Una speranza dalla scienza per la Sindrome di Crisponi (L'Unione Sarda, 8 marzo 2007)

Lo studio pubblicato dall’American Journal of Human Genetics segna un successo per la ricerca sarda

Una speranza dalla scienza
per la Sindrome di Crisponi

Scoperto il gene che mutando provoca una malattia rara, ma presente nella nostra isola

Quella pubblicata ieri dall’American Journal of Human Genetics non è solo un’importante pubblicazione di ricerca genetica su una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali. L’articolo è di quelli che regalano speranze e soddisfazioni. Speranze per le cure verso una delle più temibili malattie rare. Soddisfazioni per un successo della ricerca sarda. I ricercatori dell’Istituto di Neurogenetica e Neurofarmacologia del CNR di Cagliari, guidati da Laura Crisponi, in collaborazione con i colleghi tedeschi del Cologne Center for Genomics e dell’Università di Muenster, hanno condotto uno studio sull’intero genoma di 5 famiglie sarde e 3 turche affette dalla sindrome di Crisponi, riuscendo in pochi mesi a identificare il gene implicato nella patogenesi della malattia. La sindrome di Crisponi, ora è certo, è causata da mutazioni nel gene CRLF1. L’importante scoperta è stata finanziata dall’Associazione Sindrome di Crisponi e Malattie Rare e dalla Regione. Di questa Sindrome, riconosciuta per la prima volta nel 1996 dal medico cagliaritano Giangiorgio Crisponi, sono noti pochissimi casi in tutto il mondo, la maggior parte in Sardegna. La malattia è evidente fin dalla nascita con le caratteristiche contrazioni dei muscoli facciali, in risposta a stimoli tattili esterni o durante il pianto, cui si aggiunge la camptodattilia: la costante contrazione delle dita delle mani.
Cosa accade ai malati?
«La maggior parte dei pazienti è deceduta nei primi mesi di vita in seguito agli effetti dell’ipertermia: febbri alte e inarrestabili. I pazienti che sopravvivono, attualmente cinque in tutta la Sardegna, sviluppano una severa scoliosi che richiede chirurgia correttiva o l’impiego del busto. Inoltre le sudorazioni intense dopo l’esposizione a basse temperature e l’intolleranza al caldo provocano ulteriori disagi».
A quali risultati condurrà la vostra ricerca?
«A breve termine si potranno approfondire i meccanismi fisiopatologici alla base della malattia e sviluppare i reagenti necessari per effettuare la diagnosi prenatale e una diagnosi differenziale con altre sindromi simili. In futuro la definizione della via fisio-patologica del gene coinvolto fornirà importanti informazioni per lo sviluppo di terapie specifiche per la sindrome e eventualmente anche per patologie ben più frequenti».
Com’è stato possibile realizzare questo progetto?
«Indubbiamente grazie alla partecipazione entusiasta, continua e generosa di tutti i componenti delle 5 famiglie sarde colpite dalla sindrome. In particolare ringrazio Emanuela Serra e Marco Sarigu che con la loro voglia di combattere contro questa malattia hanno fondato un’attivissima associazione, che porta il nome della sindrome. Inoltre vorrei ringraziare mio padre, il Professor Cao e tutti i ragazzi del gruppo di ricerca che hanno collaborato con me. In particolare: Alessandra Meloni, Gianluca Usala, Manuela Uda, Marco Masala, Mara Marongiu e Francesca Chiappe. E Giuseppe Pilia che mi ha insegnato tutto ciò che mi ha permesso di riuscire in questa impresa».
L’associazione Sindrome di Crisponi e Malattie Rare, attiva dal 2005, si propone di sostenere la ricerca con raccolte di fondi e attività di sensibilizzazione e informazione.
Emanuela Serra, presidente dell’associazione, non nasconde l’entusiasmo per la scoperta: «Desideriamo ringraziare tutti coloro che, in vario modo, hanno reso possibile questo risultato. Un immenso grazie lo dobbiamo alla Regione: un anno fa, con un emendamento alla finanziaria, è stata prevista l'erogazione di 50 mila euro a favore di progetti di ricerca sulla sindrome di Crisponi».
Come avete contribuito al raggiungimento di questo risultato?
«Il 29 Gennaio 2006 – prosegue Emanuela Serra – abbiamo contribuito all’avvio del progetto di ricerca, che aveva per obiettivo l'identificazione del gene della sindrome, con l’erogazione di 23 mila euro. In seguito copriremo una borsa di studio del valore di 11 mila euro».
Quali sono le vostre speranze?
«Il prossimo obiettivo è la ricerca di una cura. La nostra speranza è anche che questo risultato, di collaborazione tra il volontariato e la scienza, possa stimolare la sensibilità dei cittadini e delle istituzioni nei confronti delle malattie rarissime. Senza dimenticare che dietro alle patologie ci sono persone con problemi quotidiani».
L'Organizzazione mondiale della sanità classifica circa 6 mila malattie rare, molto eterogenee fra loro sia nei sintomi che nell’origine (per l’80% genetica), ma accomunate dalla bassa frequenza.
L'intero insieme di patologie rare rappresenterebbe circa il 10% di tutte le malattie croniche. Generalmente si tratta di patologie poco conosciute e a ridotta capacità di richiamo per la ricerca (che vive di progetti finanziati) e per il mercato della salute (più attratto dai grandi numeri).
Questo si riflette sui pazienti e sulle loro famiglie: non a caso le informazioni su queste malattie sono più facilmente reperibili nei siti web delle associazioni – come www.sindromedicrisponi.it – che su quelli istituzionali. Le prime iniziative sulle malattie rare, nate con lo scopo promuovere la realizzazione di opportuni farmaci (detti orfani ), sono state avviate negli Usa nel 1983 (Orphan drugs act) poi in Giappone, Singapore e Australia. Nel 1999 il Parlamento Europeo ha riconosciuto nelle malattie rare una priorità per la ricerca e la sanità pubblica.

ANDREA MAMELI

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