La scienza e il teatro. Prima parte: le emozioni
Cosa hanno in comune l'arte della recitazione e la ricerca scientifica?
Hanno in comune gli obiettivi: capire l'essere umano e le sue relazioni con l'ambiente e con gli altri esseri umani. Hanno in comune anche la propensione a evolversi attraverso la sperimentazione. Condividono anche alcuni strumenti della nostra specie: la memoria, la capacità di osservare, la creatività, la volontà di mostrare sempre nuove sfaccettature. Pensiamo a un attore in scena. La mente e il corpo sono impegnate totalmente nella costruzione del personaggio che interpreta.
Il mondo della scena è sul palco. Il resto del mondo è fuori.
Qualcosa di molto analogo accade nella ricerca scientifica: chi ci lavora è impegnato totalmente nel perseguire il risultato dello studio. La ricerca come l'arte cattura interamente l'esistenza di chi la produce.
Alcuni concetti propri della ricerca scientifica come i gesti, il linguaggio, le emozioni, i sistemi specchio, sono simili a quelli utilizzati dai registi e dagli attori.
Non a caso uomini e donne di teatro e di cinema hanno letto con interesse scoperte e riflessioni scientifiche. E c'è chi, come il regista e pedagogo Luca Spadaro ha dedicato un libro al training attoriale “L'attore specchio” in cui gli esercizi di recitazione sono analizzati alla luce delle neuroscienze.
Oggi proviamo a ragionare su come la ricerca scientifica ha studiato l'arte della recitazione. E partiamo dalle emozioni.
Il primo studio sistematico sulle emozioni è del 1872 e lo dobbiamo a Charles Darwin. The Expression of the Emotions in Man and Animals che oggi traduciamo in italiano L'espressione delle emozioni nell'uomo e negli animali (ma nella prima edizione italiana si intitolava "L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali"). In questo lavoro l'analisi delle emozioni è estremamente dettagliata. Darwin parte da interrogativi frequenti, da proprie intuizioni, da osservazioni di altri studiosi lette e interpretate. Si nota dietro questo studio un lavoro immenso. Possiamo riconoscerne l'entità dopo la lettura dell'edizione online messa a disposizione dal progetto Manuzio (iniziativa dell'associazione culturale Liber Liber finalizzata alla pubblicazione e la diffusione gratuita di opere letterarie in formato elettronico). Si tratta della prima versione italiana "con il consenso dell'autore per cura di Giovanni Canestrini e di Franco Bassani"; Unione Tipografico-Editrice; Torino, 1878 (edizione elettronica del 24 agosto 2005). Riporto qui di seguito due passaggi significativi. Uno sulle espressioni derivanti dal dolore con focus sulle sopracciglia e l'altro sulle espressioni del volto connesse con il ridere.«Causa dell'obliquità dei sopraccigli sotto l'influenza del dolore. - Per molti anni, veruna espressione mi parve più difficile a spiegarsi come quella che ora ci occupa. Perché l'affanno o l'ansietà provocano la contrazione dei soli fasci mediani del muscolo frontale, in uno a quella dei muscoli che attorniano gli occhi? E' sembra che in ciò noi abbiamo un movimento complesso unicamente destinato ad esprimere l'affanno, e nullameno questa espressione relativamente è rara e passa sovente inosservata. Io ritengo che la spiegazione non sia tanto difficile, quanto potrebbe a prima vista sembrare. Il dottor Duchenne dà una fotografia del giovane, onde già tenni parola, presa nel punto in cui egli, guardando fisso un oggetto vivamente illuminato, contraeva fortemente e senza volerlo i muscoli del dolore. Io avevo dimenticata del tutto questa fotografia, quando un bel giorno, essendo a cavallo ed avendo il sole a tergo, incontrai una fanciulla che levò gli occhi su me; le sopracciglia di lei divennero subito oblique e la fronte si coprì quindi di rughe. Più tardi ebbi ad osservare di spesso questo movimento in analoghe circostanze. Tornato a casa, senza dir loro il mio scopo, pregai tre de' miei figli a fissare, quanto più a lungo potessero, il sommo di un alto albero che spiccava sopra un cielo fulgidissimo. In tutti tre, i muscoli orbicolari, sovraccigliari e piramidali si contrassero energicamente, in seguito ad un'azione riflessa che susseguiva all'eccitazione della retina ed aveva per iscopo di proteggere gli occhi contro il brillare della luce.»