ha regalato momenti assolutamente straordinari, con il movimento e il corpo al centro dell'approccio scenico.
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