«Perché, nel riso ordinario, gli angoli della bocca si contraggono ed il labbro superiore sollevasi? La bocca non può spalancarsi; imperocché, quando ciò avviene in un parossismo di sgangherate risa, n'esce un suono appena apprezzabile, od almeno il suono emesso cangia di tuono e sembra venire dal più profondo della gola. I muscoli che presiedono alla respirazione ed anche quelli degli arti vengono contemporaneamente messi in azione ed eseguiscono rapidi movimenti vibratorii. La mascella inferiore partecipa spesso a questi movimenti, il che impedisce alla bocca di spalancarsi. Tuttavia, siccome bisogna emettere un volume considerevole di suono, l'apertura boccale dev'essere sufficiente, ed è forse a tal uopo che si contraggono le commessure e si solleva il labbro superiore. Se ci riesce difficile spiegare la forma che prende la bocca durante il riso e che provoca la formazione di rughe sotto gli occhi, come pure lo speciale suono interrotto che l'accompagna e il tremolìo della mascella, possiamo almeno supporre che tutti questi effetti derivino da una medesima causa. Infatti, tutti caratterizzano l'espressione del piacere in diverse specie di scimie.»gioia
tristezza (sofferenza/pianto)
rabbia
paura
amore
disprezzo
disgusto
orgoglio
vergogna
timidezza.
Ma il lavoro di Darwin sulle emozioni ha costituito anche un trampolino per molti studi successivi. In particolare quello dello psicologo statunitense Paul Ekman: fondamentale la ricerca sulle espressioni facciali e sui movimenti del corpo che nel 1955 divenne la sua tesi di Master (pubblicata nel 1957). Il cuore sperimentale della ricerca consisteva nel mostrare a persone appartenenti a cinque aree (Argentina, Brasile, Cile, Giappone e Stati Uniti) fotografie che ritraevano espressioni facciali diverse. A ciascuno dei partecipanti era chiesto di indicare che tipo di emozione era in grado di riconoscere. Emerse chiaramente che nei diversi gruppi emergeva una forte concordanza rispetto all’emozione indicata, a conferma di una sostanziale universalità delle emozioni.
Furono sollevati dubbi legati al cinema: i partecipanti potevano aver imparato a riconoscere espressioni facciali dai film. Per superare il bias Ekman spostò la sua attenzione verso popolazioni primitive che non avevano contatti con il resto del mondo: nel 1967 incontrò la tribù Fore, in Papua Nuova Guinea e mostrò solo quattro fotografie di espressioni facciali facendosi poi raccontare a quali empzioni erano associate.
I risultati mostrarono una percentuale elevata di associazioni corrette tra espressioni facciali e racconti. Poi chiese a un interprete di leggere una storia e fece chiedere ai Fore di mostrare l'espressione facciale: i risultati confermarono ancora una volta l’esistenza di emozioni universali. Ekman ha così elencato sei emozioni universali, definendole primarie:
Rabbia
Paura
Tristezza
Felicità
Sorpresa
Disgusto
e successivamente ha introdotto undici emozioni secondarie:
Divertimento
Disprezzo
Contentezza
Imbarazzo
Eccitazione
Colpa
Orgoglio dei successi
Sollievo
Soddisfazione
Piacere sensoriale
Vergogna.
Nel 2001 Ekman fu chiamato come consulente per le serie The Human Face (BBC), Lie to me (20th Century Fox Television) e per il film Inside out (Walt Disney).
Vi state chiedendo cosa c'entra tutto questo con la recitazione? Allora aspettate il prossimo post
Andrea Mameli, blog Linguaggio Macchina, 17 dicembre 2025
Foto: Raffaelangela Pani (dicembre 2024, Teatro dei Ciliegi, Capoterra, "Il giardino di Eva Mameli Calvino" di e con Andrea Mameli e Valentina Sulas)



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